Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31694 del 04/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 04/12/2019, (ud. 20/11/2019, dep. 04/12/2019), n.31694

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13419-2019 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SS. QUATTRO

35-B, presso lo studio dell’avvocato CARLO LUPPINO, che lo

rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.L.P., M.M., MI.MA.,

M.U., elettivamente domiciliati in ROMA OSTIA LIDO alla VIA QUINTO

AURELIO SIMMACO 7, presso lo studio dell’avvocato NICOLA NERI che li

rappresenta e difende giusta procura a margine della memoria

difensiva; M.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SAN

TOMMASO D’AQUINO, 83, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO LONGO,

che li rappresenta e difende giusta procura in calce alla memoria

difensiva;

– resistenti –

e contro

ORIONE SPE SRL;

– intimata –

avverso il provvedimento del TRIBUNALE di ROMA, depositato il

18/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/11/2019 dal Consigliere Dott. CRISCUOLO MAURO;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO LUCIO, che, visto

l’art. 380 ter c.p.c., chiede che la Corte di Cassazione, riunita in

Camera di consiglio, dichiari il ricorso inammissibile;

Lette le memorie depositate dalle parti;

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Nel corso del giudizio di divisione pendente dinanzi al Tribunale di Roma avente ad oggetto la divisione degli immobili siti in Roma alla via della Cisterna ed in comunione tra M.U., M.E. e gli eredi di M. Secondo, il Tribunale con la sentenza non definitiva n. 199 del 4 gennaio 2018 dichiarava il bene non comodamente divisibile, in base alle quote ivi indicate, disponendone la vendita all’incanto.

Avverso tale sentenza proponeva appello M.A. che rivendica la titolarità della quota di un terzo dell’intero e non della minor quota accertata dal Tribunale.

Inoltre aveva separatamente introdotto un giudizio dinanzi allo stesso Tribunale di Roma volto ad accertare la nullità degli atti con i quali aveva ceduto ai G. M.S. ed M.E. quote del medesimo bene, assumendo che quindi fosse rimasto titolare della quota di un terzo.

Nel corso del giudizio di divisione, nel quale è intervenuta anche la società Orione Spe S.r.l., quale cessionaria di un credito per il quale era stata iscritta ipoteca sul bene comune, all’udienza del 14/3/2019 M.A., richiamando la pendenza del giudizio di invalidità degli atti di cessione di quote e dell’appello avverso la sentenza non definitiva, chiedeva disporsi la sospensione del processo ex art. 295 c.p.c..

Nella resistenza delle altre parti, il Tribunale con ordinanza del 18/3/2019 ha rigettato la richiesta di sospensione ritenendo che non ne ricorressero i presupposti e fissando l’udienza di precisazione delle conclusioni per la successiva udienza del 19/11/2020.

M.A. ha impugnato tale ordinanza con ricorso per regolamento necessario di competenza sulla base di un motivo. S.P.L., Mi.Ma., M.U. e M.M., quali eredi di M.S. nonchè M.E. resistono al ricorso.

La società intimata non ha svolto difese in questa fase.

Essendosi ravvisate le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380-ter c.p.c., è stata fatta richiesta al Pubblico Ministero presso la Corte di formulare le sue conclusioni ed all’esito del loro deposito ne è stata fatta notificazione alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale.

2. Con il motivo di ricorso si denunzia la palese erroneità dell’ordinanza impugnata che ha negato la ricorrenza dei presupposti per la sospensione del processo per pregiudizialità. Si sostiene che è necessario per la divisione individuare le quote di comproprietà e che tale accertamento risulta poi devoluto al giudice presso cui è stata incardinata la causa di nullità degli atti di cessione di quote in favore degli altri condividenti, sicchè occorre attendere l’esito di tale giudizio prima di sciogliere la comunione.

A ciò si aggiunge che la sentenza non definitiva è stata impugnata con l’effetto che l’esito favorevole del gravame farebbe venir meno i presupposti in base ai quali è stata disposta la vendita del bene non comodamente divisibile, con evidenti riflessi sia sulla quota del ricorrente che sulla sorte dell’aggiudicatario del bene, nelle more venduto.

