Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31757 del 05/12/2019

Cassazione civile sez. un., 05/12/2019, (ud. 05/11/2019, dep. 05/12/2019), n.31757

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente di sez. –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente di sez. –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Cristiana – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4368-2019 per regolamento di giurisdizione proposto

d’ufficio dal:

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA BASILICATA, con ordinanza

n. 109/2019 depositata il 28/01/2019 nella causa tra:

COMUNE DI PISTICCI;

– ricorrente non costituitosi in questa fase –

contro

REGIONE BASILICATA;

– resistente non costituitasi in questa fase –

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/11/2019 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO.

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO CARMELO, il quale chiede che la Corte di cassazione, a

Sezioni Unite, dichiari sussistente la giurisdizione del giudice

amministrativo.

Fatto

RILEVATO

che:

1.- Il Comune di Pisticci chiese e ottenne un decreto ingiuntivo dal Pretore della stessa sede nei confronti dell’Ente Regionale per la Gestione delle Acque Lucane – Ergal (d’ora in poi solo Ergal) per il pagamento di somme corrisposte, a titolo di competenze stipendiali, ad un proprio dipendente, G.U., comandato presso l’Ente per il periodo dal 1 gennaio 1990 al 31 marzo 1991.

Contro il decreto ingiuntivo, la Regione Basilicata – subentrata all’Ergal ai sensi della L.R. Basilicata 9 aprile 1996, n. 20 propose opposizione.

2.- Con sentenza pubblicata il 4/4/2007, il Tribunale di Matera, sezione distaccata di Pisticci, dichiarò il suo difetto di giurisdizione in favore del giudice amministrativo, sostenendo che, nel caso di specie, la controversia concerneva un rapporto di lavoro alle dipendenze di pubbliche amministrazioni e che venivano in rilievo atti amministrativi emessi da enti pubblici rispetto ai quali – ratione temporis – il giudice ordinario non aveva il potere di disapplicazione ai sensi della L. 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, art. 4.

3.- La causa fu tempestivamente riassunta dal Comune dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata; nel giudizio dinanzi al Tar si costituì la Regione, resistendo alla domanda.

4.- Alla prima udienza, il Tar, con ordinanza pubblicata il 28/1/2019, ha sollevato, ai sensi dell’art. 11, comma 3 cod.proc.amm., conflitto di giurisdizione, ritenendo sussistente la giurisdizione del giudice ordinario.

Il Tar confliggente ha osservato che la lite non ha ad oggetto un rapporto di lavoro tra un dipendente e una pubblica amministrazione, bensì un rapporto di debito-credito tra due enti territoriali; ha sostenuto che il diritto al rimborso trova la sua fonte regolatrice ratione temporis nel D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 57 rubricato “Trattamento del personale comandato e carico della spesa”, rispetto al quale le amministrazioni coinvolte sono in posizione paritetica e le situazioni soggettive si connotano in termini di diritto soggettivo e obbligazioni giuridiche; ha escluso che possa ravvisarsi un’ipotesi di accordo tra amministrazioni disciplinato dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 15 -, che ne attribuisce la cognizione alla giurisdizione amministrativa -, in mancanza dell’elemento tipico degli accordi, dato dallo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune, trattandosi, nella specie, di mero utilizzo di un’unità di personale da parte di un altro ente pubblico; infine, ha escluso che la relazione tra i due enti possa rientrare nello schema della concessione, schema che, in ogni caso, non sposterebbe la giurisdizione in favore del giudice amministrativo avendo ad oggetto solo l’effettiva debenza dei corrispettivi e non implicando alcuna verifica dell’azione autoritativa o l’esercizio di poteri discrezionali della pubblica amministrazione sul rapporto sottostante.

6.- Nel presente procedimento nessuna delle parti si è costituita. Il Pubblico Ministero, nelle conclusioni rassegnate ai sensi dell’art. 380 ter c.p.c., ha chiesto che sia dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo. L’Ufficio del pubblico ministero reputa che il petitum sostanziale della controversia, da individuarsi non solo con riferimento alla pretesa azionata in sede monitoria ma anche in ragione delle questioni poste con l’opposizione, concerna la questione pregiudiziale dell’accertamento della legittimità degli atti amministrativi adottati dal Comune di Pisticci, e in particolare della deliberazione n. 1264 del 7/9/1988 con cui il Comune ha riconosciuto al lavoratore un inquadramento superiore, con effetto retroattivo a partire dall’inizio del periodo di comando; la verifica della legittimità di tale provvedimento, necessaria in quanto direttamente incidente sull’ammontare della pretesa obbligatoria, esulerebbe dal potere di disapplicazione riconosciuto al giudice ordinario, il cui esercizio suppone che l’atto amministrativo venga in rilievo come mera pregiudiziale logico giuridica nell’ambito di una controversia tra soggetti diversi da quello che ha emanato l’atto. Si richiama al riguardo Cass. Sez.Un. 2244/2015.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- E’ principio consolidato di questa Corte (da ultimo, Cass. 31/7/2018, n. 20350) quello secondo cui la “questione di giurisdizione… non dipende dall’esito della lite, ma da due invarianti primigenie, costituite dal “petitum” sostanziale della domanda e dal tipo di esercizio di potere giurisdizionale richiesto al giudice”.

