Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31718 del 07/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 07/12/2018, (ud. 07/11/2018, dep. 07/12/2018), n.31718

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27381-2011 proposto da:

B.P., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 91,

presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che lo rappresenta

e difende giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

MAGGIOLI TRIBUTI SPA in persona del legale rappresentante pro

tempore, domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la cancelleria

della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato

MAURIZIO VILLANI con studio in LECCE V.LE CAVOUR 56 (avviso postale

ex art. 135) giusta delega a margine;

– controricorrenti –

e contro

COMUNE DI CHIVASSO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 67/2010 della COMM.TRIB.REG. di TORINO,

depositata il 24/09/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/11/2018 dal Consigliere Dott. VARRONE LUCA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE SERGIO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. B.P. proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento, liquidazione e irrogazione sanzioni amministrative relativo all’anno 2006 dell’importo di Euro 4.485,52 notificatogli il 20 novembre 2007.

La Commissione Tributaria Provinciale di Torino rigettava il ricorso.

2. Il contribuente riproponeva in appello le medesime censure dell’originario ricorso. In particolare, eccepiva che la richiesta di occupazione del suolo pubblico doveva intendersi estesa anche ai periodi d’imposta successivi, e inoltre eccepiva la carenza di motivazione dell’atto in ordine ai criteri di calcolo del tributo del periodo di riferimento, il difetto di sottoscrizione, la mancanza di un avviso di accertamento prodromico, la mancanza sul provvedimento dell’indicazione del responsabile dell’organo amministrativo a cui ricorrere, il difetto di motivazione e di calcolo delle sanzioni, il difetto di carenza di legittimazione passiva del concessionario, la condanna al pagamento delle spese di lite in presenza di novità della materia trattata.

3. La Commissione Tributaria Regionale del Piemonte rilevava innanzitutto la tardività della costituzione in giudizio del concessionario e il difetto di legittimazione passiva del Comune di Chivasso, che aveva affidato in concessione la gestione della riscossione alla Maggioli tributi S.P.A..

3.1 Quanto al merito dell’appello, la CTR riteneva che la sentenza impugnata avesse trattato con completezza le eccezioni sollevate dall’appellante a partire da quella relativa alla violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c..

In relazione al motivo di impugnazione con il quale il contribuente contestava la qualificazione fatta dai primi giudici della natura temporanea del permesso di occupazione rilasciato dal comune, la CTR confermava la sentenza impugnata in base alla lettura del permesso di costruire n. 157/04, ove si rilevava la temporaneità dello stesso, in quanto di durata annuale e l’impossibilità di ritenerlo permanente. Tale conclusione era anche confermata dalla seconda pagina del medesimo permesso, in cui si precisava che per poter fruire dell’applicazione della TOSAP annuale per l’anno successivo, l’utente doveva presentare istanza di autorizzazione annuale e, dunque, non essendo stata presentata tale richiesta il permesso sarebbe decaduto, con ce) evidenziandosi la sua natura temporanea.

Il motivo di impugnazione riguardante la mancata allegazione della delibera comunale era infondato, non essendo necessaria alcuna allegazione di tale atto.

Venivano rigettate anche le eccezioni sulla mancata firma del provvedimento da parte del responsabile in quanto i tributi locali sono legittimi anche se in luogo della firma è stampato il nome del responsabile L. n. 549 del 1995, ex art. 1,comma 87, e sulla mancata indicazione del funzionario responsabile, che invece era chiaramente indicato nella persona dell’amministratore unico della società concessionaria. Inoltre, era infondata anche la pretesa dell’appellante di veder provata l’idoneità della persona che aveva sottoscritto il ruolo per la totale mancanza di riferimenti normativi della richiesta medesima.

Per quanto riguarda l’assenza dell’atto prodromico si ribadiva che l’atto impugnato portava la dicitura avviso di liquidazione e accertamento e che era nella piena potestà del contribuente contestare sia l’aspetto esecutivo che quello accertativo del provvedimento a completa garanzia della sua capacità di difesa.

