Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3166 del 12/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 3166 Anno 2014
Presidente: RORDORF RENATO
Relatore: DI VIRGILIO ROSA MARIA

SENTENZA

sul ricorso 7769-2007 proposto da:
SGATTONI FRANCESCO, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEL CASALETTO 527, presso l’ing. RAIA
AVIO, rappresentato e difeso dall’avvocato GAETANI

Data pubblicazione: 12/02/2014

GAETANO, giusta procura a margine del ricorso;
, S&1fiJ C *-P-C 05″ e 2,0″M –

– ricorrente –

2013
1913

contro

FALLIMENTO BELSITO S.R.L.;
– intimato –

avverso la sentenza n.

587/2006 della CORTE

1

D’APPELLO di ANCONA, depositata il 23/12/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/12/2013 dal Consigliere Dott. ROSA
MARIA DI VIRGILIO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

per, in via principale l’inammissibilità, nel merito
per il rigetto del ricorso.

Generale Dott. CARMELO CELENTANO che ha concluso

2

Svolgimento del processo
Sgattoni Francesco chiedeva l’insinuazione al passivo del
Fallimento della Belsito s.r.1.:
per lire 2.314.000 in prededuzione, per quanto corrisposto
coattivamente all’Inps il 4/12/1996 ed il 17/3/1998, quale

amministratore della società e condebitore solidale, a
seguito del pignoramento subito, nelle more del fallimento
dichiarato dal Tribunale di Ascoli Piceno il 26/7/1991,
revocato con sentenza della Corte d’appello di Ancona
n.336/00 per incompetenza territoriale di detto Tribunale;
per lire 790.253.777 in via chirografaria, per il prestito
erogato alla società ed iscritto nel bilancio relativo
all’anno 1990, sottoscritto quale amministratore e
depositato presso la Cancelleria commerciale del Tribunale
di Ascoli Piceno il 27/7/1991.
Nello stato passivo divenuto esecutivo il 3/7/1991, la
domanda dello Sgattoni non veniva ammessa “perché verte su
credito prescritto ai sensi dell’art. 2956 c.c. e comunque
ex art.2946 c.c.”
Il Tribunale di Fermo, con sentenza n.1022 del 26/112/12/2003, respingeva l’opposizione allo stato passivo
proposto dallo Sgattoni, rilevando, quanto all’ammissione
del credito in regresso per la somma pagata all’Inps, che
la parte non aveva prodotto le relative quietanze pur
indicate nell’indice dei documenti del proprio fascicolo,
senza che fosse sollevata dall’onere probatorio per effetto
3

dell’eccezione di prescrizione presuntiva sollevata dalla
Curatela, non trattandosi di credito che soggiace al regime
della prescrizione ex art.2956 c.c.; quanto al credito per
finanziamenti a favore della società: l) che era fondata
l’eccezione di prescrizione essendo state le somme,

iscritte nel bilancio relativo all’anno 1990, erogate in
tale anno ed essendo il credito di restituzione
immediatamente esigibile, da cui il decorso del termine al
momento della domanda di ammissione, e non dalla data del
fallimento; 2) che non avevano valenza interruttiva le
dichiarazioni del rag.Filippo Lucani, curatore del
fallimento dichiarato dal Tribunale di Ascoli Piceno e poi
revocato, giacchè l’interruzione ex art.2944 c.c. postula
che il riconoscimento del diritto sia effettuato dalla
parte contro cui può essere fatto valere il diritto, tale
non essendo il curatore, né le missive inviate dallo
Sgattoni alla società fallita, prive di data certa; 3) che
era inammissibile il giuramento decisorio

de ventate

deferito al curatore del Fallimento.
La Corte d’appello di Ancona, con sentenza 14/12/0623/12/06, ha respinto l’appello proposto dallo Sgattoni.
Lo Sgattoni, col primo motivo, in relazione alla mancata
ammissione in prededuzione del credito di lire 2.314.000,
si era doluto della mancata decisione del Giudice
dell’opposizione

