Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31674 del 06/12/2018

Cassazione civile sez. I, 06/12/2018, (ud. 30/10/2018, dep. 06/12/2018), n.31674

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22607/2017 proposto da:

E.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Cassiodoro n.

6, presso lo studio dell’avvocato Costa Maria Rosaria, rappresentato

e difeso dall’avvocato Gurrado Vincenzo, giusta procura in calce la

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

contro

Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione

Internazionale di Crotone e Procura Generale presso la Corte

D’appello di Potenza;

– intimati –

avverso la sentenza n. 117/2017 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 28/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/10/2018 dal Cons. Dott. DI MARZIO MAURO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza del 28 febbraio 2017 la Corte d’appello di Potenza ha respinto l’appello proposto da E.A. nei confronti del Ministero dell’interno, della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale e del Procuratore generale presso la Corte d’appello, avverso l’ordinanza con cui il locale Tribunale aveva confermato il diniego da parte della Commissione della protezione internazionale e di quella umanitaria.

2. – Per la cassazione della sentenza E.A. ha proposto ricorso per tre mezzi.

Il Ministero dell’interno ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, censurando la sentenza impugnata sul rilievo che la Corte d’appello non avrebbe applicato il principio dell’onere probatorio attenuato vigente nella materia ed avrebbe omesso di valutare la credibilità del richiedente alla luce dei parametri stabiliti dall’art. 3 del D.Lgs. citato in rubrica.

Il secondo motivo denuncia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, censurando la sentenza impugnata per aver escluso la sussistenza dei presupposti per la protezione sussidiaria.

Il terzo motivo denuncia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, censurando la sentenza impugnata per aver escluso la sussistenza dei presupposti per la protezione umanitaria.

2. – Il ricorso va respinto.

2.1. – Il primo motivo è infondato.

Infondato è anzitutto l’assunto del ricorrente secondo cui la Corte territoriale avrebbe violato il principio della cooperazione istruttoria vigente nella materia: detto principio, difatti, trova applicazione esclusivamente con riguardo alle condizioni oggettive del paese di provenienza, e non alle condizioni individuali del soggetto, che il giudice di merito non è tenuto, e del resto non potrebbe, accertare officiosamente (v. in argomento Cass. 31 maggio 2018, n. 14006; Cass. 31 maggio 2018, n. 13858).

Nel caso in esame E.A. ha dedotto a sostegno della domanda violenze e coartazioni subite dal padre e dalla setta religiosa cui questi apparteneva, sicchè, al riguardo, detto onere di cooperazione istruttoria non sussisteva punto, mentre sussisteva in riferimento alle condizioni generali dell’area di provenienza, riguardo alle quali l’accertamento officioso, come si vedrà nell’esame del secondo motivo, è stato debitamente eseguito.

Infondato è poi l’assunto secondo cui la Corte d’appello avrebbe violato le regole concernenti la valutazione di credibilità individuale del richiedente, giacchè il giudice di merito ha negato in radice che E.A. avesse allegato ragioni tali da giustificare il riconoscimento della protezione richiesta (si veda in particolare a pagina 9 della sentenza impugnata), affermazione, questa, pienamente conforme al principio secondo cui solo quando colui che richieda il riconoscimento della protezione internazionale abbia adempiuto all’onere di allegare i fatti costitutivi del suo diritto, sorge il potere-dovere del giudice di accertare la sussistenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda, in particolare nella fattispecie disciplinata dal D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 14, lett. c (Cass. 28 giugno 2018, n. 17069).

2.2. – Il secondo motivo è inammissibile.

Il giudice di merito si è ampiamente soffermato sulla situazione dell’area di provenienza del ricorrente (sud della Nigeria), citando la documentazione pertinente e attraverso questa ha escluso che nel villaggio nigeriano da cui E.A. proveniva ricorresse una situazione di violenza generalizzata.

Trattasi di accertamento di merito insindacabile in questa sede poichè correttamente fondato sulla documentazione di cui si è detto.

2.3. – Il terzo motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., u.c., norma senz’altro applicabile al giudizio di impugnazione di cui all’allora vigente del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19.

3. – Le spese seguono la soccombenza. Non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato trattandosi di ricorrente ammesso al patrocinio a spese dello Stato (Cass. 5 giugno 2017, n. 13935).

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2000,00 per compenso, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara che non sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 30 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2018

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