Con riferimento alle numerose successive doglianze la CTR rilevava che al contribuente era stata contestata l’occupazione abusiva di suolo pubblico a fronte di precise indicazioni dei tempi e dei luoghi. In relazione ai tempi di applicazione non poteva costituire prova la foto prodotta in atti in quanto il documento emesso dal Comune e non contestato dalla parte faceva fede solo per il luogo.

Inoltre, l’atto notificato era estremamente preciso e chiaro con riferimento agli importi ed era legittima la motivazione per la condanna al pagamento delle spese di lite.

4. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione B.P. sulla base di 10 motivi.

5. La Maggioli tributi Spa oggi M.T. S.P.A. resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato violazione mancata applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 45, commi 1 e 2, denunzia ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62 e art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Il ricorrente evidenzia di aver riproposto il vizio di motivazione dell’atto sotto due profili: il primo si riferisce all’assenza della delibera avente ad oggetto i tempi di occupazione e le relative misure di riferimento e, il secondo, ha ad oggetto i fattori moltiplicativi adottati anche in riferimento al numero delle ore oggetto di occupazione.

Secondo il ricorrente la delibera deve contenere tutti gli elementi richiesti, in quanto l’atto presupposto deve essere conosciuto e non conoscibile.

A tal fine formula il seguente quesito di diritto; dica questa Corte se risulta essere nullo per difetto di motivazione l’accertamento ai fini Tosap il quale richiami le delibere emesse dall’ente locale, senza che le stesse siano state riportate nell’atto impugnato, senza che delle stesse sia stata fornita prova dell’avvenuta pubblicazione all’albo pretorio, tenuto conto che sono atti a contenuto collettivo anzichè generale.

1.1 Deve premettersi che al presente ricorso, proposto in data 25 novembre 2011, non può applicarsi l’art. 366-bis c.p.c., abrogato a far data dal 4 luglio 2009. Infatti, l’art. 366-bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 e contenente la previsione della formulazione del quesito di diritto, come condizione di ammissibilità del ricorso per cassazione, si applica “ratione temporis” ai ricorsi proposti avverso sentenze e provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 (data di entrata in vigore del menzionato decreto), e fino al 4 luglio 2009, data dalla quale opera la successiva abrogazione della norma, disposta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47.

1.2 Il motivo è infondato.

In primo luogo deve rilevarsi che secondo la giurisprudenza di legittimità “L’obbligo di allegazione all’atto impositivo, o di riproduzione al suo interno, di ogni altro atto dal primo richiamato, previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 7 (Statuto del contribuente), avendo la funzione di rendere comprensibili le ragioni della decisione, riguarda i soli atti necessari per sostenere quelle ragioni intese in senso ampio e, quindi, non limitate a quelle puramente giuridiche ma comprensive anche dei presupposti di fatto. Ne deriva che sono esclusi dall’obbligo dell’allegazione gli atti irrilevanti a tal fine e gli atti (in specie quelli a contenuto normativo, anche secondario quali le delibere o i regolamenti comunali) giuridicamente noti per effetto ed in conseguenza dell’avvenuto espletamento delle formalità di legge relative alla loro pubblicazione” (Sez. 5, Ord. n. 13105 del 2012).

L’onere della prova circa la presunta mancata pubblicazione delle delibere nell’albo pretorio è a carico del ricorrente, dunque, Questi non può dolersi che non sia stata fornita prova dell’avvenuta pubblicazione.

La sentenza impugnata è conforme ai sopraindicati principi di diritto.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e

mancata applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 50, commi 1 e 2, e violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 53 denunzia, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62 e art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Il ricorrente eccepisce di aver proposto come motivo di ricorso, sia in primo grado che in appello, il fatto che l’istanza per occupazione suolo pubblico doveva ritenersi valida anche per le annualità successive indipendentemente dal fatto che fossero state pagate le relative tasse, perchè per l’occupazione permanente, prevista dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 44,comma 1, la tassa è dovuta per anni solari, mentre per l’occupazione temporanea, prevista dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 45, comma 1, la tassa è commisurata all’effettiva superficie occupata, in rapporto alla durata dell’occupazione.

In altri termini, non esistendo un’occupazione temporanea annuale, la stessa doveva considerarsi permanente.

