Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31716 del 04/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 04/12/2019, (ud. 11/07/2019, dep. 04/12/2019), n.31716

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Mario – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8317-2018 proposto da:

E.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

GIUSEPPE JOSSA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 348/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 27/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 11/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CIRILLO

FRANCESCO MARIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. E.F. convenne in giudizio il Ministero della difesa davanti al Tribunale di Napoli e – sulla premessa di aver ricevuto l’ordine di pulizia di un capannone hangar, mentre si trovava comandato in Kosovo per una missione militare, e di essere scivolato sul pavimento bagnato, riportando la frattura della rotula – chiese che il convenuto fosse condannato al risarcimento dei danni.

Si costituì in giudizio il convenuto, chiedendo il rigetto della domanda. Espletata una c.t.u., il Tribunale accolse la domanda e condannò il convenuto al risarcimento dei danni, con il carico delle spese di lite.

2. La pronuncia è stata appellata dal Ministero soccombente e la Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 27 gennaio 2017, ha accolto il gravame e, in riforma dell’impugnata sentenza, ha rigettato la domanda dell’attore, condannandolo al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio.

Ha osservato la Corte territoriale che, sulla base degli atti, risultava che l’ E. era scivolato mentre, impegnato nelle operazioni di pulizia del capannone, stava srotolando il tubo dell’idropulitrice. Posto che quella operazione non rivestiva, di per sè, alcuna pericolosità, la Corte ha rilevato che il danneggiato ben sapeva che il pavimento era bagnato ed ha aggiunto che, comunque, con un pò di attenzione da parte dei militari ogni danno sarebbe stato evitato.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Napoli ricorre E.F. con atto affidato a tre motivi.

Resiste il Ministero della difesa con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e non sono state depositate memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 1227,2043,2051,2697 e 2735 c.c., nonchè dell’art. 115 c.p.c..

Osserva il ricorrente che non vi era stata contestazione, da parte del Ministero, sullo svolgimento dei fatti e che, dovendosi escludere ogni disattenzione da parte sua, il Ministero doveva essere considerato responsabile dell’accaduto.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., oltre ad omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

3. I due motivi di ricorso, da trattare congiuntamente, sono, quando non inammissibili, comunque privi di fondamento.

Va innanzitutto osservato che il primo motivo richiama una serie di atti e documenti senza indicare con precisione dove essi siano consultabili ad opera della Corte; mentre il secondo motivo, che contesta la mancata ammissione della prova testimoniale, non indica in alcun modo quale fosse l’oggetto della prova richiesta, senza contare che la Corte di merito ha dato per pacifico lo svolgimento dei fatti così come indicato dall’odierno ricorrente (non è in discussione la caduta dell’ E. sul pavimento bagnato).

Ciò premesso, rileva il Collegio che il ricorso non consente di capire se la domanda sia stata fondata sull’art. 2043 c.c. ovvero sull’art. 2051 c.c.; ma comunque, in entrambi i casi, la sentenza ha fornito una ricostruzione in fatto che, non più modificabile in questa sede, permette di respingere le censure di entrambi i motivi. Ed infatti, ove la domanda fosse stata fondata sull’art. 2043 c.c., la sentenza ha escluso la presenza di qualsiasi fatto doloso o colposo dell’Amministrazione convenuta, tanto più in considerazione dell’assoluta normalità dell’azione che il militare stava svolgendo. Se, invece, fosse stato invocato l’obbligo di custodia, la sentenza reggerebbe ugualmente, poichè essa ha osservato che l’attività di pulizia era priva di pericolosità e che sarebbe stata sufficiente un pò di attenzione da parte dei militari per evitare il fatto dannoso; ed è appena il caso di aggiungere che l’ E. stava svolgendo proprio il lavoro di lavaggio e pulizia, per cui nessuno meglio di lui poteva sapere che il pavimento era bagnato.

Le contestazioni sull’ammissione delle prove sono irrilevanti, posto che la sentenza, come si è detto, ha dato per dimostrata la dinamica dei fatti così come indicata dal ricorrente, nè è dato comprendere quali ulteriori elementi si sarebbero dovuti dedurre dalla prova per testi.

4. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 348-bis c.p.c., sostenendo che la Corte di merito avrebbe dovuto dichiarare l’appello inammissibile per la sua genericità.

4.1. 11 motivo non è fondato.

Ed infatti, anche trascurando il semplice e logico rilievo secondo cui l’accoglimento dell’appello dimostra, per implicito, che esso era stato redatto in maniera sufficientemente chiara, rileva il Collegio che la doglianza ipotizza un contenuto dell’art. 342 c.p.c. che non ha trovato seguito nella giurisprudenza di questa Corte (Sezioni Unite, sentenza 16 novembre 2017, n. 27199).

5. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese prenotate a debito.

Sussistono, inoltre, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quaier, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3 della Corte di cassazione, il 11 luglio 2019.

Depositato in cancelleria il 4 dicembre 2019

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