Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31718 del 04/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 04/12/2019, (ud. 11/07/2019, dep. 04/12/2019), n.31718

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28721-2017 proposto da:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, (OMISSIS), in persona del

Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

M.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 926/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 26/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 11/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

ROSSETTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. M.M. nel 2011 convenne dinanzi al Tribunale di Firenze la Presidenza del Consiglio dei Ministri, esponendo che:

-) dopo avere conseguito la laurea in medicina, si era iscritto ad una scuola di specializzazione;

-) durante il periodo di specializzazione non aveva percepito alcuna remunerazione o compenso da parte della scuola stessa;

-) le Dir. comunitarie n. 75/362/CEE e Dir. n. 75/363/CEE, così come modificate dalla Dir. n. 82/76/CEE, avevano imposto agli Stati membri di prevedere che ai frequentanti le scuole di specializzazione fosse corrisposta una adeguata retribuzione;

-) l’Italia aveva dato tardiva e parziale attuazione a tali direttive solo con la L. 8 agosto 1991, n. 257.

Concluse pertanto chiedendo la condanna dell’Amministrazione convenuta al risarcimento del danno per la tardiva attuazione delle suddette direttive.

2. Il Tribunale di Firenze con ordinanza ex art. 702 ter c.p.c., 18.11.2011 accolse la domanda.

La Corte d’appello di Firenze con sentenza 26.4.2017 n. 926 accolse il gravame dell’amministrazione solo sul quantum.

3. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla Presidenza del consiglio, con ricorso fondato su un solo motivo.

La parte intimata non si è difesa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo del proprio ricorso la presidenza del Consiglio dei Ministri lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 2043 c.c.; del trattato istitutivo della comunità Europea, artt. 5 e 189; della Dir. n. 82 del 1976, art. 16; della Dir. n. 362 del 1975, artt. 5 e 7.

Deduce a fondamento dell’impugnazione che l’indennizzo non spettava al Dott. M.M., poichè questi si era iscritto alla scuola di specializzazione nell’anno accademico ‘83-’84, e dunque prima che fosse cogente per lo Stato italiano l’obbligo di remunerare gli enti alle scuole di specializzazione in medicina.

2. Il motivo è inammissibile, a causa dell’avvenuta formazione del giudicato interno.

La Corte d’appello, infatti, ha espressamente dichiarato “irretrattabile per carenza di censure che il periodo di riferimento del risarcimento del danno è il quadriennio di durata del corso di specializzazione, ancorchè questo sia iniziato prima del 1 gennaio 1983 ossia prima del termine di scadenza per il recepimento delle direttive in questione”.

Tale espressione non può che essere interpretata nel senso che, ad avviso della Corte d’appello, si era formato il giudicato, per difetto di impugnazione, sulla circostanza che l’originario attore dovesse essere risarcito per tutti e quattro gli anni di frequenza del corso di specializzazione post lauream.

Giusta o sbagliata che fosse tale decisione, essa non ha formato oggetto di censura in questa sede, con la conseguenza che il motivo come articolato dall’amministrazione ricorrente è inammissibile per difetto di rilevanza.

3. Sebbene il rilievo che precede abbia carattere assorbente, ritiene opportuno il Collegio osservare ad abundantiam che, se si fosse dovuto esaminare il merito della censura proposta dalla Presidenza del Consiglio, essa sarebbe stata infondata.

Come noto la (allora) Comunità Europea nel 1975 volle dettare norme uniformi per “agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di medico”, e lo fece con due direttive coeve: la Dir. n. 75/362/CEE, e la Dir. n. 75/363/CEE, ambedue del 16 giugno 1975.

La prima sancì l’obbligo per gli Stati membri di riconoscere l’efficacia giuridica dei diplomi rilasciati dagli altri Stati membri per l’esercizio della professione di medico; la seconda dettò i requisiti minimi necessari affinchè il suddetto riconoscimento potesse avvenire, tra i quali la durata minima del corso di laurea e la frequentazione a tempo pieno di una “formazione specializzata”.

L’una e l’altra di tali direttive vennero modificate qualche anno dopo dalla Dir. del Consiglio del 26 gennaio 1982, n. 82/76/CEE.

La tale ultima Dir., art. 13, aggiunse alla Dir. n. 75/363/CEE, un “Allegato”, contenente le “caratteristiche della formazione a tempo pieno (…) dei medici specialisti”.

L’art. 1, comma 3, ultimo periodo, di tale allegato sancì il principio per cui la formazione professionale “forma oggetto di una adeguata rimunerazione”.

La Dir. n. 82/76/CEE, venne approvata dal Consiglio il 26.1.1982; venne notificata agli Stati membri (e quindi entrò in vigore) il 29.1.1982, e venne pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee n. L43 del 15.2.1982; la medesima Dir., art. 16, imponeva agli Stati membri di conformarvisi “entro e non oltre il 31 dicembre 1982”.

Pertanto:

(a) l’ordinamento comunitario attribuì ai medici specializzandi il diritto alla retribuzione a far data dal 29.1.1982;

(b) gli Stati membri avevano tempo sino al 31.12.1982 dello stesso anno per dare attuazione al precetto comunitario.

Ne consegue che “qualsiasi formazione a tempo pieno come medico specialista iniziata nel corso dell’anno 1982 deve essere oggetto di una remunerazione adeguata”, così come stabilito dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea, con sentenza 24 gennaio 2018, in causa C-616/16, Presidenza del Consiglio c. Pantuso.

La medesima sentenza ha precisato che, per coloro che hanno iniziato i corsi di specializzazione durante l’anno 1982, la remunerazione adeguata deve essere corrisposta per il periodo di formazione a partire dal 1 gennaio 1983 fino alla conclusione, dal momento che prima di tale data gli Stati membri avevano la facoltà di dare o non dare attuazione alla direttiva.

La Corte di giustizia, nella sentenza appena ricordata ha dunque distinto tre categorie di specializzandi:

1) quelli che hanno iniziato la specializzazione prima del 1982 (anno di entrata in vigore della Dir. n. 82 del 1976), i quali non hanno diritto ad alcuna remunerazione;

2) quelli che hanno iniziato la specializzazione nel corso dell’anno 1982, i quali hanno diritto alla remunerazione a partire dal 1 gennaio 1983;

3) quelli che hanno iniziato la specializzazione dopo il 1 gennaio 1983, i quali hanno diritto alla remunerazione per l’intera durata del ricorso (così anche, ex permultis, Sez. 3, Ordinanza n. 1066 del 17.1.2019; Sez. 3, Ordinanza n. 13761 del 31.5.2018; Sez. 3, Ordinanza n. 13762 del 31.5.2018; Sez. 3, Ordinanza n. 13763 del 31.5.2018).

Nel caso di specie è pacifico tra le parti che l’originario attore iniziò la scuola di specializzazione nel corso dell’anno 1982, e dunque alla luce della giurisprudenza comunitaria appena ricordata egli aveva diritto alla remunerazione.

2. Le spese.

Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della parte intimata.

Non è luogo a provvedere ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), essendo le Amministrazioni dello Stato istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito. (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550 – 01).

P.Q.M.

(-) rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 11 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2019

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