Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31708 del 07/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 07/12/2018, (ud. 08/05/2018, dep. 07/12/2018), n.31708

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16406 del ruolo generale dell’anno 2011

proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore generale pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui Uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliata;

– ricorrente –

contro

V.W., quale titolare della ditta omonima

V.W., rappresentato e difeso, per procura speciale a margine del

controricorso, dagli Avv.ti Claudio Lucisano, Natale Mangano e

Umberto Giardini, elettivamente domiciliato presso lo studio del

primo difensore in Roma, via Crescenzio n. 91;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale del Piemonte n. 39/24/2010, depositata in data 3 maggio

2010;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 8

maggio 2018 dal Consigliere Triscari Giancarlo.

Fatto

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle entrate ricorre con due motivi per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, in epigrafe, con la quale è stato rigettato l’appello da essa proposto e confermata la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Torino che aveva accolto il ricorso proposto da V.W., quale titolare dell’omonima ditta individuale;

il giudice di appello ha premesso, in punto di fatto, che: il contribuente aveva proposto ricorso avverso l’avviso di accertamento emesso, relativamente all’anno di imposta 2002, per omessa fatturazione e regolarizzazione dei costi per mancato ribaltamento delle commesse eseguite e dei corrispettivi per l’esecuzione dei lavori nell’ambito dei rapporti economici sussistenti con il Consorzio Manital; in particolare, in sede di verifica, la Guardia di Finanza aveva accertato che il Consorzio Manital aveva adottato una procedura anomala di contabilizzazione di costi e ricavi e delle operazioni attive e passive ai fini Iva svolte nei confronti dei soggetti consorziati (quale l’attuale ricorrente) e nei rapporti con soggetti esterni in quanto, in luogo della corretta modalità di fatturazione di costi e proventi, il Consorzio e le consorziate avevano provveduto alla fatturazione reciproca per la sola quota di costi e proventi, operando quindi il Consorzio quale impresa commerciale avente scopo di lucro; pertanto, con l’avviso di accertamento era stato determinato un maggior reddito di impresa ai fini delle imposte dirette e maggiori operazioni imponibili ai fini Iva ed emessa, nei confronti della ditta individuale consorziata, la conseguente sanzione; la Commissione tributaria provinciale di Torino aveva accolto il ricorso; avverso la suddetta pronuncia aveva proposto appello l’Agenzia delle entrate, nel contraddittorio con il contribuente;

la Commissione tributaria regionale del Piemonte ha rigettato l’appello, avendo ritenuto, in diritto, che: l’effettiva regolamentazione del rapporto consortile è compiuta in sede di statuto e di regolamento per l’attribuzione dei lavori; nel caso di specie, risultava dalla statuto che il consorzio aveva, fra l’altro, il compito di assegnare a ciascun consorziato le prestazione da eseguire secondo le rispettive esperienze professionali ovvero a terzi, ove non fosse possibile l’esecuzione da parte delle imprese consorziate; la ditta contribuente, per l’anno in questione, non aveva avuto assegnato alcun lavoro, sicchè non aveva partecipato ad alcuna ripartizione dei ricavi derivanti dalle commesse e, conseguentemente, dei costi specifici da imputare all’impresa in proporzione della commessa ricevuta e eseguita; nessuna violazione della normativa fiscale in materia di fatturazione poteva, quindi, individuarsi nella specie;

avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso l’Agenzia delle entrate affidato a due motivi di censura;

V.W., quale titolare della omonima ditta individuale, si è costituito con controricorso;

il controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 41-bis, comma 1, e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 5 e art. 55, comma 1 e comma 2, nn. 2 e 3, in quanto l’Ufficio finanziario aveva accertato le maggiori imposte in base alla verifica eseguita ed aveva applicato le disposizioni di legge, sicchè l’accertamento non era fondato su presunzioni, ma su una ricostruzione induttiva condotta in base alla documentazione contabile acquisita, mentre era da considerarsi errata la decisione impugnata per avere ritenuto che, in mancanza di elementi e di documentazione completa, non esibita dal contribuente nè in sede di verifica nè successivamente all’accertamento, nè in sede contenziosa, l’Ufficio non poteva procedere alla contestazione tenendo conto di calcoli proporzionali su valori aggregati del consorzio;

con il secondo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione dell’art. 1706 c.c., dell’art. 1713c.c., comma 1, dell’art. 1720c.c., comma 1, degli artt. 1709,2602 e 2615-ter c.c. e del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37-bis, comma 1, in materia di divieto dell’abuso del diritto, in quanto, tenuto conto dei rapporti derivanti dal contratto di consorzio e in coerenza con la natura mutualistica del consorzio che agisce senza perseguire uno scopo di lucro, vi era l’obbligo del medesimo di ribaltare su tutte le consorziate, e quindi anche sulla ditta verificata, sia costi che ricavi, indipendentemente dalla partecipazione della singola impresa alle commesse che avevano generato gli utili e determinato i costi, sicchè sussisteva l’obbligo per la ditta individuale verificata di emettere fattura nei confronti del consorzio, in proporzione della quota consortile, per il ribaltamento dei proventi delle commesse e di autofattura per i costi di gestione del consorzio, mentre il sistema di compensazione posto in essere realizzava, in realtà, un abuso del diritto;