A tal fine formula il seguente quesitose l’occupazione del suolo pubblico a livello annuale debba essere inclusa nell’occupazione permanente e, dunque, l’obbligo della denuncia ai sensi dell’art. 50, comma 2, non sussista per gli anni successivi a quelli di prima applicazione della tassa, sempre che non si verifichino variazioni dell’occupazione che determinino un maggiore ammontare del tributo

2.1 Il secondo motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.

Secondo la giurisprudenza di legittimità “In tema di tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP) ed in base al combinato disposto del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 42,44 e 45 l’occupazione deve essere considerata permanente quando (art. 42, comma 1, lett. c) l’atto di concessione ne prevede l’utilizzazione continuativa da parte del concessionario (con conseguente sottrazione del suolo e/o dell’area all’uso pubblico di destinazione) per tutta la sua durata, che deve essere superiore all’anno. Di converso, va considerata temporanea l’occupazione priva di autorizzazione (art. 42, comma 2) ovvero (art. 42, comma 1, lett. b)) quella (anche se continuativa) autorizzata per una durata inferiore all’anno, nonchè l’occupazione, anche se di durata superiore all’anno, che preveda la sottrazione non continuativa del suolo pubblico, come soltanto per una parte del giorno, difettando, in questo caso, il carattere della stabilità dell’occupazione stessa. Ne consegue che la considerazione della sola durata (infra o ultra annuale) della occupazione del suolo pubblico oggetto dell’atto di concessione non costituisce corretta valutazione dell’esatto discrimen legale per qualificare come temporanea, ovvero come permanente, detta occupazione, dovendosi, invece, verificare sempre se l’atto di concessione limiti o meno l’occupazione ad alcuni giorni della settimana e/o ad alcune ore del giorno, perchè la limitazione suddetta importa sempre la natura temporanea dell’occupazione” (Sez. 5, Sent. n. 18250 del 2003, Sez. 5, Sent. n. 27048 del 2007).

Dunque, la parte della censura secondo la quale ogni qual volta l’occupazione di suolo pubblico abbia la durata di un anno debba essere considerata permanente è infondata, dovendosi avere riguardo alla natura dell’occupazione stessa al suo titolo costitutivo e alle sue modalità di realizzazione.

Inoltre, il ricorrente non chiarisce le modalità di occupazione di suolo pubblico che egli aveva posto in essere e in vidi di quale titolo. Egli, nel motivo di ricorso, fa esclusivo riferimento alla durata annuale dell’occupazione per desumerne automaticamente la natura permanente ed omette di chiarire in vidi di quale titolo occupava e con quali modalità, così da non consentire a questa Corte di valutare l’effettiva natura dell’occupazione.

Peraltro, non viene formulata alcuna censura avverso la parte della motivazione della sentenza impugnata con la quale i giudici del merito avevano dedotto la temporaneità dell’occupazione dalla lettura del permesso di costruire rilasciato dal Comune di Chivasso, nel quale era espressamente previsto che per poter fruire dell’applicazione della TOSAP annuale per l’anno successivo, l’utente doveva presentare istanza di autorizzazione annuale e, non essendo stata presentata tale richiesta il permesso era decaduto, con cò evidenziandosi la sua natura temporanea.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato violazione e mancata applicazione della L. n. 421 del 1992, art. 2, comma 1, lett. mm, violazione e falsa applicazione della L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 87, periodo 1, denuncia ai sensi D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62 e art. 360 c.p.c., n. 3 e 5.

In sostanza il ricorrente chiede se un atto impositivo Tosap sia tale da giustificare la sottoscrizione automatizzata e cò non sia precluso stante il carattere estremamente ristretto della delega conferita al governo dalla L. n. 421 del 1992, art 2, comma 1, lett. mm).

3. Il terzo motivo è manifestamente infondato.

Il ricorrente invoca la violazione della delega al governo di cui alla L. n. 421 del 1992, art. 2, comma 1, lett. mm), che, al di là di ogni altra considerazione, non pii) avere alcun rilievo rispetto ad una norma contenuta in una legge ordinaria successiva come quella di cui alla L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 87, che stabilisce che “La firma autografa prevista dalle norme che disciplinano i tributi regionali e locali sugli atti di liquidazione e di accertamento è sostituita dall’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile, nel caso che gli atti medesimi siano prodotti da sistemi informativi automatizzati. Il nominativo del funzionario responsabile per l’emanazione degli atti in questione, nonchè la fonte dei dati, devono essere indicati in un apposito provvedimento di livello dirigenziale”.

