Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3175 del 11/02/2010

Cassazione civile sez. I, 11/02/2010, (ud. 12/11/2009, dep. 11/02/2010), n.3175

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., sul

ricorso iscritto al n. 15240 del Ruolo Generale degli affari civili

dell’anno 2008, proposto da:

B.H., nato a (OMISSIS) e

residente in (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma, Via

Dell’Acqua Traversa n. 195, presso l’avv. Dapei Enrico, che lo

rappresenta e difende, per procura a margine del ricorso.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del ministro in carica ex lege

domiciliato in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura generale dello Stato e da questa rappresentato e difeso.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma, Sezione 1^ civile,

n. 2144/07, del 3 aprile – 14 maggio 2007. Udito all’adunanza del 12

novembre 200 9, l’avv. Dapei, per il ricorrente, che ha aderito alla

relazione del 3 giugno 2009 depositata dal Cons. dr. Fabrizio Forte,

designato dal Presidente della sezione con decreto del 22 maggio

2009, cui non ha replicato il P.G. con conclusioni scritte.

Fatto

La relazione che precede così si esprime: “Con ricorso notificato a mezzo posta il 4 – 5 giugno 2008 è stata chiesta da B.H. la cassazione della sentenza n. 2144/07 pubblicata il 14 maggio 2007 della Corte d’appello di Roma, che, accogliendo l’appello del Ministero dell’Interno, in riforma della sentenza n. 241/04 del Tribunale di Roma dell’8 gennaio 2004, ha respinto la domanda del ricorrente di essere riconosciuto cittadino (OMISSIS), per essere nato da madre già cittadina, che aveva perso la cittadinanza ai sensi della L. 13 giugno 1912, n. 555, art. 10 per avere contratto matrimonio con un cittadino (OMISSIS) e aveva poi riacquistato tale stato successivamente, rendendo la dichiarazione di cui alla L. 19 maggio 1975, n. 151, art. 219 all’esito della declaratoria d’illegittimità costituzionale della citata norma del 1912.

Peraltro, la citata L. del 1912, artt. 10 e 1 sulla cittadinanza, che rispettivamente facevano perdere questa alla donna per effetto del matrimonio con lo straniero e impedivano la trasmissione di tale stato ai figli nati dalla madre, sono norme dichiarate entrambe illegittime dalle sentenze della Corte costituzionale n. 87 del 1975 e n. 30 del 1983, e quindi (secondo il ricorrente la sentenza della Corte d’appello che ha respinto la sua domanda è violativa della carta costituzionale e della legge, oltre che immotivata, e deve essere cassata.

I motivi di ricorso lamentano violazione delle citate norme di legge ordinaria applicabili ratione temporis e degli artt. 3, 9 e 10 Cost., concludendosi con i seguenti quesiti di diritto: 1) se lo straniero nato prima del (OMISSIS) da cittadina (OMISSIS) che abbia perso detta cittadinanza a seguito di matrimonio della madre con uno straniero, possa acquistare la cittadinanza (OMISSIS) dalla madre, che abbia espresso la volontà di riacquistare il suo stato di cittadina con la dichiarazione di cui all’art. 219 della riforma del diritto di famiglia della L. n. 151 del 1975; 2) se sono retroattive le norme costituzionali a tutela dello stato imprescrittibile di cittadina delle donne, con irrilevanza conseguente delle norme ordinarie che, con disparità di trattamento tra i sessi, imponevano alla donna la perdita della cittadinanza per il matrimonio con lo straniero e determinavano il mancato acquisto dello stato di cittadino per il figlio nato da questa; 3) se appaia non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della L. n. 151 del 1975, art. 219 che impone la dichiarazione della donna per il riacquisto della cittadinanza persa senza concorso della sua volontà; 4) se sia applicabile come ius superveniens il D.L. 11 aprile 2006 n. 198, ai sensi della L. 28 novembre 2005, n. 246, art. 6. Il controricorrente Ministero dell’interno chiede il rigetto del ricorso infondato.

2. Osserva il relatore che il ricorso appare manifestamente fondato, dovendosi applicare il seguente principio di diritto enunciato di recente da S.U. 25 febbraio 2009 n. 4466, che ha risolto il contrasto preesistente sulla questione, in difformità da precedenti decisioni delle stesse Sezioni Unite: “Per effetto delle sentenze della Corte Costituzionale n. 87 del 1975 e n. 30 del 1983, la cittadinanza (OMISSIS) deve essere riconosciuta in sede giudiziaria alla donna che l’abbia perduta L. n. 555 del 1912, ex art. 10 per aver contratto matrimonio con cittadino straniero anteriormente al (OMISSIS), indipendentemente dalla dichiarazione resa ai sensi della L. n. 151 del 1975, art. 219 in quanto l’illegittima privazione dello stato, dovuta ad una norma dichiarata incostituzionale, non si esaurisce con la perdita non volontaria della cittadinanza dovuta al sorgere del vincolo coniugale, ma continua a produrre effetti anche dopo l’entrata in vigore della Costituzione, in violazione del principio fondamentale della parità dei sessi e dell’uguaglianza giuridica e morale tra i coniugi, contenuti negli artt. 3 e 29 Cost.. Ne consegue che la limitazione retroattiva temporale della dichiarazione d’incostituzionalità al (OMISSIS), data di entrata in vigore della legge fondamentale, non impedisce il riconoscimento dello status di cittadino, che ha natura permanente e imprescrittibile ed è giustiziabile in ogni tempo, salva l’estinzione dello stesso a causa della rinuncia dell’avente diritto ad esso.