1.2.- Il petitum sostanziale va identificato anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale questi fatti costituiscono manifestazione (Cass. Sez.Un., 16/5/2008 n. 12378).

1.3.- Con una recentissima pronuncia (Cass. Sez.Un. 11/11/2019, n. 29079), si è poi precisato che, ove un ente territoriale (nella specie una Asl) opponga alla domanda di pagamento (petitum formale immediato) l’esistenza di una propria deliberazione e la creditrice replichi negando la soggezione della propria pretesa creditoria a tali atti o sostenendone l’illegittimità, “il petitum sostanziale della domanda non rimane da tali replicationes automaticamente inciso, essendo queste ultime irrilevanti ai fini della individuazione della giurisdizione, laddove non si sostanzino in una richiesta di accertamento con efficacia di giudicato dell’illegittimità del provvedimento posto a fondamento dell’eccezione sollevata dall’ente debitore…. In altri termini, ai fini della necessaria modifica del tenore originario della domanda è necessaria un’attività della parte privata di riformulazione della domanda stessa, con richiesta di accertare con efficacia di giudicato l’illegittimità dell’attività provvedimentale oggetto di eccezione della P.A. In mancanza di una siffatta riformulazione della domanda, le”replicationes” alle eccezioni della P.A. circa l’efficacia del provvedimento integrano invero meri fatti da esaminarsi dal giudice ordinario ai fini della decisione dell’originaria domanda, incidendo esse sull’oggetto del processo ma non su quello della domanda, a tale stregua pertanto sollecitando solo un sindacato incidentale sulla legittimità del provvedimento” (ancora Cass. Sez.Un. 29079/2019, che richiama Cass., 2/11/2018, n. 28053).

2.- Questi principi valgono a dirimere il conflitto in esame.

Con la domanda proposta al giudice ordinario il Comune di Pisticci ha chiesto la condanna della Regione Basilicata al pagamento in suo favore della somma di Lire 44.421.663, a titolo di rimborso degli emolumenti corrisposti per il periodo 1/1/1990-31/3/1991 al dipendente G.U., comandato presso l’Ergal (cui è subentrata alla Regione Basilicata) a far tempo dall’1/1/1988.

2.1. – Non vi è dubbio che il petitum sostanziale sia costituito dalla domanda di pagamento. Sia nella prospettazione della domanda sia nel concreto provvedimento chiesto al giudice, ciò che viene in rilievo è un diritto di credito (cfr. in generale, Cass. Sez. Un. 25/06/2010, n. 15323; Cass. Sez. Un. 15/09/2017, n. 21522).

2.2.- Non modificano la qualificazione della domanda le difese opposte dalla Regione Basilicata.

Invero, nell’opporsi al decreto ingiuntivo, la Regione ha dedotto l’illegittimità della Delib. Giunta Municipale di Pisticci 7 settembre 1988, n. 1284 con la quale l’amministrazione comunale ha riconosciuto al dipendente comandato la 6 qualifica funzionale di istruttore amministrativo, superiore a quella in precedenza posseduta; ha poi aggiunto che il lavoratore, “comandato con la 4 qualifica funzionale”, era stato “adibito di fatto a mansioni superiori di 6 q.f., percependone la relativa retribuzione” (pag. 2 atto di citazione in opposizione della Regione).

L’illegittimità della deliberazione è stata predicata dall’Ente opponente per la mancata adozione, da parte del Comune, di criteri oggettivi di selezione, di un ordine di servizio scritto dell’ente avente competenza nella gestione del personale e di una vacanza del posto corrispondente alle mansioni superiori attribuite al G.; siffatta deliberazione aveva poi prodotto conseguenze negative nella propria sfera giuridica ed economica, determinando una modifica sostanziale dello status del G. senza che ne ricorressero i presupposti.

