Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31719 del 04/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 04/12/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 04/12/2019), n.31719

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 935-2018 proposto da:

A.G.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE LIEGI 5,

presso lo studio dell’avvocato MARIANGELA AUTOLITANO, rappresentato

e difeso dall’avvocato GIUSEPPE PELLEGRINO;

– ricorrente –

contro

BES IMPRESA ASFALTI SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ELENA

TARICCO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2421/2016 del TRIBUNALE di TORINO, depositata

il 29/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIEI,F,

POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

per quello che è dato leggere nella premessa generale del ricorso avverso la sentenza del 29 aprile 2016, con citazione datata 20 ottobre 2016, A.G.C. proponeva appello e con ordinanza del 4 ottobre 2017 la Corte d’Appello di Torino dichiarava inammissibile l’impugnazione, considerando ininfluente la definizione di attore o convenuto dell’opponente; precisava che la carenza di contratto trovava rimedio nell’art. 2721 c.c., e altre “amenità le quali non ha senso riportare, posto che non è l’ordinanza che s’impugna. Solo per ripicca, si osserva che il Tribunale di Torino, nell’opposizione alla ingiunzione” avrebbe errato nell’individuare A. quale convenuto opponente, ponendo poi l’onere della prova a carico di questi e non dell’attore;

aggiunge il ricorrente che con ricorso al Tribunale di Torino dell’8 novembre 2012 la BES Impresa Asfalti S.r.l. chiedeva l’ingiunzione di pagamento fondata su singole fatture per lavori di “asfaltatura” eseguiti presso l’immobile di A.. Quest’ultimo proponeva opposizione rilevando che il decreto si fondava solo su fatture riferite alla prestazione d’opera, senza l’indicazione dei fatti, eccependo la difformità dell’opera e l’inesatto adempimento nella prestazione e concludeva “come da citazione”. Si costituiva l’opposto individuando i lavori eseguiti cui “seguivano le traversie del pagamento con assegni smarriti… le pretese difformità venivano denunciate solo con l’atto di citazione non negli otto giorni successivi alla scoperta”. La causa veniva istruita con l’interrogatorio formale di A., la prova testimoniale ed il deposito di documentazione ritenuta opportuna dalle parti;

il Tribunale di Torino, secondo quello che si legge in ricorso, rilevava quanto segue: “premessa l’esistenza di ingiunzione per Euro 14.520 per lavori di asfaltatura in favore dell’appellante; rilevato che l’appellante non aveva negato, nè l’esecuzione dei lavori, nè la metratura, ma si era limitato ad eccepire vizi dell’opera e difformità, perchè i lavori erano effettuati in contrasto con le prescrizioni dell’ente Parco dei Laghi di Avigliana; accertato, sia la pattuizione del corrispettivo in Euro 15, più Iva al metro quadro, con prova testimoniale, per come consacrato in fattura; mentre sul fatto, la commissione dei lavori di G.A. vi era anche la testimonianza di P.I., moglie l’appellante. Posto che le accennate due circostanze smentivano le affermazioni dell’opponente, che non ha validamente dedotto, attesa la genericità dei capitoli di prova, sia la dimostrazione dell’esistenza di vizi o difformità rispetto all’opera commissionata o “all’esigenza asseritamente rappresentata da A. al momento della stipulazione del contratto di rispettare specifici vincoli ambientali, ne consegue la radicale infondatezza della opposizione”;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione A.G.C. affidandosi ad un motivo. Resiste con controricorso Bes Impresa Asfalti S.r.l.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo si deduce la violazione degli artt. 1657 e 2721 c.c., commi 1 e 2, l’errata motivazione della sentenza e la mancanza di prova del diritto. Preliminarmente, si assume che la sentenza impugnata indicherebbe come attore l’appellante, mentre avrebbe dovuto individuarlo come convenuto ed opponente, da ciò discenderebbe l’iniquità della provvisoria esecuzione, emessa sulla base di atti provenienti dall’ingiuntato. Si assume poi che in materia di appalto vige il divieto di prova testimoniale per il contratto di valore superiore ad Euro 2,52, in caso di disaccordo delle parti sull’ammontare di una prestazione, spetta a chi ha interesse a richiedere il pagamento l’onere di formulare istanza per accertare la quantità e qualità dei lavori eseguiti. Al contrario, la decisione si fonderebbe in maniera acritica su elementi probatori insussistenti. Sotto il profilo probatorio, le fatture emesse -una volta contestate- non avrebbero valore nel giudizio di opposizione. Inoltre, non sarebbe necessario provare quanto è stato ammesso dalla controparte e la prova testimoniale non può essere utilizzata in materia contrattuale ai sensi dell’art. 1321 c.c. e ss. Infine, il giudice deve rispettare la legge. Nel caso di specie la contestazione riguardava la qualità del lavoro e il rispetto delle norme in materia ambientale. Dal contenuto della comparsa di risposta emergerebbe che l’appaltatore aveva riconosciuto che il committente aveva preteso che l’asfalto fosse dello stesso tipo di quello utilizzato sulla pubblica via e l’impresa avrebbe dovuto chiedere e ottenere la SCIA. L’escussione dei testi non avrebbe dovuto portare a nessun risultato, trattandosi di controversia contrattuale e, comunque, il creditore opposto non avrebbe fornito la prova delle opere eseguite correttamente;