In applicazione del principio, riacquista quindi la cittadinanza (OMISSIS) anche il figlio di donna nella situazione descritta, nato prima di tale data e nel vigore della L. n. 555 del 1912 e tale diritto si trasmette ai suoi figli, determinando il rapporto di filiazione, dopo l’entrata in vigore della costituzione, la trasmissione dello stato di cittadino, che gli sarebbe spettato di diritto, in assenza della legge discriminatoria e incostituzionale” (così: Cass. 10 luglio 1996 n. 6297, 18 novembre 1996 n. 10086 e 22 novembre 2000 n. 15062 e contra S.U. 27 novembre 1998 n. 12602 e 19 febbraio 2004 n. 3331).

Adeguandosi all’orientamento ultimo della Corte a sezioni unite risolutivo del contrasto, il relatore opina per la manifesta fondatezza dei primi due motivi del ricorso, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5, con assorbimento degli altri, e ritiene opportuno che il Presidente della sezione fissi l’adunanza in camera di consiglio, perchè, salvo diverso avviso del collegio, all’esito delle eventuali conclusioni del P.G. e delle memorie delle parti di cui all’art. 380 bis c.p.c., comma 3, la causa venga decisa con ordinanza, nei sensi indicati”.

Diritto

Ritiene il collegio che il contenuto della relazione che precede vada condiviso e che debba quindi accogliersi il ricorso nei suoi primi due motivi, perchè manifestamente fondato, in conformità al principio enunciato dalla citata sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 4466/2009.

La situazione di fatto a base delle domande oggetto di questo giudizio comporta il diritto allo stato di cittadino (OMISSIS) del ricorrente, perchè illegittimamente non acquisito, per essere egli nato da una donna che aveva perduto in precedenza ingiustamente la cittadinanza, in conseguenza dell'”automatica” applicazione di norme dichiarate incostituzionali con effetto almeno dal (OMISSIS), data d’entrata in vigore della Costituzione. Sul piano logico, prima che su quello giuridico, ai sensi dell’art. 136 Cost. e della L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 30 la cessazione degli effetti della legge illegittima, perchè discriminatoria, non può non incidere immediatamente e in via diretta sulle situazioni pendenti e ancora giustiziabili come è il diritto alla cittadinanza, potendo in ogni tempo, dalla data in cui la legge è divenuta inapplicabile, essere in via giudiziale riconosciuto l’imprescrittibile diritto alla mancata perdita ovvero all’acquisto dello stato di cittadino della madre del ricorrente e quindi il diritto di questo alla dichiarazione di tale stato per lui stesso, come figlio di madre cittadina che, dopo aver perso il suo stato per il matrimonio con uno straniero dal (OMISSIS) deve ritenersi lo abbia recuperato, trasmettendolo al figlio, all’esito della declaratoria della illegittimità delle norme ostative ai predetti effetti.

Questi ultimi, in quanto prodotti da una legge ingiusta e discriminante nei rapporti di filiazione e di coniugio e sullo stato di cittadinanza, che perdura nel tempo, non possono che venire meno, anche in caso di morte di taluno degli ascendenti che ne ha subito la illegittima vigenza, con la cessazione d’efficacia di tali norme, che decorre almeno dal (OMISSIS), data da cui la cittadinanza è da ritenere automaticamente recuperata per coloro che l’hanno perduta o non l’hanno acquistata a causa di una norma ingiusta, perchè discriminante per il sesso, ove non vi sia stata una espressa rinuncia allo stato di cittadino degli aventi diritto.

