Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3169 del 12/02/2014
Civile Sent. Sez. 1 Num. 3169 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: DIDONE ANTONIO
Data pubblicazione: 12/02/2014
SENTENZA
sul ricorso 28518-2007 proposto da:
JAM S.P.A. (P.I. 01339980425), già JAM S.R.L., in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARIA
CRISTINA 8, presso l’avvocato GOBBI GOFFREDO,
rappresentata e difesa dall’avvocato MINUCCI
2013
MAURIZIO, giusta procura a margine del ricorso;
1945
–
ricorrente
–
contro
VI.BE .MAC.
S.R.L.,
in
persona
del
legale
1
rappresentante
pro
tempore,
elettivamente
domiciliata in ROMA, LARGO LA LOGGIA GAETANO 33,
.1
presso l’avvocato CARROZZINI ADALBERTO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato
TOGNETTI CORRADO, giusta procura a margine del
controricorso;
0 42.64- 05-02 :5C
– controricorrente contro
SIBROTEK S.R.L., C.L. CONFEZIONI S.D.F. DI PALOMBI
E PAIALUNGA, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE
DI APPELLO DI ANCONA;
– intimati –
avverso la sentenza n.
•
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68/2007 della CORTE
D’APPELLO di ANCONA, depositata il 24/02/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 09/12/2013 dal Consigliere
Dott. ANTONIO DIDONE;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato G. GOBBI, con
delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per la controricorrente,
l’Avvocato C.
TOGNETTI che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.
e
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Ritenuto in fatto e in diritto
1.-
La JAM S.r.l. – dopo il procedimento di descrizione
ex art. 81 R.D. n. 1127/1939 – convenne in giudizio dinanzi
al Tribunale di Urbino la Vl.BE.MAC S.r.l., la SIBROTEK
S.r.l. e la C.L. CONFEZIONI società di fatto chiedendo di
accertare la violazione da parte delle convenute dei
diritti spettanti ad essa attrice in virtù della
presentazione in data 4 giugno 1993 di una domanda di
brevetto per invenzioni industriali avente ad oggetto un
procedimento di lavorazione automatica per la cucitura di
tasche a toppa prestirata, di condannare la Vl.BE.MAC
S.r.l. a non ripetere in futuro l’attività di
contraffazione, di ordinare il ritiro dal commercio delle
macchine prodotte dalla VI.BE.MAC. S.r.l., commercializzate
dalla SIBROTEK e utilizzate dalla C.L. Confezioni, di
condannare le convenute al risarcimento dei danni da
liquidarsi in separato giudizio ovvero, in via subordinata,
al pagamento di un indennizzo ex art. 2041 c.c., di
condannarle al pagamento di una somma da stabilirsi in
corso di giudizio per ogni violazione successivamente
accertata e di ordinare la pubblicazione della emananda
sentenza su quotidiani.
Costituitasi in giudizio, la VI.BE.MAC S.r.l. contestò, con
riguardo al brevetto azionato da controparte, il requisito
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della novità,
evidenziando in particolare che essa
convenuta aveva presentato in data 29 ottobre 1992 una
domanda di brevetto per modello di utilità nel quale
venivano descritti mezzi tali da consentire di agevolare il
caricamento ed il posizionamento di lembi di stoffa in
corrispondenza degli organi di cucitura; sostenne, citando
esempi, l’esistenza in commercio di dispositivi atti a
determinare la traslazione del tessuto dalla zona della sua
introduzione a quella operativa della macchina da cucire,
dedusse la nullità e/o l’inefficacia della domanda di
brevetto depositata dall’attrice in data 4 giugno 1993 e
concluse chiedendo il rigetto delle domande formulate da
quest’ultima e chiedendo, in via riconvenzionale la
dichiarazione di nullità e/o l’inefficacia della domanda di
brevetto per modello di utilità n. MC93/41 e la condanna
dell’attrice al risarcimento dei danni conseguenti alla
proposizione della domanda di descrizione.
Anche la SIBROTEK S.r.l. si costituì chiedendo il rigetto
della domanda formulata nei suoi confronti sul rilievo di
avere semplicemente acquistalo dalla VI.BE .MAC S.r.l.
alcune macchine per cucire.
Intervenne in giudizio il P.M. e la causa, istruita in
particolare con l’espletamento di una C.T.U., venne decisa
con sentenza depositata il 27 luglio 2000 con la quale il
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Tribunale dichiarò l’inefficacia della domanda di brevetto
depositata dalla JAM, respinse nel resto le domande
formulate dalle parti e regolamentò le spese di lite.