sull’istanza

proposta

a

verbale

dell’udienza dell’8/5/2002, di autorizzazione al ritiro
4

presso

la

Cancelleria

dell’insinuazione;

fallimentare

del

fascicolo

aveva dedotto che l’eccezione di

prescrizione presuntiva esonerava la parte dall’onere di
provare il credito; aveva censurato la mancata indicazione
da parte del Tribunale delle questioni rilevabili d’ufficio

e la mancata acquisizione d’ufficio dal fascicolo
fallimentare della domanda di ammissione e dei relativi
documenti.
A riguardo, la Corte del merito ha rilevato che il giudice
dell’opposizione può acquisire il fascicolo fallimentare,
ma trattasi di mera facoltà, il cui mancato esercizio non
esonera la parte dalle conseguenze del mancato assolvimento
ai propri oneri probatori; l’opponente, del resto, avrebbe
potuto ben ottenere dal Giudice delegato l’autorizzazione a
ritirare le quietanze di pagamento o ad estrarre copia
delle stesse; né l’eccezione di prescrizione presuntiva
della Curatela valeva quale ammissione del
costitutivo del debito;

fatto

né le indicazioni di cui

all’art.183,3 ° coma c.p.c. potevano valere a sopperire
alle carenze probatorie della parte.
Quanto al credito avente ad oggetto la somma di lire
792.567.777, la Corte anconetana ha rilevato che ai fini
dell’interruzione della prescrizione rileva la sola domanda
di ammissione al passivo e non l’atto stragiudiziale di
messa in mora, sia che venga rivolto verso il fallito che
verso il curatore; che il versamento di parte delle somme
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mutuate non valeva quale rinuncia alla prescrizione, alla
data del pagamento non ancora compiuta, non assumendo il
valore di fatto incompatibile con la volontà di valersi del
fatto estintivo; che non poteva valutarsi la fondatezza
della controeccezione della rinuncia alla prescrizione

derivante dalla indicazione di Sgattoni quale creditore
della Belsito nella domanda di ammissione al concordato
preventivo, non essendo stata prodotta detta domanda; che
dal bilancio dell’anno 1990 risultava il credito di lire
790.253.777 del “socio F.Sgattoni c/f”, ma che il deposito
presso la Cancelleria commerciale era avvenuto il
27/7/1991, e quindi dopo la dichiarazione di fallimento del
26/7/1991, onde il riconoscimento era stato effettuato da
soggetto diverso da quello contro cui si poteva far valere
il diritto, non rilevando la successiva revoca del
fallimento.
Ne conseguiva la prescrizione decennale del diritto.
Avverso detta pronuncia ricorre lo Sgattoni, con ricorso
affidato a nove motivi.
Il Fallimento non ha svolto difese.
Motivi della decisione
1.1.- Con il primo motivo, lo Sgattoni denuncia il vizio di
violazione e falsa applicazione del diritto di difesa e del
principio del contraddittorio, la nullità della sentenza e
del procedimento, per la mancata acquisizione della domanda

6

di insinuazione al passivo e per il mancato esercizio del
potere di acquisizione d’ufficio del fascicolo.
2.1.- Il motivo è infondato.

Come affermato, tra le altre, nelle pronunce 22711/2010,

24415/09 e 10118/2006, nel giudizio di opposizione a stato
passivo, regolato dal principio dispositivo, quanto
qualunque ordinario giudizio di cognizione a natura
contenziosa, diversamente da quello di opposizione a
sentenza dichiarativa di fallimento (nel regime anteriore
alla riforma)- nel quale il fascicolo della procedura è
acquisibile di ufficio, in ragione della natura
inquisitoria del procedimento che porta all’apertura del
fallimento e del quale l’opposizione costituisce la
prosecuzione – materiale probatorio è quello prodotto dalle
parti o acquisito dal giudice, ai sensi degli artt. 210 e
213 c. p. c., ed è solo quel materiale che ha titolo a
restare nel processo.