Le norme precostituzionali riconosciute illegittime per effetto di sentenze del giudice della legge, sono inapplicabili e non hanno effetto dal (OMISSIS) sui rapporti sui quali ancora incidono, qualora permanga la discriminazione delle persone per il loro sesso ovvero la ingiusta preminenza del ruolo del marito nei rapporti familiari, sempre che vi siano soggetti per i quali hanno determinato conseguenze ingiuste e rifiutate. Pertanto i primi due motivi di ricorso devono accogliersi, con assorbimento degli altri e la sentenza impugnata deve cassarsi; ai sensi dell’art. 384 c.p.c., non essendo necessari altri accertamenti di fatto e per il principio della cd. incostituzionalità sopravvenuta, rilevato il recupero della cittadinanza per la madre del ricorrente dal (OMISSIS) in ragione della retroattività a tale data dalla sentenza della Corte Cost. n. 87 del 1975, vanno dichiarati analoghi effetti, dalla stessa data, anche per ricorrente, da considerare figlio di madre cittadina avente diritto allo stato in ragione della sentenza del giudice della L. n. 30 del 1983, che ha denegato la posizione di preminenza del padre per la trasmissione dello stato. Tale riconoscimento non può negarsi comunque, salvo che vi sia stata, dagli ascendenti che ne avevano diritto, rinuncia espressa alla cittadinanza sempre consentita dalle leggi succedutesi nel tempo (L. n. 555 del 1912, art. 8 e L. n. 92 del 1991, art. 11), rinuncia di cui deve dare la prova chi s’oppone al riconoscimento.

In rapporto all’esercizio di detta facoltà di rinuncia alla cittadinanza e all’applicazione dei principi di buona amministrazione di cui all’art. 97 Cost., s’è prevista la dichiarazione di cui alla L. n. 151 del 1975, art. 219 per il riacquisto della cittadinanza:

trattasi di un documento necessario al solo fine del riconoscimento in sede amministrativa dello stato di cittadino della donna e dei suoi discendenti, perchè comprova la mancanza d’una rinuncia alla cittadinanza.

La dichiarazione che precede è indispensabile, con altre formalità, perchè, una volta resa all’autorità competente, il Ministero dell’interno sia tenuto, con proprio decreto, alla ricognizione dello stato già recuperato per legge; essa, emessa ai sensi dell’art. 219 della legge di riforma del diritto di famiglia, non ha rilievo decisivo per la tutela giurisdizionale dello stato di cittadino, che può essere riconosciuto dai giudici indipendentemente da essa, perchè lo stato si recupera automaticamente per la inapplicabilità sopravvenuta della legge costituzionalmente illegittima, che fa cessare gli effetti ingiusti perduranti nel tempo, anche in costanza del rapporto di coniugio della donna a base della perdita, che, a decorrere dal (OMISSIS), non può dar luogo alla privazione dello stato per i suoi figli. Pertanto la titolarità della cittadinanza (OMISSIS) va riconosciuta in sede giudiziaria, anche senza dichiarazione resa dall’interessata ai sensi della L. n. 151 del 1975, art. 219 alla donna che l’ha perduta per avere sposato un cittadino straniero anteriormente al (OMISSIS), in quanto la perdita senza la sua volontà della cittadinanza è effetto perdurante, dopo tale data, della norma incostituzionale, in contrasto con il principio della parità dei sessi e della eguaglianza giuridica e morale dei coniugi (artt. 3 e 29 Cost.).

Per lo stesso principio riacquista la cittadinanza (OMISSIS) anche il figlio di donna nella situazione descritta, nato prima di tale data e nel vigore della L. n. 255 del 1912, determinando il rapporto di filiazione, dopo l’entrata in vigore della Costituzione, la trasmissione a lui dello stato di cittadino, che gli sarebbe spettato di diritto senza la legge discriminatoria.

Ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c., questa Corte, pertanto deve accogliere la domanda dello H., non avendo provato il Ministero fatti ostativi alla ricognizione richiesta e dovendosi ritenere acquisito automaticamente dal ricorrente, alla data dell’entrata in vigore della Costituzione ((OMISSIS)), lo stato di cittadino a lui trasmesso dalla madre.

Con il riconoscimento richiesto da dichiarare con il dispositivo, vanno ordinate le annotazioni e registrazioni di legge a cura del controricorrente; le incertezze giurisprudenziali nella materia sopra richiamate e risolte con la citata sentenza n. 4466/09 giustificano la totale compensazione delle spese dell’intero giudizio. Trattandosi di azione di stato, vanno applicate le norme del codice in materia di protezione dei dati personali, vietando di riportare le generalità dell’istante in caso di divulgazione della presente pronuncia (del D.Lgs. 20 giugno 2003, n. 196, art. 52, commi 1 e 6).

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c.: a) accoglie la domanda di B.H., nato a (OMISSIS) e lo dichiara cittadino (OMISSIS); b) ordina al Ministero dell’interno e, per esso, all’ufficiale dello stato civile competente, di procedere alle iscrizioni, trascrizioni e annotazioni di legge, nei registri dello stato civile, della cittadinanza della persona indicata, provvedendo alle eventuali comunicazioni alle autorità consolari competenti; c) compensa le spese dell’intero giudizio tra le parti.

Dispone di ufficio che, a cura della Cancelleria, sia apposta su questa sentenza l’annotazione, di cui al D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52, commi 1 e 7, del con il divieto di riportare le generalità del ricorrente, in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2010

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