Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31698 del 04/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 04/12/2019, (ud. 03/07/2019, dep. 04/12/2019), n.31698

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26784-2017 proposto da:

CONSORZIO AGRARIO INTERPROVINCIALE DI SALERNO, NAPOLI ED AVELLINO IN

LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA, in persona del Commissario

Liquidatore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NOMENTANA, 78,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE SPAGNUOLO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

R.S.;

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 110/2016 del TRIBUNALE di SALERNO,

depositata il 16/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa SPENA

FRANCESCA.

Fatto

RILEVATO

che con decreto in data 16 ottobre 2017 il Tribunale di Salerno accoglieva l’opposizione proposta da SABATO R. avverso lo stato passivo della liquidazione coatta amministrativa del CONSORZIO AGRARIO INTERPROVINCIALE DI SALERNO, NAPOLI ED AVELLINO (nel prosieguo: il Consorzio), per la ammissione del credito per differenze di retribuzione (Euro 57.416,13) derivanti dallo svolgimento di mansioni superiori nel periodo da dicembre 1993 a novembre 2001;

che a fondamento della decisione il Tribunale osservava che il credito era stato riconosciuto dal Tribunale di Salerno, giudice del lavoro, con sentenza passata in giudicato.

La sua quantificazione, non contenuta nel giudicato, era stata effettuata nel conteggio allegato dal lavoratore e contestato dal Consorzio solo genericamente.

Quanto all’eccepita prescrizione, il termine quinquennale di cui all’art. 2948 c.c. iniziava a decorrere soltanto dalla cessazione del rapporto di lavoro, avvenuta nell’anno 2001.

La causa di lavoro era sta promossa nell’anno 2005; la sentenza era stata emessa nell’anno 2010 e successivamente, in data 28 giugno 2011, il R. aveva comunicato la richiesta di pagamento; infine, la domanda di insinuazione al passivo era stata proposta in data 11 novembre 2015;

che avverso il decreto ha proposto ricorso il consorzio in l.c.a., articolato in quattro motivi, cui l’intimato non ha opposto difese;

che la proposta del relatore è stata comunicata alla parte-unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale- ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

che la parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che il consorzio ricorrente ha dedotto:

– con il primo motivo -ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 2934,2935,2941 e 2948 c.c. nonchè- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. Con il motivo si impugna la statuizione in punto di decorrenza del termine di prescrizione, evidenziandosi che nella fattispecie di causa la prescrizione decorreva nel corso del rapporto di lavoro subordinato giacchè non vi era dubbio che esso fosse assistito da stabilità reale, per quanto allegato sia nella domanda di ammissione al passivo che nel ricorso in opposizione. La sentenza del tribunale di Salerno- numero 127/2010- prodotta a fondamento della pretesa creditoria, aveva ad oggetto anche la impugnazione del licenziamento, avvenuto nell’ambito di una procedura di mobilità e disponeva la reintegra del R. ai sensi della L. n. 223 del 1991, art. 5, comma 3;

– con il secondo motivo- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 2934 e 2943 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. nonchè- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 -nullità della sentenza.

Si censura il decreto per avere attribuito efficacia interruttiva del decorso della prescrizione al deposito del ricorso introduttivo del giudizio di lavoro invece che alla data della sua notifica, che non era stata nè dedotta negli atti difensivi nè comunque documentata in causa.

Si espone che il primo atto con efficacia interruttiva prodotto era la lettera del 28 giugno 2011, successiva alla maturazione del termine di prescrizione quinquennale.

– con il terzo motivo- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2909 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. nonchè- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 -omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio.

Si contesta il decreto per avere ritenuto la esistenza del giudicato sul diritto di credito per differenze retributive; si espone che con il giudicato era stato accertato il diritto del R. all’inquadramento superiore mentre la domanda relativa alle differenze stipendiali era stata dichiarata improseguibile per momentanea carenza di giurisdizione, in ragione della procedura di liquidazione coatta amministrativa.

Il giudicato riguardava dunque unicamente il diritto all’inquadramento e non anche il diritto alle differenze di retribuzione, che aveva una sua autonomia rispetto al primo, in quanto il lavoratore era tenuto a provare che la retribuzione in concreto percepita, tenuto conto di eventuali elementi integrativi riassorbibili, fosse inferiore a quella prevista dal CCNL per il livello di inquadramento riconosciuto.

Il Tribunale avrebbe dovuto, dunque, autonomamente valutare i presupposti del credito;

– con il quarto motivo- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c..

Si censura il decreto per avere affermato che la quantificazione del credito operata dal ricorrente nella domanda di ammissione al passivo era stata contestata genericamente. Si assume:

– che il principio di non contestazione non opera nell’accertamento del passivo delle procedure concorsuali;

– che, comunque, la parte non aveva indicato specificamente i fatti sui quali il commissario liquidatore era chiamato a prendere posizione, in quanto nella domanda di ammissione al passivo si indicava l’ammontare complessivo del credito e nei conteggi prodotti le somme erano state riferite cumulativamente a ciascun anno e non dettagliate per mese e per elementi del calcolo.