La Corte di appello di Ancona, con la sentenza impugnata
confermò la decisione del
(depositata il 24.2.2007)
tribunale, tra l’altro rigettando preliminarmente
l’eccezione di nullità della sentenza perché emessa dal
Tribunale in composizione monocratica anziché in
composizione collegiale, come imposto dalla presenza del
P.M. e della domanda riconvenzionale di accertamento di
nullità del brevetto.
1.1.- Contro la sentenza di appello la s.r.l. JAM ha
proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Resiste con controricorso la VI.BE .MAC S.r.l. mentre non
hanno svolto difese la s.r.l. SIBROTEK e la s.d.f. C.L.
CONFEZIONI.
Nel termine di cui all’art. 378 c.p.c. la resistente ha
depositato memoria.
2.1. Con il primo motivo la società ricorrente denuncia la
violazione dell’art. 360, n. 4 c.p.c., «per nullità della
sentenza e dell’intero procedimento di secondo grado, quale
conseguenza derivata dalla violazione, non sanata, delle
norme di cui agli artt. 50 bis n. l, 50 quater c.p.c., art.
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48, comma 2, n. 2 Ord. Giud. (formulazione previgente) in
combinato disposto con gli artt. 70, n. 1, c.p.c. e 78, l °
comma, R.D. n. 1127/1939 (applicabile alla fattispecie)>>.
Lamenta che erroneamente sia stato rigettato il motivo di
appello con il quale aveva dedotto la nullità della
sentenza di primo grado, in quanto emessa dal Tribunale di
Urbino in veste di Giudice Monocratico, nonostante che la
domanda riconvenzionale proposta dalla convenuta, avente ad
oggetto la declaratoria di nullità del brevetto per
invenzione industriale ‘rivendicato’ dall’attrice,
imponesse l’intervento del pubblico ministero e la causa
fosse riservata, per tale motivo, alla cognizione del
Tribunale in composizione collegiale.
Deduce che la società convenuta aveva chiesto la
declaratoria di <
ritenuto dalla Corte territoriale.
Formula – ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile
ratione temporis – i seguenti quesiti:
<
«se, conseguentemente, il mancato rilievo, da parte della
Corte di merito, della dedotta nullità della sentenza di
prima istanza per difetto di collegialità, si traduca in
termini di nullità dell’intero procedimento d’appello
quando l’applicazione delle norme procedurali di secondo
grado – anziché quelle di primo grado cui si sarebbe dovuto
far riferimento – abbia pregiudicato la ricorrente ed
influito sulla decisione, portando ad escludere dal tema di
indagine un’eccezione, pur da questa sollevata in sede di
appello, in quanto non considerata dalle domande già
precisate in via definitiva nelle conclusioni rassegnate
dinanzi al Tribunale, in veste di Giudice Monocratico, di
prima istanza>>.
2.2.- Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi
dell’art. 360, n. 5, c.p.c. «insufficiente motivazione in
relazione a fatto controverso e decisivo per il giudizio>>,
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senza formulare la sintesi del fatto controverso ex art.
366 bis c.p.c.
3.- Il primo motivo del ricorso è inammissibile.
Invero, come questa Corte ha chiarito, il primo comma
dell’art. 10 c.p.c., è espressione di un principio valevole
anche al di fuori delle questioni specifiche di competenza
(Sez. 2, n. 3061/2002); principio dettato per la
competenza per valore ma esprimente un principio generale,
appunto e, come tale, applicabile anche in riferimento agli
altri tipi di competenza (Sez. 2, n. 1122/2007), e fa
riferimento, con criterio “a priori”, alla prospettazione
fornita dall’attore nella domanda (o, come nella concreta
fattispecie, alla domanda riconvenzionale).
L’accesso agli atti (consentito alla Corte dal tipo di
vizio denunciato ex art. 360 n. 4 c.p.c.: cfr. Sez. U, n.
8077/2012) conferma che la società convenuta ha proposto
domanda riconvenzionale diretta ad ottenere la declaratoria
di «nullità e/o inefficacia della domanda di brevetto per
modello di utilità n. MC93A/41 … nonché del relativo
brevetto che dovesse essere concesso in corso di causa».
