Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3176 del 18/02/2016


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 3176 Anno 2016
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: VINCENTI ENZO

SENTENZA
sul ricorso 6111-2013 proposto da:
PETRAGLIA GIOVANNI (PTRGNN39529A017J) e ARCOMANO ANTONIA
DOMENICA (RCMNND43B61C345B), domiciliati

ex lege

in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentati e difesi dall’avvocato LUIGI SANTOMASSIMO
giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrenti contro
205

VOMERO DIEGO e VOMERO GIUDITTA, quali eredi di VOMERO

1.3’16 OMERO e di SCHILLACI VENTURA LUIGINA, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA OTRANTO 18, presso lo studio
dell’avvocato ROSSELLA RAGO, rappresentati e difesi
dall’avvocato RAFFAELE MARIA SASSANO giusta procura speciale
a margine del controricorso;
– controxicorrenti –

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Data pubblicazione: 18/02/2016

nonché contro
DE LUCA ANDREA, BRIAMONTE LUCIA;
– intimati avverso la sentenza n. 3/2012 della CORTE D’APPELLO di
POTENZA, depositata il 12/01/2012, R.G.N. 65/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/11/2015 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
l. – Con citazione del 15 febbraio 1995, i coniugi
Andrea De Luca e Lucia Briamonte convennero in giudizio
Giovanni Petraglia e Antonia Domenica Arcomano per sentir
dichiarare risolto il contratto di compravendita immobiliare
intercorso tra le parti il 17 settembre 1988 per atto notaio
Omero Vomero (avente ad oggetto un appartamento al rustico in
S. Arcangelo), con condanna dei convenuti alla restituzione
del prezzo effettivo versato (di lire 50.000.000) ed al
risarcimento dei danni.
A sostegno della domanda gli attori esposero che
l’immobile, nonostante fosse stato garantito come libero da
pesi, era risultato gravato di ipoteca in favore del Banco di
Napoli sin dal 2 gennaio 1980, nonché pignorato dall’ottobre
1985 in danno di Domenico Briamonte, originario proprietario
e dante causa dei coniugi alienanti Petraglia-Arcomano, in
forza di acquisto avvenuto il 25 maggio 1984 per atto del
medesimo notaio Vomero.
Si costituirono in giudizio i convenuti Giovanni
Petraglia e Antonia Domenica Arcomano, i quali, nell’instare
per il rigetto della domanda attorea, dedussero di aver
acquistato l’immobile il 25 maggio 1984 senza che, al momento
della compravendita, nulla fosse emerso in relazione a pesi o
vincoli sul bene; chiesero, quindi, di essere autorizzati a
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udito l’Avvocato LUIGI SANTOMASSIMO;

chiamare in causa, a titolo di manleva nel caso di
declaratoria di risoluzione della compravendita,

il

precedente proprietario, Domenico Briatore, ed il notaio,
Omero Vomero.
Autorizzata la chiamata in causa, rimase contumace il
Briatore e si costituì in giudizio il notaio Vomero, che
eccepì la prescrizione del diritto azionato nei suoi

L’adito Tribunale di Matera, con sentenza del settembre
2003, dichiarò la risoluzione del contratto di compravendita,
condannò i convenuti Petraglia e Arcomano alla restituzione
in favore degli attori della somma di euro 27.682,09, oltre
accessori ed al pagamento delle spese di lite, condannò
Domenico Briatore al pagamento in favore dei convenuti
Petraglia ed Arcomano “di tutte le somme da loro dovute agli
attori”, dichiarò, infine, la prescrizione dei diritti dei
convenuti nei confronti del notaio Omero Vbmero.
2. – Avverso tale decisione proponevano impugnazione
Giovani Petraglia e Antonia Domenica Axcomano, con
conseguente costituzione in giudizio degli originari attori
De Luca e Briamonte, degli eredi del notaio Vomero (Luigina
Schillaci Ventura, Giuditta Vomero e Diego Vbmero), nonché (a
seguito di integrazione del contraddittorio)del Fallimento di
Domenico Bríatore.
La Corte di appello di Potenza, con sentenza resa
pubblica il 12 gennaio 2012, dichiarava improponibile la
domanda dei coniugi Petraglia-Arcomano nei confronti del
fallimento di Domenico Briatore e confermava nel resto la
sentenza di primo grado, con condanna degli appellanti al
pagamento delle spese del grado.
2.1. – Per quanto ancora rileva in questa sede, la Corte
territoriale, sulla domanda proposta da Petraglia-Arcomano
nei confronti del notaio Vbmero (e poi dei suoi eredi),
osservava che gli appellanti, a suo tempo convenuti e
chiamanti in causa del notaio, avevano fatto riferimento (in
3

