Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31705 del 04/12/2019

Cassazione civile sez. lav., 04/12/2019, (ud. 09/10/2019, dep. 04/12/2019), n.31705

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2912/2014 proposto da:

ARCHIMEDE EDITORE S.R.L., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA SABAUDIA 3, presso lo studio dell’avvocato ANNA RITA ZEDDA,

che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO e CARLA

D’ALOISIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5241/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 17/07/2013, R.G.N. 2137/2012.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 17.7.2013, la Corte d’appello di Roma ha confermato, per quanto rileva in questa sede, la pronuncia di primo grado che aveva rigettato l’opposizione proposta da Archimede Editore s.r.l. avverso il verbale ispettivo con cui l’INPS le aveva contestato omissioni contributive in danno di taluni collaboratori;

che avverso tale pronuncia Archimede Editore s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura;

che l’INPS ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia per avere la Corte di merito ritenuto che nell’attività prestata dai collaboratori M.S. e V.M. non potesse riconoscersi la fattispecie della cessione dei diritti d’autore;

che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia per avere la Corte territoriale ritenuto la sussistenza della collaborazione con C.A. ed G.E. basandosi unicamente sulle dichiarazioni rese da costoro agli ufficiali verbalizzanti;

che i due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in considerazione del tenore delle censure rivolte all’impugnata sentenza;

che è ormai consolidato il principio secondo cui, a seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 (conv. con L. n. 134 del 2012), non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. S.U. n. 8053 del 2014, nonchè, più recentemente, Cass. nn. 23940 del 2017 e 22598 del 2018);

che, nella specie, la Corte territoriale ha sia pur succintamente motivato sia le ragioni per cui ha condiviso la valutazione delle risultanze istruttorie compiuta dal giudice di prime cure, sia perchè ha ritenuto addebitabili alla ricorrente le condotte contestatele dall’INPS (cfr. in part. pag. 2 della sentenza impugnata), onde è evidente che la reale doglianza di parte ricorrente attiene piuttosto alla sufficienza della motivazione rassegnata dai giudici di merito, che – come anzidetto – non è tuttavia vizio della sentenza deducibile in sede di legittimità, occorrendo piuttosto, al fine di censurare il giudizio di fatto compiuto in sede di merito, l’individuazione di un fatto (principale o secondario) il cui esame sia stato omesso, che abbia formato oggetto di discussione tra le parti e la cui considerazione avrebbe di per sè condotto ad un giudizio differente;

che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;

che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 6.200,00, di cui Euro 6.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2019

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