va, in primo luogo, esaminato il secondo motivo di ricorso, posto che il primo attiene alla questione dei criteri di calcolo applicati dall’Ufficio e, quindi, la relativa questione segue a quella della verifica della correttezza della contestazione nei confronti della ditta individuale della pretesa impositiva;

il motivo è infondato;

la questione che, nell’ambito delle società consortili, il motivo di ricorso in esame ripropone, è quella del “ribaltamento” sulle società consorziate dei costi e ricavi derivanti dalla esecuzione delle commesse e della correlativa disciplina fiscale, recentemente oggetto delle pronunce delle sezioni unite di questa Corte nn. 12190, 12191, 12192, 12193 e 12194 del 2016, cui si sono conformati i successivi arresti della sezione tributaria (nn. 21860, 21861, 21862, 21863, 21864, 22210, 22211, 22435 e 24380 del 2016, 5090 e 23358 del 2017), che hanno riguardato proprio i rapporti tra il Consorzio Manital e la compagine delle imprese sue consorziate;

sulla questione le Sezioni Unite hanno stabilito i seguenti principi di diritto: 1) la funzione mutualistica dei Consorzi, desumibile dall’art. 2602 c.c., non è ostativa allo svolgimento, da parte della società consortile, di una distinta attività commerciale con scopo di lucro; 2) costituisce questione di merito l’accertamento dei rapporti intercorsi tra società consortile e società consorziata nella assegnazione dei lavori ai singoli consorziati e nella esecuzione delle commesse; 3) nel caso in cui sussista una differenza tra quanto fatturato dal Consorzio al terzo committente e quanto fatturato dalla società consorziata esecutrice dei lavori al Consorzio, è onere della consorziata fornire la prova dettagliata che tale differenza non è ascrivibile ad una quota di ricavi occultati mediante compensazione tra consorzio e consorziata, anzichè essere riaccreditati al consorziato, ma è costituita da costi delle spese di gestione generale ripartiti tra i singoli consorziati ed addebitata ad essi in occasione della commissione dei lavori, oppure da costi di specifici servizi forniti dal consorzio al consorziato, oppure da provvigioni dovute dal consorziato mandante al consorzio mandatario senza rappresentanza; con specifico riguardo all’Iva, a norma del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 3, comma 3, ult. periodo e art. 13, comma 2, lett. b), deve esservi piena corrispondenza tra la base imponibile fatturata dal Consorzio al terzo committente e quella fatturata dall’impresa consorziata al Consorzio mandatario, salvo la rilevanza fiscale della eventuale provvigione, qualora il contribuente dimostri che la stessa sia stata formalmente pattuita;

in questo quadro ricostruttivo, la distinta soggettività fiscale e l’autonoma responsabilità delle obbligazioni tributarie connesse alle operazioni poste in essere da ciascuna consorziata, nonchè dalla società consortile, comportano la necessaria distinzione tra le operazioni realizzate dalla società consortile in esecuzione del patto mutualistico e quelle costituenti esercizio di un’autonoma attività commerciale della società consortile. Le sezioni unite della Corte hanno pertanto affermato che presupposti imprescindibili per stabilire se sia o meno necessario il ribaltamento integrale o parziale di costi e ricavi – che è questione che rileva nel presente giudizio – è proprio l’accertamento della “natura delle operazioni o servizi rispettivamente espletati dalla società consortile o dalle consorziate, ed al rapporto sottostante all’assegnazione dei servizi alle consorziate” (Cass. S.U. cit., p. 21). (così in Cass. n. 22435/16 cit.): “Qualora, difatti, il consorzio acquisisca una commessa e proceda autonomamente ad eseguirla, “indipendentemente dalla partecipazione delle consorziate, non si deve procedere ad alcun ribaltamento di costi tra tutti i consorziati. Il ribaltamento di costi e di ricavi rimane doveroso, peraltro, nel caso in cui il consorzio, pur avvalendosi di proprie strutture, svolga servizi complementari, comunque correlati alla finalità mutualistica di utilizzo del servizio consortile” (così in Cass. n. 22435/16cit.);

ciò posto, considerato che nel caso concreto non è contestato che, come riporta la Commissione tributaria regionale, “la ditta V.W., nell’anno in questione, non ha avuto assegnato alcun lavoro” e che, come riconosciuto dalla stessa ricorrente (vd. pag. 7 del ricorso), il Consorzio Manital procedeva anche ad eseguire direttamente commesse con la propria organizzazione e struttura imprenditoriale, non è fondata la pretesa erariale di ribaltamento di costi nei confronti della ditta individuale consorziata che non ha ricevuto alcuna commessa e che, quindi, non ha conseguito utili, nè ha potuto generare costi, rimanendo estranea al meccanismo compensativo adottato dal Consorzio Manital per la regolazione dei rapporti contabili con le consorziate esecutrici di commesse; il rigetto del motivo di ricorso in esame determina l’assorbimento del primo, inerente i criteri di calcolo delle maggiori imposte asseritamente dovute;

con riferimento alle spese di lite, sussistono giusti motivi per la compensazione delle stesse, tenuto conto dell’intervento delle Sezioni Unite, sopra citato, successivo alla presentazione del ricorso.

P.Q.M.

La Corte:

Rigetta il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo.

Compensa le spese di lite.

Così deciso in Roma, il 8 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2018

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