Inoltre, nell’ipotesi in cui la Corte dovesse ravvisare l’inammissibilità del regolamento di competenza, in quanto rivolto avverso ordinanza che ha rigettato la richiesta di sospensione, si sollecita la questione di costituzionalità dell’art. 42 c.p.c. per contrasto con l’art. 111 Cost., ove interpretato in senso restrittivo, dovendosi per converso ritenere costituzionalmente obbligata la soluzione che assicura un rimedio impugnatorio anche avverso le ordinanze che deneghino la sospensione.

3. Il ricorso è inammissibile.

Ed, infatti, come puntualmente rilevato dal PM nelle sua requisitoria e come evidenziato anche dalle difese dei resistenti, costituisce orientamento consolidato di questa Corte quello secondo cui (cfr. Cass. n. 22784/2015) il regolamento necessario di competenza è ammesso soltanto contro l’ordinanza che dichiara, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., la sospensione del processo, e non contro il provvedimento che la neghi, poichè la formulazione letterale dell’art. 42 c.p.c., di carattere eccezionale, prevede un controllo immediato solo sulla legittimità del provvedimento sospensivo, che incide significativamente sui tempi di definizione del processo, e non anche di quello denegatorio (conf. ex multis Cass. n. 10957/2019; Cass. n. 12963/2012; Cass. n. 10593/2006; Cass. n. 8354/2007 nonchè Cass. S.U. n. 37/2001).

Nè appare fondato il dubbio di legittimità costituzionale sollevato dalla difesa del ricorrente per la soluzione che nega l’ammissibilità del regolamento di competenza avverso l’ordinanza di diniego della sospensione, avendo questa Corte altresì affermato essere manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale di tale previsione, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., in quanto la proponibilità del regolamento di competenza avverso il provvedimento che dichiara la sospensione si fonda sull’esigenza di assicurare un controllo immediato avverso un provvedimento idoneo ad arrecare un irrimediabile pregiudizio alla parte che ne contesta la fondatezza, mentre, nell’ipotesi di rigetto della richiesta di sospensione, l’illegittimità del provvedimento può utilmente dedursi con l’impugnazione della sentenza resa all’esito del processo e, ove ritenuta sussistente, determina la riforma o la cassazione della sentenza resa in violazione delle norme sulla sospensione necessaria (Cass. n. 6174/2005; Cass. n. 1010/1997; Cass. n. 15843/2000; Cass. n. 13126/2003).

Nè appare idoneo ad immutare tale conclusione il richiamo all’art. 111 Cost. quale parametro di riferimento costituzionale, atteso che il differente trattamento dell’ordinanza di rigetto della sospensione rispetto a quella di accoglimento si fonda sulla diversità di effetti che l’ordinanza stessa determina e sull’esigenza di privilegiare il principio della durata ragionevole del processo, del pari consacrato dall’art. 111 Cost. che rischierebbe di essere esposto ad un non lieve pregiudizio ove l’ordinamento non apprestasse un sollecito rimedio per assicurare l’immediata verifica della legittimità dell’ordinanza che abbia disposto la sospensione per pregiudizialità.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo con attribuzione all’avvocato Nicola Neri per gli eredi di M.S., ed all’avvocato Tommaso Longo per M.E., essendosi entrambi dichiaratisi anticipatari.

Deve tuttavia escludersi che ricorrano i presupposti per la condanna ex art. 96 c.p.c. richiesta dalla difesa di M.E..

5. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per la stessa impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

condanna il ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio in favore dei resistenti che liquida per M.E. in complessivi Euro 8.200,00 di cui Euro 200,00 per spese vive, oltre accessori di legge con attribuzione all’avvocato Tommaso Longo, e per gli eredi di M.S. in complessivi Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00per spese vive, oltre accessori di legge, con attribuzione all’avvocato Nicola Neri;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 4 dicembre 2019

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