confronti, invocando, comunque, la reiezione della domanda.

comparsa di risposta e nell’atto di chiamata in causa), quale
fonte della responsabilità dello stesso notaio, unicamente
alla compravendita del 25 maggio 1984, mentre soltanto con la
comparsa conclusionale del 14 marzo 2003 avevano individuato
quale fonte di detta responsabilità anche la compravendita
del 1988.
Sicché, soggiungeva il giudice di appello, “così

decorrere il termine prescrizionale decennale dalla data di
stipulazione dell’atto – come si evinceva dalla

stessa

giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 21495 del 2005) alla “data della chiamata in garanzia” era orami decorso il
predetto termine di prescrizione.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono
Giovani Petraglia e Antonia Domenica Arcomano sulla base di
un unico motivo.
Resistono con controricorso Giuditta Vomero e Diego
Vomexo, quali eredi del notaio Omero Vomero e di Luigina
Schillaci Ventura (già erede dello stesso notaio).
Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli
intimati Andrea De Luca e Lucia Briamonte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – Con l’unico mezzo è denunciata la violazione e la
falsa applicazione dell’art. 2935 cod. civ.
La Corte territoriale, omettendo di considerare che la
domanda di risoluzione si fondava sulla compravendita del 17
settembre 1988 e assumendo che la prescrizione decennale
decorresse dalla data della stipula del prima compravendita
del 25 maggio 1984 e “non già dal momento in cui i ricorrenti
si sono accori di aver subito un danno, a seguito del
ricevimento della notifica dell’atto di citazione dei coniugi
De Luca e Briamonte, avvenuta il 15/02/1995″.
A tal riguardo, i ricorrenti argomentano (richiamando
anche giurisprudenza di questa Corte) sulla decorrenza del
termine prescrizionale, in ipotesi di azione responsabilità
4,

delimitato il perimetro della domanda” e dovendosi far

contro il professionista, “non già dal momento in cui la
condotta del professionista determina l’evento dannoso, bensì
da quello in cui la produzione del danno è oggettivamente
percepibile, conoscibile e azionabile da parte del
danneggiato”.
2. – Il motivo è fondato per quanto di ragione.
2.1. – Come ricordato dagli

stessi

ricorrenti, la più

Collegio intende dare continuità – individua la decorrenza
iniziale del termine di prescrizione del diritto al
risarcimento del danno da responsabilità professionale (che è
di natura contrattuale) non già dal momento in cui la
condotta del professionista determina l’evento dannoso, bensì
da quello in cui la produzione del danno si manifesta
all’esterno, divenendo oggettivamente percepibile e
riconoscibile da chi ha interesse a farlo valere (tra le
altre: Case., 8 maggio 2006, n. 10493; Case., 27 luglio 2007,
n. 16658; Case., 15 luglio 2009, n. 16463).
Invero, nell’ambito della responsabilità contrattuale cui, come detto, va ricondotta quella professionale per
l’inadempimento della prestazione d’opera intellettuale (e,
dunque, anche quella del notaio) – l’inadempimento stesso
(parziale o totale) si configura come l’evento produttivo (o
la fonte) del danno risarcibile, ma non si identifica con
questo, che è invece da individuarsi nel pregiudizio (perdita
subita o mancato guadagno) patito dal creditore della
prestazione quale conseguenza immediata e diretta, ai sensi
dell’art. 1223 cod. civ., della condotta inadempiente.
Pertanto, ai fini della configurazione di un diritto al
risarcimento del pregiudizio patito a seguito di
inadempimento occorre che la fattispecie di responsabilità
contrattuale si sia perfezionata con la presenza di un danno
risarcibile.
Tale danno (che può anche non prodursi affatto) può
sorgere contestualmente con l’inadempimento del debitore,

