Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3176 del 11/02/2010

Cassazione civile sez. I, 11/02/2010, (ud. 12/10/2009, dep. 11/02/2010), n.3176

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

IMMOBILIARE CHIARA S.N.C. DI CORRADO SALVATORE & C.

(c.f.

(OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. REDI 5, presso la dott.ssa

CHIANELLO DI MAIO GRAZIA, rappresentata e difesa dagli avvocati

PIZZUTO SERGIO, PIZZUTO FABIO, PIZZUTO MAURIZIO, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI PALERMO (c.f. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA

CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato CRISCUOLI VINCENZO, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1185/2 004 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 10/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

12/10/2009 dal Consigliere Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato SERGIO PIZZUTO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato in data 16.9.1993 la s.n.c. Immobiliare Chiara di Corrado Salvatore e C, conveniva, avanti al tribunale di Palermo il Comune di Palermo, esponendo che:

con provvedimento del giorno 11.4.1990 era stata disposta l’occupazione d’urgenza del terreno di sua proprietà di mq. 2.791, distinto in catasto al fl. (OMISSIS) per la realizzazione del nuovo Liceo (OMISSIS) ed il 28 Giugno successivo il Comune si era immesso nel possesso dell’area, determinando l’indennità di esproprio che in un primo tempo era stata accettata;

– successivamente, a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 359 del 1992,- avendo ritenuto eccessivo l’importo, il Comune aveva proceduto ad una seconda liquidazione in misura inferiore, versando la relativa somma, accettata solo a titolo di acconto, presso la Cassa. DD.PP.;

– la procedura espropriativa infine non si era conclusa.

Chiedeva pertanto la condanna del Comune al risarcimento del danno a seguito dell’irreversibile trasformazione dell’area occupata.

Si costituiva il Comune, chiedendo il rigetto delle domande.

Dopo l’espletamento della C.T.U., il Tribunale, in composizione monocratica, con sentenza del 9.10.2002 condannava il Comune al pagamento a favore dell’attrice della somma di Euro 1.172.428,96, pari all’equivalente del valore dell’area, oltre alla rivalutazione monetaria dall’11.7.1999 ed agli interessi sulle somme annualmente rivalutate nonchè alle spese processuali, osservando che non trovava applicatione il criterio riduttivo di cui alla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis trattandosi di occupazione illegittima intervenuta nel Luglio 1997, vale a dire successivamente alla data del 30.9.1996 cui fa riferimento detta norma.

Proponeva impugnazione il Comune ed all’esito dei giudizio, nel quale si costituiva la controparte che proponeva anche appello incidentale condizionato,- la Corte d’Appello di Palermo con sentenza del 9.7 – 10.11.2004 condannava il Comune al pagamento della minore somma di Euro 423.843,85 oltre alla rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT dal 28.6.1995 ed agli interessi del 5% sulle somme annualmente rivalutate, confermando nei resto e compensando tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Quanto al primo motivo dell’appello principale, con cui era stata lamentata la mancata applicazione del criterio riduttivo previsto dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis introdotto con la L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 65 ed applicabile a tutte le espropriazioni, intervenute anteriormente al 30.9.1996, disattendeva in primo luogo l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla controparte con riferimento all’art. 345 c.p.c., osservando che in realtà l’argomentazione dei Comune – circa la necessità di far risalire la scadenza della occupazione al giugno 1995 anzichè al Giugno 1997 per essere scaduti a quella data i termini per il completamento delle procedure espropriative indicati nella dichiarazione di pubblica utilità, con conseguente inefficacia del decreto del 26.6.1995 con cui erano stati prorogati i termini dell’occupazione legittima ai sensi della L. n. 158 del 1991 – configurava effettivamente una nuova eccezione ma essa ben poteva essere sollevata per la prima volta in appello, trovando applicazione formulazione precedente – all’entrata in vigore (30.4.1995) della novella di cui alla L. n. 353 del 1990. Confermava pertanto l’inquadramento della vicenda nell’ambito dell’istituto dell’accessione invertita sulla cui qualificazione riteneva si fosse formato il giudicato.