preliminarmente va rilevata la mancanza della procura speciale per la proposizione del ricorso per cassazione e da ciò discende l’inammissibilità del ricorso. La condanna alle spese va disposta nei confronti del difensore. Trova applicazione il principio secondo cui “nel caso di azione o di impugnazione promossa dal difensore senza effettivo conferimento della procura da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire nel giudizio o nella fase di giudizio di che trattasi (come nel caso di inesistenza della procura “ad litem” o falsa o rilasciata da soggetto diverso da quello dichiaratamente rappresentato o per processi o fasi di processo diverse da quello per il quale l’atto è speso), l’attività del difensore non riverbera alcun effetto sulla parte e resta attività processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilità e, conseguentemente, è ammissibile la sua condanna a pagare le spese del giudizio” (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 14474 del 28/05/2019);

a prescindere da ciò, il ricorso presenta ulteriori profili di inammissibilità radicale. Nella parte dedicata alla sommaria esposizione dei fatti di causa, parte ricorrente omette ogni riferimento al giudizio di appello, sia alle modalità di impugnazione, al contenuto dei motivi e alla posizione della parte appellata ed all’eventuale appello incidentale, sia al contenuto della decisione e alle motivazioni del giudice di appello;

deve darsi continuità al principio secondo cui “nel ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, proponibile ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 3, l’atto d’appello, dichiarato inammissibile, e la relativa ordinanza, pronunciata ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., costituiscono requisiti processuali speciali di ammissibilità, con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 3, è necessario che nel suddetto ricorso per cassazione sia fatta espressa menzione dei motivi di appello e della motivazione dell’ordinanza ex art. 348 bis c.p.c., al fine di evidenziare l’insussistenza di un giudicato interno sulle questioni sottoposte al vaglio del giudice di legittimità e già prospettate al giudice del gravame” (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 10722 del 15/05/2014);

il ricorso è, altresì, del tutto generico, scarsamente comprensibile e presenta una commistione di questioni del tutto generali e astratte, che riguardano il regime della prova e le norme di diritto sostanziale in materia contrattuale. I riferimenti sono solo accennati e risultano assolutamente inadeguati alla concreta fattispecie, per cui non è dato comprendere l’oggetto reale delle doglianze e quali siano le argomentazioni adottate dal primo giudice che, secondo il ricorrente, avrebbero violato le scarne norme indicate nell’unico motivo di ricorso;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza e vanno poste a carico del difensore, avv. Giuseppe Pellegrino. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il difensore del ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2019

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