Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31726 del 07/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 07/12/2018, (ud. 20/06/2018, dep. 07/12/2018), n.31726

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino L – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo M. – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M. G. – Consigliere –

Dott. GRASSO G. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso R.G.N. 12306/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici domicilia in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

R.D. & C. S.R.L. (già R.D. & C. s.n.c.

sino al 30.11.2006) in persona del legale rappresentante

R.M., che agisce in proprio e nella qualità, R.G.,

R.E. e N.I. in qualità di soci della R.D.

& C. s.r.l., rappresentati e difesi, anche disgiuntamente,

giusta procura speciale in calce al controricorso, dagli avvocati

Augusto Fantozzi e Francesco Giuliani, elettivamente domiciliati

presso il loro studio, sito in Roma alla via Sicilia n. 66;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 34/8/2011 della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, depositata il 28 aprile 2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20 giugno 2018 dal Consigliere Dott. Grasso Gianluca.

Fatto

RITENUTO

che la R.D. & C. s.r.l. e i soci R.E., R.G., N.I. e R.M. impugnavano, con distinti ricorsi, gli avvisi di accertamento, emessi nei confronti sia della società sia dei soci, con cui l’Agenzia delle entrate aveva recuperato a tassazione per gli anni 2004 e 2005 l’Iva detratta dalla società R.D. & C. in relazione a una serie di operazioni di acquisto di autoveicoli usati ritenute dall’Ufficio soggettivamente inesistenti in quanto realizzanti un meccanismo di cd. frode carosello tramite l’intermediazione di società c.d. “cartiere”, che avevano acquistato i veicoli da fornitori stranieri intracomunitari, rivendendole poi alla R.D. a un prezzo privo di ricarico e senza effettuare il versamento dell’Iva;

che si costituiva l’Agenzia delle entrate chiedendo il rigetto del ricorso;

che la Commissione tributaria provinciale di Varese, riuniti i ricorsi, con sentenza n. 31 dicembre 2009, accoglieva le doglianze;

che la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle entrate, compensando le spese di lite;

che l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi;

che la R.D. & C. s.r.l. e i soci resistono con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19, 21 e degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Parte ricorrente sottolinea, al riguardo, che la sentenza, pur avendo affermato il principio di diritto per cui “nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti, il committente – cessionario conserva il diritto alla deduzione dell’imposta pagata qualora dalle circostanze del caso risulti che egli non sapeva e non poteva sapere di partecipare con il proprio acquisto ad una operazione che si iscriveva in una frode fiscale”, ha ritenuto erroneamente che debba essere l’Ufficio a dimostrate la mancanza di buona fede del contribuente e su tali basi ha rigettato l’appello dell’Amministrazione per difetto della prova, operando un’inammissibile inversione dell’onere probatorio;

che con il secondo motivo si prospetta l’omessa motivazione circa un fatto decisivo e controverso (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). Secondo quanto argomentato, Commissione tributaria regionale si è limitata ad affermare, in modo del tutto apodittico, che l’Ufficio non avesse fornito dimostrazione “del fatto che la società abbia posto in essere operazioni con società mere cartiere” e comunque della mala fede (intesa anche come negligenza nel relativo accertamento) della società contribuente, senza illustrare in alcun modo le ragioni sottese a tale conclusione. Così facendo, la pronuncia ha del tutto omesso di esaminare le molteplici e decisive circostanze di fatto che l’Ufficio nei gradi di merito aveva evidenziato al fine di dimostrare il carattere fraudolento dalle operazioni e la consapevole partecipazione (o quanto meno la negligente inconsapevolezza) della società sottoposto a verifica;

che i motivi, da trattarsi congiuntamente, sono fondati;

che secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema d’Iva, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga a operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base a elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente (Cass. 18 maggio 2018, n. 12258; Cass. 9 settembre 2016, n. 17818; Cass. 5 dicembre 2014, n. 25778);

che ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, nè la regolarità della contabilità e dei pagamenti, nè la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (Cass. 20 aprile 2018, n. 9851);

che l’orientamento consolidato della Corte di giustizia individua al centro del sistema il principio della neutralità dell’Iva, che esige, qualora siano rispettati i requisiti sostanziali, che la detrazione dell’imposta pagata a monte sia riconosciuta, e da cui deriva l’impossibilità di fissare in via astratta e preventiva circostanze che ostino al riconoscimento del diritto di detrazione, esclusa ogni predeterminata e astratta inversione dell’onere della prova (Corte di giustizia 15 novembre 2017, C-374/16 e C375/16, Rochus e Finanzamt);

che l’onere dell’Amministrazione finanziaria sulla consapevolezza del cessionario va ancorato al fatto che questi, in base ad elementi obiettivi e specifici, che spetta all’Amministrazione individuare e contestare, conosceva o avrebbe dovuto conoscere che l’operazione si inseriva in una evasione all’Iva e che tale conoscibilità era esigibile, secondo i criteri dell’ordinaria diligenza e alla luce della qualificata posizione professionale ricoperta, tenuto conto delle circostanze esistenti al momento della conclusione dell’affare ed afferenti alla sua sfera di azione (Cass. 20 aprile 2018, n. 9851);

che il giudice d’appello ha escluso, senza un’adeguata motivazione, che l’amministrazione abbia documentato quanto sostenuto nell’atto di appello circa l’inesistenza delle operazioni contestate con società mere cartiere, a fronte delle specifiche e plurime deduzioni circa il carattere fittizio delle imprese con le quali la società ricorrente avrebbe concluso i contratti di acquisto di autovetture provenienti dall’Unione europea e le cui fatture sono state portate in detrazione (le autovetture sono state sempre spedite direttamente alla società ricorrente, effettiva destinataria finale; l’indisponibilità delle “cartiere” a ricevere le auto in questione in quanto prive di qualsiasi struttura aziendale e/o logistica; pagamenti effettuati direttamente in (OMISSIS) e in un periodo antecedente alla fatturazione; la sede della “R.R. Distribuzione auto” coincide con l’abitazione del titolare persona fisica che risulta essere sempre stato un lavoratore dipendente; la “R.R Distribuzione auto” ha aperto la partita Iva il 10 novembre 2003, non risulta aver mai avuto personale dipendente e l’ha chiusa in data 1 aprile 2005; la ditta “R.R. Distribuzione auto” non ha mai presentato dichiarazione dei redditi, nè, a fronte delle importazioni, ha presentato i prospetti annuali Intra nè ha mai versato, a fronte dell’attività svolta, l’Iva per le operazioni imponibili svolte, nè le imposte dirette; la “Master Car” non ha personale dipendente, non ha presentato i prospetti Intra, non ha versato Iva e il suo rappresentante legale si è reso irreperibile; lo stesso per la Marinacar di M.F., ditta individuale, senza dipendenti, senza una minima organizzazione logistica, il cui titolare risulta svolgere attività di musicista in (OMISSIS); la società ricorrente acquistava quasi esclusivamente “sul venduto”, tanto da inviare regolarmente un proprio dipendente in (OMISSIS) per visionare le autovetture, per cui, di fatto, senza necessità di intermediazione da parte di società terze);

che la Commissione tributaria regionale non ha considerato gli elementi evidenziati, incorrendo nel vizio di motivazione denunciato;

che la sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale competente, anche per le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2018

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