Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3171 del 09/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 09/02/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 09/02/2021), n.3171

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13234-2019 proposto da:

S.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MASSIMO GOTI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 39/2019 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 22/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CAMPESE

EDUARDO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 22 gennaio 2019, la Corte di Appello di Caltanissetta respinse il gravame proposto da S.R. contro l’ordinanza, resa, D.Lgs. n. 25 del 2008 ex art. 35 del e D.Lgs. n. 150 del 2011 ex art. 19, dal tribunale di quella stessa città il 6 aprile 2017, reiettiva della sua domanda volta ad ottenere una delle forme di protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria; rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari).

1.1. In particolare, quella corte ritenne che, alla stregua delle stesse dichiarazioni del richiedente – che aveva riferito di aver lasciato il proprio Paese (Bangladesh) nel 2011 per una gravissima situazione di povertà determinatasi a seguito dell’alluvione del 2004 – le sue richieste non potessero essere accolte.

2. Avverso questa sentenza S.R. ricorre per cassazione, affidandosi a due motivi. Il Ministero dell’Interno non si è costituito nei termini di legge, ma ha depositato un “atto di costituzione” al solo fine di prendere eventualmente parte alla udienza di discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, nonchè del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14, e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla mancata valutazione della situazione esistente in Bangladesh ed all’omessa attività istruttoria in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 ed alla mancata concessione del permesso di soggiorno “per motivi di protezione sussidiaria”.

1.1. Il motivo è manifestamente inammissibile perchè, a fronte delle esaurienti argomentazioni con cui la corte nissena ha giustificato il proprio convincimento quanto al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria in favore dell’odierno ricorrente, quest’ultimo, lungi dal confrontarsi con esse, si limita a richiamare dei precedenti giurisprudenziali favorevoli ad altri richiedenti, senza, tuttavia, indicare alcun fatto concernente se stesso di cui sia stato omesso l’esame e senza fornire elementi individualizzanti atti a giustificare una revisione della statuizione impugnata.

2. Identica sorte merita il secondo motivo, che lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, in relazione all’omessa motivazione per quanto riguarda il riconoscimento di un permesso di soggiorno per motivi umanitari in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

2.1. La corte siciliana ha correttamente escluso, ancora una volta in base alle stesse dichiarazioni dell’appellante, la sussistenza di gravi ragioni di protezione o situazioni soggettive specifiche, dovendosi qui solo rimarcare: i) che, come chiarito, tra le ultime, da Cass. n. 252 del 2019, la protezione umanitaria – secondo i parametri normativi richiamati dal ricorrente, qui ritenuti applicabili – è una misura atipica e residuale, nel senso che essa copre situazioni, da individuare caso per caso, in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento della tutela tipica (status di rifugiato o protezione sussidiaria), tuttavia non possa disporsi l’espulsione e debba provvedersi all’accoglienza del richiedente che si trovi in situazione di vulnerabilità (cfr. Cass. n. 23604 del 2017). A tale fine, peraltro, non è sufficiente l’allegazione di un’esistenza migliore nel Paese di accoglienza, sotto il profilo dell’integrazione sociale, personale o lavorativa, dovendo il riconoscimento di tale diritto allo straniero fondarsi su una valutazione comparativa effettiva tra i due piani, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile, costitutivo dello statuto della dignità personale, in comparazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese di accoglienza; ii) l’irrilevanza, per le medesime ragioni esposte con riguardo all’analogo rilievo contenuto nel motivo precedente, del richiamo a precedenti giurisprudenziali favorevoli ad altri richiedenti.

3. Il ricorso, dunque, va dichiarato inammissibile senza necessità di pronuncia sulle spese di questo giudizio di legittimità, essendo il Ministero dell’Interno rimasto solo intimato, e dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, “sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto”, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 15 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2021

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