Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31721 del 04/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 04/12/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 04/12/2019), n.31721

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10847-2018 proposto da:

V.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARNABA

TORTOLINI 30, presso lo studio dell’avvocato MICHELE PERRONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE ROMANO;

– ricorrente –

contro

AUTOSTRADE MERIDIONALI SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SEBINO 29, presso lo

studio dell’avvocato MASSIMO GENTILE, che la rappresenta e difende;

contro

AUTOSTRADE PER L’ITALIA SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 9870/2017 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata

il 04/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELE

POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione del 22 novembre 2011, V.L. evocava in giudizio, davanti al Giudice di pace di Portici, la Società Autostrade Meridionali S.p.A., quale gestore del tratto stradale interessato dal sinistro e Autostrade per l’Italia S.p.A., società controllante la prima, lamentando i danni subiti dal proprio veicolo a seguito del sinistro verificatosi il 13 gennaio 2010, mentre percorreva l’autostrada Salerno-Napoli. Giunto in prossimità dell’uscita per Ercolano, aveva urtato “un oggetto metallico con gomma di medie dimensioni”, che si trovava sulla carreggiata. Si costituivano le società convenute. Autostrade Meridionali deduceva l’insussistenza di una negligenza, attesa l’assenza di segnalazioni, antecedenti il sinistro, circa la presenza dell’insidia sulla carreggiata. Analoga posizione adottava l’altra convenuta;

con sentenza del 4 marzo 2014 il Giudice di pace dichiarava la carenza di legittimazione passiva di Autostrade per l’Italia S.p.A. e, nel merito, rigettava la domanda, in quanto non era dimostrata la legittimazione attiva dell’attore e il fatto storico generatore del danno;

con atto di appello del 6 ottobre 2014 V.L. impugnava la decisione lamentando l’erronea valutazione del materiale probatorio. Si costituiva Autostrade Meridionali chiedendo il rigetto del gravame;

il Tribunale di Napoli, con sentenza del 4 ottobre 2017, respingeva l’appello rilevando che, indipendentemente dall’inquadramento giuridico nella fattispecie prevista nell’art. 2051 o 2043 c.c., non sussisteva la responsabilità della società appellata in quanto il danno non proveniva da una anomalia della sede stradale, ma da un oggetto estraneo, la cui presenza sulla sede stradale era effetto della condotta di terzi, idonea a interrompere il nesso causale. Analoghe considerazioni riguardavano l’ipotesi di responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c., atteso che il danneggiato avrebbe dovuto provare la colpa della società convenuta;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione V.L. affidandosi ad un unico motivo che illustra con memoria. Si costituisce con controricorso Autostrade Meridionali S.p.A. che deposita, fuori termine, memoria ex art. 380 bis c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il ricorso si deduce la violazione agli artt. 2051 e 2967 c.c., e art. 115 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per l’erronea declaratoria di assenza di prova circa l’omissione degli obblighi di controllo e vigilanza da parte dell’ente gestore del tratto autostradale. In particolare, la prova dell’omissione di tali obblighi di controllo non avrebbe dovuto essere fornita dall’attore, ma gravava sul convenuto, che avrebbe dovuto dimostrare che il danno era derivato da caso fortuito (Cass., 26 maggio 2016 n. 10893). Le risultanze processuali evidenziavano, al contrario, che alcuna prova al riguardo sarebbe stata fornita dalla società convenuta, che avrebbe dovuto dimostrare il caso fortuito e cioè l’esistenza di un fattore estraneo che, per il suo carattere di imprevedibilità ed eccezionalità, fosse idoneo a interrompere il nesso causale e ciò, nonostante una corretta attività di manutenzione. Al contrario, il convenuto non avrebbe fornito alcuna prova dell’espletamento di una qualsiasi attività di controllo e vigilanza. Poichè non sarebbero necessari ulteriori accertamenti ex art. 384 c.p.c., in accoglimento del ricorso la società Autostrade Meridionali S.p.A. dovrebbe essere condannata al pagamento la somma di Euro 1571,48, oltre interessi e spese di lite;

il ricorso è inammissibile. L’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4 (principio costante: Cass. Sez. 3, Sentenza n. 359 del 11/01/2005 e da ultimo, Cass. n. 22478 del 24/09/2018);

il motivo d’impugnazione è costituito dall’enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erronea e si traduce in una critica della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso. Nel caso di specie il ricorrente non contrasta l’argomentazione del Tribunale secondo cui non troverebbe applicazione la responsabilità ex art. 2051 c.c., perchè l’evento sarebbe stato determinato da un oggetto estraneo alla sede stradale;

come correttamente evidenziato dalla controricorrente, il riferimento alla mancata prova della colpa è stato fatto dal Tribunale al fine di escludere la fondatezza della domanda ai sensi dell’art. 2043 c.c., mentre sull’applicabilità dell’art. 2051 c.c., la ratio decidendi è stata diversa. Il motivo, al contrario, impugna la ratio decidendi sulla prova della colpa riferendola, come evidenzia l’intestazione e l’illustrazione del motivo, in modo erroneo alla fattispecie dell’art. 2051 c.c., così criticando la sentenza senza correlarsi alla sua effettiva motivazione;

nel caso in esame il sinistro si è verificato a causa della presenza sulla carreggiata di un ostacolo (pezzo metallico e di gomma di grosse dimensioni, come risulta pacificamente dal rapporto redatto dai tecnici di Autostrade Meridionali, intervenuti in loco) che, come riconosciuto anche dal ricorrente, sarebbe stato verosimilmente perduto da un autocarro che lo precedeva;

sulla base di tali elementi il ricorrente non critica la tesi del Tribunale che ha escluso la configurabilità della responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c., perchè il sinistro sarebbe stato causato dall’impatto con un oggetto diverso dalla scada (“il danno non proviene, in termini di relazione causa-effetto, da una anomalia insita nella sede stradale -oggetto della custodia-, bensì -si legge in sentenza- da un oggetto estraneo la cui presenza sulla sede stradale è effetto della condotta di terzi… idonea ad interrompere il nesso causale”). Tale valutazione, indipendentemente dalla sua correttezza giuridica, non è contrastata con il ricorso, in cui si pone una questione relativa alla colpa, che invece riguarda la diversa fattispecie ex art. 2043 c.c. Parte ricorrente avrebbe dovuto censurare questa motivazione specifica (assenza del nesso causale per estraneità della res dall’oggetto della custodia) assumendo, al contrario, che la res oggetto dell’obbligo di custodia è costituita della sede stradale e dagli oggetti ivi allocati, ricorrendo alcune condizioni;

il motivo e, dunque, il ricorso, sono inammissibili trovando applicazione il consolidato principio secondo cui il motivo d’impugnazione, rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, deve identificare l’errore e, quindi, fornirne la rappresentazione. L’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4 (si veda Cass. Sez. 3, n. 359 del 11/01/2005, ed in motivazione, Cass. S.U. n. 7074 del 2017 e da ultimo, n. 22478 del 24/09/2018);

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza in ragione del tenore della decisione dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 1.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2019

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