Rilevava poi nel merito che l’occupazione era divenuta illegittima allo scadere del quinto anno dalla data di immissione in possesso (28.6.1995), non potendo trovare applicazione la proroga dei termini previsti dalla L. n. 159 del 1981 in conseguenza, della quasi concomitante scadenza dei termine quinquennale previsto per l’espropriazione e per la fine dei lavori dalla delibera di approvazione del progetto equivalente alla dichiarazione di pubblica utilità, con la conseguenza che a tale data doveva farsa riferimento per la determinazione del valore dei bene indicato nella misura ritenuta non contestata di L. 670.000 al mq..

Infine, dopo aver determinato l’importo secondo il richiamato criterio di cui alla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis e sulla base dell’indicato valore unitario dei bene in Euro 531.488,43, detraeva l’acconto già riscosso, costituito dalla somma depositata presso la Cassa DD.PP..

Avverso tale sentenza propone ricorso per Cassazione la s.n.c. Immobiliare Chiara di Corrado Salvatore e C, che deduce tre motivi di censura illustrati anche con memoria.

Resiste con controricorso il Comune di Palermo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso la s.n.c. Immobiliare – Chiara di Corrado Salvatore e C, denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., nonchè difetto di motivazione. Deduce che il Comune avendo richiesto in via riconvenzionale di essere dichiarato proprietario del terreno a seguito di accessione invertita per scadenza del termine di occupazione legittima prorogata per legge ed avendo il Tribunale accolto tale domanda dalla data di scadenza della occupazione legittima (Giugno 1997), aveva certamente assunto su tale punto le vesti di attore con conseguente suo assoggettamento al divieto di cui all’art. 345 c.p.c., con riferimento non già ad un’eccezione,- come ritenuto dalla Corte d’Appello, ma ad una nuova domanda munita di una diversa “causa pretendi”. Sostiene inoltre che la Corte d’Appello, avendo ritenuto che fosse cassato in giudicato il capo della sentenza del Tribunale riguardante l’acquisto per accessione invertita datandolo al Giugno 1997, non avrebbe potuto ormai esaminare nuovamente tale punto.

Con il secondo motivo la società denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 2359 del 1965, art. 13; della L.R. Siciliana 10 agosto 1976, n. 35, art. 1; della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis; dell’art. 2043 c.c., nonchè difetto di motivazione.

Lamenta che la Corte d’Appello abbia dichiarato l’occupazione illegittima ed inefficace anche per scadenza del termine previsto dalla dichiarazione di pubblica utilità, senza considerare i principi affermati dalla giurisprudenza secondo cui il termine fissato nella dichiarazione di p.u. ai sensi della L. n. 2359 del 1865, art. 13 per l’espletamento della procedura espropriativi ha natura ordinatoria, ed acceleratoria con la conseguenza che la sua violazione rimane ininfluente e non comporta l’inefficacia della dichiarazione di p.u. nè la illegittimità dell’occupazione.

Sostiene ancora che tale principio è maggiormente efficace in Sicilia in base alla L.P. n. 35 del 1978, art. 1 il quale, mentre al comma 3 prevede la cessazione degli effetti della dichiarazione di p.u. se i lavori non hanno inizio nel triennio, al comma successivo si limita a rilevare che nell’atto devono essere fissati i termini di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 13 disponendo in tal modo la inefficacia unicamente per il mancato rispetto dei termini di inizio dei lavori e non anche degli altri termini, con la conseguenza che non poteva essere indicato nel giugno del 1995 l’inizio dell’occupazione illegittima per scadenza del termine previsto per la ultimazione della procedura con l’ulteriore conseguenza della inapplicabilità del citato comma 7 bis invocabile solo alle procedure anteriori al 30.9.1996. Deduca infine che, diversamente, si sarebbe in presenza dell’occupazione cosiddetta usurpativa, ravvisabile anche quando la dichiarazione di p.u. sia venuta meno per scadenza dei relativi termini.

Le suesposte censure possono essere esaminate congiuntamente.

La Corte d’Appello nel motivare il proprio convincimento sull’anteriorità dell’occupazione illegittima rispetto alla data del 30.9.1996 prevista ai fini della sua applicazione dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis ha rilevato che nel caso in esame la proroga disposta con decreto del 26.6.1995, vale a dire due giorni prima della scadenza dell’occupazione legittima, non trovava applicazione in quanto nel frattempo erano scaduti i termini di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 13 indicati nella dichiarazione di pubblica utilità e cioè quelli di fine lavori e di fine espropriazione. Ha ritenuto però, sulla base di tali risultanze e considerazioni che si fosse configurato l’istituto dell’accessione invertita con conseguente applicabilità del sopra richiamato comma 7 bis e che sul punto, oltre tutto, si fosse formato il giudicato.