In ogni caso secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità “In tema di tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP), del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 51, nel regolare il procedimento di emissione da parte del comune dell’avviso di accertamento in rettifica o d’ufficio, non esige alcuna forma di contraddittorio con il contribuente (come, ad esempio, la redazione di un processo verbale di constatazione), il quale potrà avvalersi degli strumenti di tutela attivabili successivamente all’adozione dell’atto. Inoltre, nel caso in cui l’avviso di accertamento sia prodotto mediante sistemi informativi automatizzati, la sottoscrizione dell’atto è legittimamente sostituita, ai sensi della L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 1, comma 87, dall’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile” (Sez. 5, Sent. n. 15079 del 2004 e Sez.5 Sent. n. 15447 del 2010).

4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato violazione e mancata applicazione della L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 87, periodo 2; violazione e mancata applicazione del D.Lgs. n. 50 del 1993, art. 10, comma 3. Denuncia ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992 art. 62 e art. 360 c.p.c., n. 3 e 5, il motivo dell’assenza dell’apposito provvedimento di livello dirigenziale che avrebbe permesso la sottoscrizione dell’atto positivo a stampa anzichè autografa.

Il ricorrente formula il seguente quesito di diritto: dica questa Corte se risulta essere illegittimo l’avviso di accertamento sottoscritto in maniera automatizzata da parte di un soggetto carente dei requisiti richiesti dalla norma, in quanto non in possesso dell’apposito provvedimento dirigenziale e rispetto al quale manchi la prova di tale requisito.

4.1 Il motivo è infondato in quanto è circostanza pacifica che nell’atto era indicato il nome dell’amministratore della società unico della società concessionaria e, dunque, non era necessario alcun provvedimento dirigenziale per l’emanazione dell’atto con quella modalità.

5. Il quinto motivo di ricorso è così rubricato violazione e mancata applicazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 181, denuncia ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992 art. 62 e art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Il ricorrente contesta che il soggetto che ha sottoscritto il ruolo non ha frequentato apposito corso di preparazione superando il relativo esame di idoneità e formula il seguente quesito di diritto: dica la Corte se la norma che prevede la presenza di un provvedimento dirigenziale per la sottoscrizione automatizzata di avviso di accertamento debba identificarsi nella L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 87, periodo 2, e se risulta illegittimo l’avviso sottoscritto da parte di un soggetto carente dei requisiti richiesti dalla norma per la sua sottoscrizione, vale a dire il titolo di studio di scuola media superiore di secondo grado e la frequenza di un apposito corso di preparazione organizzato a cura dell’ente locale, nonchè il superamento dell’esame di idoneità.

5.1 Il motivo è manifestamente infondato.

La L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 181, di cui il ricorrente lamenta la violazione, si rivolge unicamente ai Comuni e alle Province e non può applicarsi, come nella specie, alla società concessionaria del servizio di riscossione.

6. Il sesto motivo di ricorso è così rubricato: violazione e mancata applicazione della L. n. 296 del 2006, art 1, comma 161, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 51, denunzia sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62 e art. 360 c.p.c., n. 3 e 5.

In sintesi, il motivo attiene alla qualifica dell’atto come avviso di liquidazione e non come avviso di accertamento d’ufficio. Il quesito di diritto formulato è il seguente: dica la Corte se risulta essere illegittimo l’atto di accertamento Tosap che sia qualificato contemporaneamente avviso di liquidazione e avviso di accertamento, quando i presupposti per la formazione di un tipo di accertamento rispetto all’altro sono diversi.

6.1 Il motivo è inammissibile.

Ciò che rileva ai fini della qualificazione dell’atto come impositivo è la sua effettiva funzione, a prescindere dalla qualificazione formale dell’atto stesso, sicchè il ricorrente avrebbe dovuto contestare la mancanza dei presupposti dell’atto impositivo e non l’errata qualificazione dello stesso.

