Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31743 del 04/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 04/12/2019, (ud. 04/07/2019, dep. 04/12/2019), n.31743

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25806/2018 R.G. proposto da:

C.R., P.M.L., P.A.,

P.P., rappresentati e difesi dall’avv. Giovanni Bruno, con domicilio

eletto in Roma, Via Savoia n. 31.

– ricorrenti-

contro

CA.FR.GI. E G.D., rappresentati e difesi

dall’avv. Fabio Serafino, con domicilio eletto in Roma, Piazzale

Clodio n. 22, presso lo studio dell’avv. Giovanni Ciano.

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n. 1186/2018,

depositata il 4.6.2018;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno

4.7.2019 dal Consigliere Fortunato Giuseppe.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Ca.Fr. e G.D. hanno adito il tribunale di Palermo, dichiarandosi rispettivamente proprietario ed usufruttuaria dell’immobile sito in nel Comune di (OMISSIS), alla Via (OMISSIS), in catasto al fl. (OMISSIS), part. (OMISSIS), in virtù del rogito del 16.11.2004.

Hanno chiesto di dichiarare l’inesistenza di una servitù di passaggio veicolare sul terreno latistante e retrostante il loro fabbricato, in favore dei fondi dei convenuti, con condanna all’integrale ripristino dello stato dei luoghi.

I convenuti hanno chiesto in via riconvenzionale di dichiarare l’intervenuta usucapione della servitù.

Il Tribunale ha respinto la domanda principale ed ha accolto la riconvenzionale, regolando le spese, con sentenza integralmente riformata dalla Corte di Palermo.

Il giudice di appello ha stabilito che l’ampiezza del cancello di accesso al tratto asseritamente asservito era stata ampliata solo nel corso del 2009 e che quindi che solo da tale data era stato possibile esercitare il preteso transito veicolare, non essendo quindi maturata l’usucapione, successivamente interrotta con la notifica della domanda introduttiva in data 2.2.2011.

La cassazione della sentenza è chiesta da C.R., P.M.L., P.A. e P.P. sulla base di un unico motivo di ricorso.

Ca.Fr.Gi. e G.D. hanno depositato controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso si denuncia la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e l’omessa motivazione sulle censure formulate in appello, lamentando che il giudice di secondo grado abbia apprezzato i fatti di causa in maniera difforme dalla stessa prospettazione degli appellanti, rivalutando d’ufficio le prove testimoniali e comunque eccedendo dai limiti del giudizio di impugnazione, che deve risolversi in una mera revisio prioris istantie, senza peraltro criticare il percorso logico seguito dal tribunale.

A parere dei ricorrenti, la Corte di merito non poteva confutare le deposizioni di Ca.Fe. (secondo cui il cancello di accesso al tratto in contestazione consentiva il passaggio di mezzi sin dal 1980), ed avrebbe erroneamente dato credito alle dichiarazioni degli altri testimoni che avevano riferito di un successivo ampliamento dell’accesso, senza precisarne l’epoca.

Inoltre, la circostanza che il cancello fosse stato ampliato nel 2009 era smentita dalle deposizioni di G.G., mentre le dichiarazioni di c.f. e da ca.sa., valorizzate dalla sentenza impugnata, erano generiche, contraddittorie ed inidonee ad inficiare le altre risultanze processuali, peraltro confermate da elementi presuntivi (residenza dei ricorrenti in loco da epoca risalente, presenza dei cancelli e di un tracciato cementizio).

Il motivo non merita accoglimento.

Va anzitutto rilevato che la domanda di usucapione è stata respinta non solo per l’assenza di prova del possesso ultraventennale del transito, ma anche per la ritenuta insussistenza dell’animus possidendi (cfr. sentenza pag. 6) e detta statuizione – che sostanzia un’autonoma ratio decidendi – non è stata oggetto di ricorso ed è divenuta definitiva, il che rende inammissibile le ulteriori doglianze (Cass. 477/2019; Cass. 15399/2018).

In ogni caso, l’appello proposto dagli attuali resistenti era volto a censurare proprio il modo in cui il tribunale aveva valutato le prove ed aveva ritenuto fondata la domanda riconvenzionale di usucapione della servitù (cfr. sentenza pag. 2).

Nessun limite incontrava quindi il giudice di appello a vagliare nuovamente “l’intero compendio probatorio” ed anzi le deposizioni dei testi potevano e dovevano essere globalmente riesaminate, essendo state poste a fondamento della decisione oggetto di appello. La sentenza ha – infine – compiutamente evidenziato le ragioni che hanno condotto a negare l’usucapione del diritto, avendo rilevato con statuizione che attiene al merito e che appare logica ed esente da contraddizioni – che non vi era prova che il cancello consentisse il transito veicolare da oltre un ventennio, poichè esso era stato ampliato solo nel 2009.

Non era decisivo che i testi non avessero saputo indicare l’epoca di ampliamento del cancello, poichè il giudizio di attendibilità dei testi e la scelta delle risultanze processuali utili a sostenere la decisione competono al giudice di merito, le cui valutazioni sono censurabili solo se affette da vizi che ne minino in modo radicale le motivazioni. Per altro verso, sulla base delle circostanze accertate in giudizio, la sola presenza della strada e del cancello non erano comunque decisive per la prova dell’usucapione o dell’apparenza delle opere, data la riscontrata impossibilità di esercitare il transito veicolare a causa delle dimensioni del punto di accesso alla zona controversa.

Il ricorso è quindi respinto, con aggravio di spese secondo soccombenza, come da liquidazione in dispositivo.

Le spese del procedimento ex art. 373 c.p.c. sono compensate, data la dichiarata inammissibilità dell’istanza.

Si dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che i ricorrenti sono tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4000,00 per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%, con compensazione delle spese del procedimento ex art. 373 c.p.c..

Dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che i ricorrenti sono tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2019

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