E conseguentemente, nella pronuncia 28302/05 è stato
affermato che il giudice dell’opposizione allo stato
passivo può acquisire il fascicolo fallimentare e da esso
eventualmente desumere elementi o argomenti di prova, ma
trattasi di facoltà, il cui mancato esercizio non esonera
la parte dalle conseguenze del mancato assolvimento
dell’onere probatorio.

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V’è inoltre da rilevare che la Corte del merito ha
evidenziato in fatto che la parte ben avrebbe potuto
richiedere al Giudice delegato l’autorizzazione al ritiro
delle quietanze di pagamento o ad estrarre copia delle
stesse e nei confronti di detto rilievo l’odierno

ricorrente si è limitato ad indicare del tutto
genericamente che la Cancelleria fallimentare non ha
rilasciato il fascicolo ” in difetto dell’autorizzazione
del G.I. e del G.D.”.
1.2.- Col secondo motivo, il ricorrente denuncia la
violazione degli artt.2697 e 2719 c.c.
La parte sostiene di avere allegato al proprio fascicolo al
momento della costituzione in primo grado nel giudizio di
opposizione allo stato passivo, ai nn.1 e 2, una copia
delle quietanze di pagamento depositate nel fascicolo
dell’insinuazione allo stato passivo, mentre il Tribunale
ha ritenuto che detto fascicolo, al momento della
decisione, non conteneva le ricevute in oggetto, e la Corte
del merito ha ritenuto corretto il comportamento del
Tribunale.
2.2.- Il motivo è inammissibile.
La sentenza impugnata ha specificamente indicato che il
Tribunale aveva concluso per il mancato assolvimento da
parte dello Sgattoni all’onere probatorio sullo stesso
gravante, per non avere “prodotto le relative quietanze pur
8

indicate nell’indice dei documenti del proprio fascicolo” e
non v’è in sentenza alcun elemento che possa indurre a
credere che il mancato rinvenimento documentale fosse
riferibile agli originali e non già alle copie; anzi, nella
pronuncia si stigmatizza l’operato della parte, che avrebbe

ben potuto essere autorizzato dal Giudice delegato a
ritirare le quietanze di pagamento “o ad estrarre copia
delle stesse”, con ciò confermandosi la mancanza in atti
delle quietanze, anche sotto forma di copie.
1.3.- Col terzo motivo, lo Sgattoni denuncia la violazione
dell’art. 2959 c.c., sostenendo che il Fallimento aveva
ammesso l’esistenza del credito in giudizio, né dato la
prova dell’estinzione dello stesso, e che in ogni caso, la
prova era data dall’unico progetto di riparto parziale
delle somme disponibili del fallimento dichiarato dal
Tribunale di Ascoli Piceno (doc.d).
2.3.- Il motivo è inammissibile.
Va a riguardo rilevato che la Corte territoriale, nel
riportare la motivazione resa sul punto dal primo Giudice,
ha reso proprio il rilievo che il credito di cui si tratta
non rientra nel regime delle prescrizioni presuntive ex
art. 2956 c.c., così privandosi di valore in radice le
deduzioni del ricorrente, che non sono in alcun modo
indirizzate a censurare tale affermazione.
Ed inoltre, la parte non ha neppure dedotto di avere fatto
valere avanti alla Corte del merito, quale fatto in tesi
9

ammissivo dell’esistenza del credito da parte del
Fallimento, la produzione del progetto di riparto parziale
delle somme del Fallimento approvato dal Tribunale di
Ascoli Piceno(fallimento poi revocato dalla Corte d’appello
di Ancona), e di cui si duole in ricorso.