Inoltre, deve ribadirsi che quanto all’avviso di liquidazione non è necessario che dalla motivazione siano evincibili i presupposti materiali e giuridici della pretesa tributaria, essendo sufficiente che tali elementi siano desumibili dalla motivazione del relativo avviso di accertamento (Sez. 5, Sent. n. 9491 del 2008).

Infine, del tutto generica è la censura di violazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 161, secondo cui: “Gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonchè all’accertamento d’ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati. Entro gli stessi termini devono essere contestate o irrogate le sanzioni amministrative tributarie, a norma del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, artt. 16 e 17 e successive modificazioni”.

La norma citata, infatti, non si ricollega alla censura formulata con il quesito e relativa all’errata qualificazione dell’atto.

7. Il settimo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e mancata applicazione dell’art. 2697 c.c.; violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 39, denuncia ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62 e dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Il ricorrente ripropone il motivo di ricorso attinente al fatto di aver allegato che la pretesa tributaria era stata provata solo a partire dal giorno 24 novembre, data della foto allegata all’atto, e non per il periodo precedente. Formula il seguente quesito di diritto: dica la Corte se l’onere probatorio della pretesa impositiva incombe sull’ente impositore che deve fornire la prova mediante fotografia nel caso di specie dell’occupazione del suolo pubblico.

7.1 Il motivo è manifestamente infondato.

La prova dell’occupazione di suolo pubblico non deve essere fornita necessariamente mediante fotografie e, certamente, nella data antecedente il momento dell’accertamento mediante fotografia deve legittimamente presumersi che l’occupazione era in corso. Inoltre, nel caso di specie, la prova era anche documentale, avendo il ricorrente ottenuto il permesso di occupazione.

Non vi è stata alcuna violazione dell’art. 2697 c.c. e del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 39 che, peraltro, è solo citato nella rubrica senza poi alcun nesso con il quesito posto alla Corte.

8. L’ottavo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e mancata applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 7, comma 1, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 53, comma 1, denuncia ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992 art. 62 e art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Il ricorrente eccepisce il difetto di motivazione delle sanzioni per non essere stati indicati i criteri qualitativi applicati in ordine alla colpevolezza. In tal senso formula il seguente quesito: dica la Corte se, in caso di omesso pagamento dell’imposta per due annualità successive, spetti la riduzione delle sanzioni per applicazione del principio della continuazione e se andava motivata la ragione per la quale era stata applicata una sanzione in misura superiore.

9. Il nono motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, comma 1, denuncia ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62 e art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Il motivo attiene alla duplicazione delle sanzioni relative sia alla omessa denuncia sia all’omesso versamento; il quesito di diritto svolto è il seguente: dica la corte se in caso di omessa denuncia di occupazione risulta essere legittimo l’accertamento che irroga contemporaneamente sia la sanzione per omessa denuncia sia se la sanzione per omesso versamento essendo l’una assorbita nella sanzione dell’altra.

9.1 L’ottavo e il nono motivo che per la loro intima connessione possono essere trattati congiuntamente sono inammissibili.

Il ricorrente non indica quale sia stato il trattamento sanzionatorio e la motivazione dello stesso non consentendo a questa Corte di poter valutare la fondatezza o meno delle pretese violazioni del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 7, comma 1, art. 13, comma 1, e del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 53, comma 1.

10. Il decimo motivo è così rubricato: violazione e mancata applicazione dell’art. 91 c.p.c., comma 1, denuncia, ai sensi del D.Lgs, n. 546 del 1992, art. 62 e art. 360 c.p.c., n. 35.

Il giudice del gravame non avrebbe distinto quanto dovuto per diritti e onorari. Il quesito di diritto è il seguente: se la condanna al pagamento delle spese debba avere la corretta ripartizione tra quanto dovuto per diritti e quanto dovuto per onorari.

Il motivo è inammissibile in quanto la CTR aveva compensato le spese e non si comprende il tenore della censura non essendoci stata alcuna condanna al pagamento delle spese di lite.

11. In conclusione, il ricorso è integralmente rigettato.

12. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio che liquida in complessivi Euro 1400 oltre rimborso forfettario, i.v.a. e c.p.a., se dovute;

Così deciso in Roma, il 7 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2018

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