5

recente giurisprudenza di questa Corte – alla quale il

ovvero in un momento successivo, rimanendo, comunque, sempre
ben distinta (in senso logico-giuridico) la fonte del danno
dal danno stesso.
Di qui, la correlazione tra insorgenza del diritto al
risarcimento del danno da responsabilità contrattuale e
decorrenza della prescrizione, che, in base all’art. 2935
cod. civ., è ancorata al momento in cui il diritto anzidetto

esistenza con l’insorgenza del danno risarcibile.
Ciò è quanto compendiato nel principio enunciato in più
di un’occasione da questa Corte (tra le altre, Cass., 29
agosto 1995, n. 9060; Cass., 13 gennaio 2003, n. 311; Cass.,
12 dicembre 2003, n. 18995; Cass., 6 febbraio 2004, n. 2287;
Cass., 22 luglio 2005, n. 15504; Cass., 5 dicembre 2011, n.
26020; Cass., 5 aprile 2012, n. 5504) secondo cui “l’azione
di responsabilità contrattuale nei confronti del debitore
(art. 1218 cod. civ.) presuppone la produzione del danno, non
diversamente dall’azione di responsabilità extracontrattuale,
ancorché l’inadempimento del debitore sussista prima ed a
prescindere dall’effetto dannoso. Ne consegue che la
prescrizione dell’azione di responsabilità contrattuale non
può iniziare a decorrere prima del verificarsi del danno di
cui si chiede il risarcimento”.
Con l’ulteriore precisazione che, in quanto danno
risarcibile, esso deve essere attuale e non solo potenziale
(cfr. Cass. n. 26020 del 2011, cit.) e, alla stregua di
quanto in precedenza evidenziato, oggettivamente percepibile
e riconoscibile da chi intenda chiederne il ristoro.
Del resto, gli stessi precedenti che si assumono [nella
sentenza impugnata (Cass., 7 novembre 2005, n. 21495) e nel
controricorso (Cass., 10 ottobre 1992, n. 11094)] o sembrano
(Cass., 6 ottobre 2014, n. 21026) orientati in modo difforme,
non contraddicono invero i principi appena rammentati,
giacché – come anche rilevato dalla più volte richiamata
Cass. n. 26020 del 2011 in riferimento ai primi due
6

può farsi valere e, dunque, non prima che lo stesso venga ad

precedenti – la pronuncia del 2005 “esclude, ai fini della
decorrenza della prescrizione, non la necessità
dell’esistenza del danno, ma della conoscenza di esso da
parte del danneggiato” (indirizzo, questo, superato dalla
giurisprudenza inizialmente ricordata e che, nella sua
portata essenziale, ben si raccorda a quell’orientamento
espresso dalla stessa Corte costituzionale che esige il