La Corte di appello ha rigettato il motivo incentrato sulla
nullità ex art. 50 bis c.p.c. evidenziando che era stata
accolta la domanda riconvenzionale di nullità della domanda
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di brevetto senza avvedersi che, comunque, la domanda di
nullità del brevetto era stata formulata e il brevetto come dedotto dalla ricorrente e non contestato dalla
resistente – era stato effettivamente conseguito dalla
società attrice in corso di causa.
D’altra parte è noto che la mancanza di brevetto (ovvero la
inaccessibilità alla domanda) come la mancanza di
titolarità del brevetto non concesso o la nullità di esso o
la sua scadenza, in nessun modo precludono il potere di
agire in giudizio, rendendo improponibile la domanda di chi
voglia contestare il diritto a ottenere il brevetto di chi
ha proposto la richiesta indicata, salvo il rigetto
dell’azione proposta allorché al momento della decisione,
il brevetto non sia stato ancora rilasciato o la domanda di
brevetto non sia stata ancora resa accessibile ovvero il
brevetto sia nullo o il suo titolare ne sia decaduto. In
tutti questi casi, pertanto si ha non già una domanda
improponibile, ma una domanda infondata, versandosi in
ipotesi di carenza, non di presupposti, ma di condizioni
dell’azione (Sez. U, n. 6532/2008; Sez. I, n. 5529/2006).
La circostanza che la società convenuta non avesse proposto
appello incidentale avverso l’omessa pronuncia di nullità
del brevetto non toglie che, al momento della decisione di
primo grado, un brevetto c’era ed era stata dedotta la sua
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–
nullità. Tanto che al procedimento aveva partecipato il
pubblico ministero.
Sennonché, a ragione la società resistente invoca la
giurisprudenza di questa Corte secondo la quale l’eventuale
errore in ordine alla composizione collegiale o monocratica
del tribunale non dà luogo a rimessione della causa al
primo giudice; pertanto, il fatto che la corte d’appello
abbia giudicato sul presupposto della validità della
precedente pronuncia ovvero in sostituzione del tribunale,
dopo averne annullato la sentenza, può integrare un motivo
di ricorso per cassazione solo qualora risulti, e sia stato
dedotto dal ricorrente, che l’applicazione delle regole
processuali del giudizio di secondo grado, in luogo di
quelle di primo grado cui si sarebbe dovuto far
riferimento, ha influito sulla decisione (Sez. 1, Sentenza
n. 1476/2007).
La società ricorrente si duole proprio di ciò, che la Corte
di appello abbia ritenuto inammissibile, per violazione
dell’art. 345 c.p.c., la sua eccezione di nullità del
brevetto fatto valere dalla società convenuta. Per contro sostiene – se la Corte territoriale avesse dichiarato la
nullità della sentenza di primo grado, non avrebbe potuto
dichiarare inammissibile quella eccezione.
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Ma è facile obiettare che in tal caso l’eccezione di
nullità sarebbe stata comunque tardiva anche in relazione
al primo grado.
Infatti,
«l’inosservanza
delle
disposizioni
sulla
composizione collegiale o monocratica del tribunale
legittimato a decidere su una domanda giudiziale
costituisce, alla stregua del rinvio operato dall’art. 50
quater cod. proc. civ. al successivo art. 161, comma primo,
un’autonoma causa di nullità della decisione e non una
forma di nullità relativa derivante da atti processuali
antecedenti alla sentenza (e, perciò, soggetta al regime di
sanatoria implicita), con la sua conseguente esclusiva
convertibilità in motivo di impugnazione e senza che la
stessa produca l’effetto della rimessione degli atti al
primo giudice se il giudice dell’impugnazione sia anche
giudice del merito,
oltre a non comportare la nullità degli
atti che hanno preceduto la sentenza nulla»
(Sez. U,
Sentenza n. 28040 del 25/11/2008).
E se la dichiarazione di nullità della sentenza non
comporta la nullità degli atti precedenti a maggior ragione
non autorizza la proposizione tardiva di un’eccezione non
rilevabile d’ufficio (Sez.
1, n.
13090/2013) e non
sollevata nei termini di cui all’art. 183 c.p.c.
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L’inammissibilità del primo motivo per carenza di interesse
e l’inammissibilità del secondo motivo per violazione
dell’art. 366 bis c.p.c. (per omessa formulazione della
sintesi del fatto controverso) impongono la declaratoria di
Le spese del giudizio di legittimità – liquidate in
dispositivo – seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la
società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità liquidate nella misura di euro 5.200,00 di cui
euro 200,00 per esborsi , oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 9
dicembre 2013
inammissibilità del ricorso.