Non ha considerato però, da una parte, che la sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità per scadenza dei termini fissati per il compimento dei lavori e della procedura espropriativi è equiparabile alla totale assenza di detta dichiarazione; Cass. 9177/05; Sez. Un. 6853/03) con conseguente configurabilità in tal caso dei diverso istituto dell’occupazione usurpativa e, dall’altra, che sulla pronuncia in ordine alla legge applicabile e cioè sui criteri di stima non è ipotizzabile la formazione di un autonomo giudicato interne allorchè sia ancora in contestazione la determinazione del dovuto (principio ormai consolidalo dopo le Sez.Un. 9872/94).

Dalle esposte considerazioni discendono due autonomi profili di diritto che giustificano pienamente il riferimento, nella determinazione del danno, al valore di mercato del bene, sia pure per ragioni diverse da quelle prospettate dalla stessa ricorrente.

Quanto al primo, e di tutta evidenza che si sarebbe in presenza, come si è già sottolineato, dell’istituto dell’occupazione usurpativa i cui, presupposti di fatto sono stati accertati dalla Corte d’appello (sia pure errando nella qualificazione giuridica), con la conseguenza che il danno già per tale solo motivo, non potrebbe che essere determinato in relazione al valore di mercato del bene.

Relativamente al secondo profilo si osserva che, non essendo ipotizzabile la formazione del giudicato in ordine alla applicabilità del comma 7 bis per le ragioni sopra evidenziate e cioè per la pendenza della questione sulla determinazione del danno, ancora da definire, trova in ogni caso applicazione la sentenza n. 349/07 della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del più volte citato comma 7 bis in quanto non prevede un ristoro integrale del danno subito par effetto dell’occupazione, corrispondente al suo valore di mercato.

Va pero osservato che il primo profilo non può trovare ingresso nel presente giudizio per sorreggere la decisione in quanto la relativa tesi giuridica (vale a dire la presenza dell’istituto dell’occupazione usurpativa) non è stata dedotta dalla ricorrente la quale ha invece insistito sulla configurabilità dell’accessione invertita, sia pure senza l’applicazione del comma 7 bis in quanto l’occupazione illegittima sarebbe intervenuta successivamente al 30.9.1996.

Rimane quindi il secondo profilo basato sulla richiamata sentenza 349/07 della Corte Costituzionale in base alla quale ai fini della determinazione del danno da risarcire deve farsi riferimento al valore venale del bene.

Fissati i principi cui attenersi, la sentenza impugnata deve essere cassata.

Ricorrono le condizioni per una decisione nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, in quanto, risultando dalla sentenza impugnata il valore di cercato attribuito al terreno in questiona (L. 570.000 al mq, ari ad Euro 346,03) su cui non è stata sollevata obiezione alcuna, non sono necessari ulteriori accertamenti, con la conseguenza che ai terreno deve attribuirsi il valore di Euro 985,769,73 Euro 346,03 x mq. 2791. A tale importo vanno defalcati Euro 107.834,64 già depositati presso la Cassa DD.PP. e che quindi in definitive spetta alla ricorrente società la somma di Euro 357.935,09.

Al pagamento di detta somma va pertanto condannato il Comune di Palermo, oltre alla rivalutazione monetaria dal 28.6.1995 sulla base degli indici ISTAT per i lavoratori dell’industria ed agli interessi sulle somme annualmente rivalutate.

Quanto al terzo motivo riguardante le spese del giudizio di appello, deve ritenersi assorbito in quanto questa Corte, a seguito della intervenuta cassazione della sentenza impugnata, dovrà provvedere autonomamente.

Al riguardo si ritiene di compensarle totalmente, al pari di quelle relative ai presente giudizio di legittimità, in quanto la soccombenza del Comune è dipesa da ragioni diverse da quelle dedotte dalla ricorrente.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna il Comune di Palermo al pagamento della somma di Euro 857.935,09 oltre alla rivalutazione, da calcolarsi secondo gli indici ISTAT per i lavoratori dell’industria dal 28.6.1995, ed agli interessi sulle somme annualmente rivalutate. Compensa le spese del giudizio di appello e del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2010

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