decorrenza della prescrizione, “senza del quale l’azione si
intende inutiliter data”, con conseguente vulnus dell’art. 24
Cost.: tra le altre, Corte cost., sentt. n. 139 del 1967, 14
del 1977, n. 134 del 1985, n. 185 del 1988), mentre la
sentenza del 1992 “si fonda sull’accertamento che in
quell’occasione il danno si verificò coevamente
all’inadempimento”; là dove, infine, la decisione del 2014
correla comunque l’inizio della prescrizione alla conoscenza
oggettiva del danno e postula, sia pure implicitamente, un
accertamento caso per caso.
Pertanto, nel caso della stipula di compravendita
immobiliare, in cui il notaio rogante l’atto pubblico di
trasferimento abbia erroneamente asseverato l’inesistenza di
pesi o vincoli sul bene Immobile oggetto del negozio, non può
assumere rilievo assolutamente dirimente (in guisa di mero
automatismo) il momento della stipulazione dell’atto, che
attiene, in sé, alla condotta del professionista e, quindi,
al profilo dell’inadempimento, il quale – come detto – può
anche non essere contestualmente produttivo di un danno
oggettivamente percepibile all’esterno.
Peraltro, non viene a configurare, di per sé, un difetto
di diligenza della parte, che sia ignara dell’esistenza di un
peso o di un vincolo gravanti sul bene compravenduto, il mero
comportamento di mancata verifica in tal senso (non
altrimenti reso doveroso, dunque, dall’insorgere di
particolari evenienze concrete) rispetto all’attestazione cui
il

pubblico ufficiale rogante è tenuto in forza degli
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requisito della conoscibilità del termine iniziale di

obblighi

(anche accessori e preparatori)

derivanti

dall’incarico conferitogli dal cliente e, quindi, integranti
l’oggetto della sua prestazione d’opera professionale.
Sicché,

nell’ipotesi di azione risarcitoria per

responsabilità professionale, ai fini del momento iniziale di
decorrenza del termine prescrizionale, si deve avere riguardo
all’esistenza di un danno risarcibile ed al suo manifestarsi

alla stregua di un metro di diligenza da quest’ultimo
esigibile, ai sensi dell’art. 1176 cod. civ., secondo
standards obiettivi e in relazione alla specifica attività
del professionista implicata, in base ad un accertamento di
fatto rimesso al giudice del merito.
2.2. – Nella specie, un siffatto apprezzamento è del
tutto mancato, avendo la Corte territoriale inteso ancorare
il dies a quo di decorrenza della prescrizione decennale del
diritto fatto valere dai coniugi Petraglia-Arcomano contro il
notaio Vomero (con azione di manleva) per il danno da essi
patito a seguito della responsabilità professionale di
quest’ultimo (dalla cui condotta era derivata la risoluzione
della compravendita stipulata il 17 ottobre 1988 da detti
coniugi alienanti in favore degli acquirenti

De

Luca-

Briamonte, con condanna alla restituzione del prezzo) alla
nera stipula (“Non c’è dubbio che il termine di prescrizione
decorra dalla stipulazione dell’atto”: p. 11 della sentenza
impugnata) di un primo atto di compravendita – quello del
maggio 1984 – pretermettendo, così, l’indagine che, invece,
lo stesso giudice del merito avrebbe dovuto compiere secondo
diritto, ossia quella sul momento in cui il danno
risarcibile, conseguenza dell’inadempimento del notaio
Vomero, si fosse prodotto e reso conoscibile dagli anzidetti
coniugi Petraglia-Arcomano.
3. – Il ricorso va, pertanto, accolto nei termini
suddetti e la sentenza impugnata cassata in relazione, con
rinvio della causa alla Corte di appello di Potenza, in
8

all’esterno, siccome percepibile dallo stesso danneggiato,

diversa composizione, che, nella delibazione dell’eccezione
di prescrizione del diritto azionato dai coniugi PetragliaArcomano contro il notaio Vomero (ed attualmente i suoi
eredi), si atterrà ai principi di diritto enunciati al § 2.1.
ed ai rilievi di cui al .5 2.2., che precedono.

Il

giudice del rinvio provvederà anche alla

regolamentazione delle spese del presente giudizio di

PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia la causa alla Corte di appello di Potenza, in diversa
composizione, anche per le spese del presente giudizio di
legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, in

legittimità.

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