Si trattava, dunque, di una prospettazione generica, che non consentiva una contestazione specifica.

– che, in ogni caso, era stata avanzata una specifica contestazione nella comparsa di costituzione e nelle successive difese. In particolare, il Consorzio aveva dedotto che non emergeva la determinazione del credito per ciascun periodo di paga ed aveva eccepito l’erroneità dei conteggi: per l’anno 2001 si chiedeva una differenza cumulativa (lire 11.557.905) sebbene il ricorrente fosse stato licenziato in data 13 novembre 2001; per l’anno 2002 si chiedeva una differenza di Euro 1487,36 benchè il lavoratore non avesse prestato servizio; la domanda comprendeva rivalutazione ed interessi laddove per il consorzio, ente soggetto alla disciplina pubblicistica, non si applicava il cumulo degli accessori;

che ritiene il Collegio si debbano accogliere il primo ed il terzo motivo del ricorso, assorbiti gli altri;

che, secondo l’ordine logico, deve essere preliminarmente esaminato il terzo motivo, relativo alla statuizione di formazione del giudicato sul diritto alle differenze di retribuzione (punto numero 3 del decreto impugnato).

Il motivo è fondato. La statuizione impugnata non tiene conto della autonomia del diritto all’inquadramento superiore, riconosciuto dalla

sentenza passata in giudicato (sentenza n. 127/2010 del Tribunale di Salerno), rispetto al diritto alle differenze di retribuzione. Trattasi di diritti distinti basati su differenti presupposti costitutivi: il diritto alla qualifica, l’esercizio continuativo delle mansioni superiori per il periodo fissato dai contratti collettivi o dall’art. 2103 c.c.; il diritto alle retribuzioni, il mero esercizio delle mansioni superiori, anche per un periodo inferiore a quello per la acquisizione della qualifica. Come può esservi diritto alle differenze di retribuzione per l’esercizio di mansioni superiori in assenza del diritto alla qualifica così può inoltre verificarsi l’ipotesi inversa, in quanto sul diritto alle differenze di retribuzione possono incidere fatti estintivi irrilevanti rispetto al diritto alla qualifica,

come il decorso del più breve termine di prescrizione quinquennale o

la percezione di una retribuzione comunque adeguata a quella riconosciuta dal contratto collettivo per le mansioni superiori. Quanto a quest’ultima eventualità, si vuol fare riferimento al caso in cui sia stato riconosciuto al lavoratore un trattamento migliorativo rispetto a quello derivante dal formale inquadramento (inferiore) sotto forma di superminimo soggetto ad assorbimento (sul normale assorbimento del superminimo in caso di riconoscimento del diritto del lavoratore a categoria superiore si veda Cass. sez. lav., 29/08/2012, n. 14689; n. 32872/2018; 17/10/2018 n. 26017).

Tanto premesso in diritto, nella fattispecie di causa non vi era giudicato quanto al diritto alle differenze di retribuzione, contrariamente a quanto affermato nel decreto impugnato, in quanto con il giudicato veniva accertato unicamente il diritto alla qualifica mentre la domanda per le differenze di retribuzione veniva definita in rito – con dichiarazione di improseguibilità della azione per la intervenuta liquidazione coatta amministrativa- con pronuncia inidonea a costituire giudicato.

Parimenti fondato è il primo motivo di censura, che coglie la individuazione del dies a quo della prescrizione del diritto alle differenze di retribuzione nella data di cessazione del rapporto di lavoro. La statuizione impugnata trascura, invero, di considerare che il differimento del decorso della prescrizione non trova applicazione in situazioni di stabilità del posto di lavoro (Corte Cost. sentenze nnrr. 143/1969 e 174/1972) e che nella fattispecie di causa era pacifica la applicabilità del regime di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18, come vigente alla data del licenziamento, ciò che del resto risultava dalla attivata procedura di mobilità nonchè dalla sottoposizione del consorzio a liquidazione coatta amministrativa.

La individuazione del decorso della prescrizione è dunque viziata dal denunciato errore di diritto.

che, pertanto, essendo condivisibile la proposta del relatore, il decreto impugnato deve essere cassato con ordinanza in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. e la causa rinviata al Tribunale in Salerno in diversa composizione per un nuovo esame del diritto alle differenze di retribuzione sulla base dei principi sopra esposti. Restano assorbiti il secondo motivo (sulla interruzione della prescrizione) ed il quarto (sulla quantificazione del diritto alle differenze);

che il giudice del rinvio provvederà- altresì- in ordine alle spese del presente grado.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia-anche per le spese- al Tribunale di Salerno in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 3 luglio 2019.

Depositato in cancelleria il 4 dicembre 2019

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