2.3.- Le difese della Regione Basilicata non pongono in dubbio il rapporto giuridico fondamentale da cui trae origine la presente controversia, nè l’an della pretesa, nè infine lo svolgimento presso di sè da parte del lavoratore di mansioni riconducibili alla sesta qualifica funzionale (pag. 2 atto di citazione in opposizione della Regione): ciò che viene in contestazione è solo il quantum del credito vantato dal Comune, sul presupposto dell’illegittimità del provvedimento comunale di riconoscimento della qualifica superiore. Rispetto a tale provvedimento, tuttavia, la Regione non chiede l’accertamento in via principale della sua illegittimità, e ciò non senza sottolineare che una domanda di tal fatta sarebbe stata difficilmente configurabile, anche sotto il profilo dell’interesse ad agire, avuto riguardo ai reciproci diritti e obblighi nascenti dal provvedimento di comando.

2.4.- E’ bene infatti anticipare che la Delib. 9 settembre 1988, n. 1284 è stata resa dal Comune di Pisticci nell’esercizio del suo potere datoriale e organizzativo, produttivo di effetti immediati e diretti nel rapporto organico che la lega al suo dipendente: solo in via mediata e riflessa il provvedimento ha spiegato effetti nei rapporti con la Regione (per quanto in seguito si dirà), sicchè ciò che viene in rilievo nella controversia in esame non è la correttezza dell’agere del Comune, quanto piuttosto l’opponibilità del provvedimento di inquadramento superiore del dipendente all’ente di destinazione, in virtù del rapporto di comando.

3.- La controversia è, infatti, tutta interna a tale rapporto, il che consente di trarre conclusioni sul piano della delimitazione della giurisdizione:

– nel comando di dipendente pubblico, con riguardo alle competenze stipendiali spettanti al lavoratore, il rapporto intercorrente tra l’ente di appartenenza e l’ente di destinazione è un rapporto di debito-credito, disciplinato (ratione temporis, con riguardo alla controversia in esame) dall’art. 57 t.u. sugli impiegati civili dello Stato (L. n. 3 del 1957, e ora D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 70);

– la pretesa azionata dal Comune ha un contenuto meramente patrimoniale, non venendo in rilievo poteri dettati a tutela di interessi generali o una verifica dell’esercizio di attività discrezionali (con riferimento a fattispecie diversa ma che presenta analogia con la presente, Cass. Sez. Un. 26/07/2006, n. 16990; v. in tema di concessioni, Cass. Sez.Un. 9/8/2018, n. 20682; Cass. Sez.Un. 12/6/2019, n. 15749; Cass. Sez.Un. 29/8/2017, n. 20494);

– il provvedimento di riconoscimento della qualifica superiore al dipendente costituisce espressione dei poteri che il datore di lavoro di appartenenza dello stesso mantiene anche durante il comando ed esso produce i suoi effetti diretti esclusivamente nel rapporto organico tra datore di lavoro-dipendente;

– rispetto a tale provvedimento, l’ente distaccatario non vanta alcuna posizione giuridica soggettiva, essendo terzo rispetto al rapporto organico che lega il lavoratore all’ente di provenienza, nè l’ordinamento gli riconosce un potere di verifica della correttezza dell’agere dell’altra amministrazione o un sindacato sui suoi poteri datoriali;

– l’efficacia del provvedimento si riverbera sul rapporto di comando solo in via indiretta e riflessa, quale mero fatto, nella misura in cui esso può incidere sul quantum della obbligazione di pagamento;

– a tal fine l’oggetto della cognizione del giudice di merito non è la legittimità o illegittimità sotto il profilo formale del provvedimento di inquadramento bensì l’ambito degli accordi in precedenza o successivamente raggiunti tra le parti e posti a base del provvedimento di comando, il concreto atteggiarsi della prestazione lavorativa del dipendente comandato, e in particolare l’effettivo svolgimento di mansioni superiori rispetto a quelle di inquadramento o per le quali era stato disposto il comando.

4.- Si è dunque fuori dall’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo, perchè l’oggetto della controversia è una domanda di rimborso fondata sia in ordine all’an sia in ordine al quantum esclusivamente su norme di legge.

5.- Conseguentemente, deve essere dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario e deve essere cassata la sentenza del Tribunale di Matera, dinanzi al quale il giudizio dovrà essere riassunto nei termini di legge.

Non va adottato alcun provvedimento sulle spese, in considerazione della natura ufficiosa del procedimento e del mancato svolgimento di attività difensiva delle parti.

P.Q.M.

La Corte dichiara la giurisdizione del giudice ordinario; cassa la sentenza del Tribunale di Matera dinanzi al quale rimette le parti. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2019

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