Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3167 del 11/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 11/02/2020, (ud. 02/10/2019, dep. 11/02/2020), n.3167

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4871-2019 proposto da:

A.O., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ROSARIA TASSINARI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. 5111/2018 del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato

il 27/19/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARINA

MELONI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Bologna sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con decreto in data 27/12/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Cesena in ordine alle istanze avanzate da A.O. nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo proveniente dalla Nigeria aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di essere fuggito dal proprio paese per trovare lavoro in Libia come camionista. Lì era stato venduto come schiavo dal suo datore di lavoro e infine costretto ad imbarcarsi per l’Italia. Avverso la sentenza del Tribunale di Bologna il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3 e 5, per aver ritenuto non credibile il ricorrente.

La censura, oltre a contenere una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione della corte territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento, non è pertinente. Infatti il Tribunale ha considerato credibili le affermazioni del ricorrente nella parte in cui riferisce di essere partito dal suo paese a causa delle condizioni di estrema povertà ma ha ritenuto che la vicenda come narrata non rientri tra quelle che giustificano la protezione internazionale.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. C), riguardo all’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Il motivo di ricorso contiene una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione del Tribunale territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento alla luce delle informazioni aggiornate tratte da una pluralità di fonti accreditate, che il decreto non ha mancato di indicare puntualmente.

La parte non può, invero, rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poichè la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (Cass., 07/12/2017, n. 29404; Cass., 04/08/2017, n. 19547; Cass., 02/08/2016, n. 16056).

Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1988, art. 5, comma 6, riguardo alla mancata concessione della protezione per motivi umanitari in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

In ordine alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria il motivo si rileva inammissibile, a prescindere da ogni questione concernente l’applicazione al caso di specie della normativa recentemente introdotta dal D.L. n. 113 del 2018, convertito con modificazioni dalla L. n. 132 del 2018, in quanto censura l’accertamento di merito compiuto dal Tribunale in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente: il ricorrente invero, a fronte della valutazione espressa con esaustiva indagine officiosa dalla Corte di merito (in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede) circa la insussistenza nella specie di situazioni di vulnerabilità, non ha neppure indicato se e quali ragioni di vulnerabilità avesse allegato, diverse da quelle esaminate nel provvedimento impugnato.

Per quanto sopra deve essere dichiarato inammissibile il primo motivo ed infondato il secondo. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva del Ministero.

Infine deve darsi atto che non sussistono nella specie i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso e rigetta il secondo motivo di ricorso. Non ricorrono i presupposti processuali per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione della Corte di Cassazione, il 2 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2020

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