1.4.- Col quarto mezzo, il ricorrente si duole della
“violazione del principio dispositivo, nullità della
sentenza e omessa motivazione sul punto decisivo della
controversia, ai sensi dell’art.360 n.3, 4 e 5 c.p.c., in
relazione all’eccezione di prescrizione del credito di lire
790.253.777 per il mutuo erogato dallo Sgattoni alla
società, ex artt. 2496 e 2499 c.c.”.
In esito al motivo, la parte ha articolato un unico
quesito,prospettato in forma interrogativa:” Vero che
costituisce violazione del principio dispositivo accogliere
l’eccezione di prescrizione ordinaria, solo
subordinatamente dedotta dall’avversario, dopo la
formulazione dell’eccezione di prescrizione breve?”
2.4.- Il motivo è infondato.
L’orientamento nettamente prevalente è nel senso che in
tema di prescrizione estintiva, l’elemento costitutivo
della relativa eccezione è l’inerzia del titolare del
diritto fatto valere in giudizio e la manifestazione della
volontà di profittare dell’effetto ad essa ricollegato
dall’ordinamento, mentre la determinazione della durata
della predetta inerzia, al pari delle norme che la
10

disciplinano, rappresenta una mera “quaestio juris”, la cui
identificazione spetta al potere-dovere del giudice, previa
attivazione del contraddittorio sulla relativa questione;
ne consegue che non incorre nelle preclusioni (nella
specie, ex artt. 416 e 437 cod. proc. civ.) la parte che,

proposta originariamente un’eccezione di prescrizione
quinquennale (in materia di interessi su somme tardivamente
corrisposte a titolo di pensione di invalidità civile),
invochi nel corso del giudizio la prescrizione ordinaria
decennale, o viceversa(Cass. 21752/2010, 28292/2011,
11843/2007).
1.5.- Col quinto motivo, lo Sgattoni denuncia la violazione
e falsa applicazione degli artt. 1183, 1816, 1817, 2935,
2946 c.c., sostenendo che, in esito alla pronuncia di primo
grado, si era formato il giudicato in relazione alla natura
del prestito ed alla sua soggezione al termine decennale di
prescrizione, rimanendo invece aperta la sola questione
relativa al dies a quo della prescrizione e che la Corte
del merito non avrebbe esaminato tale punto, limitandosi a
ribadire la prescrizione decennale.
Nel mutuo, continua il ricorrente, non può operare il
principio dell’esigibilità immediata ex art.1183, 1 0 comma
c.c., atteso che la dilazione è connaturata al mutuo, tanto
che in caso di mancata fissazione convenzionale del
termine, l’art.1817 c.c. affida al giudice la fissazione, e
nel caso, anche considerando la data di dichiarazione del
11

primo fallimento del 26/7/91, il termine prescrizionale non
era comunque compiuto alla data della domanda di
insinuazione al passivo del 22/5/2001.
2.5.- Il motivo è inammissibile.
Va rilevato infatti che nella sentenza impugnata la
dies a quo della prescrizione non

risulta in alcun modo toccata, né la parte ha dedotto di
avere sollevato detta questione avanti alla Corte
territoriale, da cui l’inammissibilità per novità della
stessa.
Sul principio, si vedano le pronunce 14599/05 e 2270/06,
che hanno affermato che nel giudizio di cassazione, è
preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni
che postulino indagini ed accertamenti di fatto non
compiuti dal giudice del merito, a meno che tali questioni
non abbiano formato oggetto di gravame o di contestazione
nel giudizio di appello, nel rispetto del contraddittorio
ed in conformità della regola tassativa secondo cui i
motivi di appello devono essere esposti tutti
esclusivamente nell’atto di appello; ove una determinata
questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto
– non risulti trattata in alcun modo nella sentenza
impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione
in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione
di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere
non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione

questione relativa al

innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale
atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dare modo
• alla Corte di cassazione di controllare “ex

actis”

la

veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel
merito la questione stessa.
il ricorrente denuncia la

1.6.- Col sesto motivo,

violazione dell’art.1988 c.c., per il mancato rilievo della
ricognizione del debito da parte della società e delle due
Curatele del Fallimento, come risultante dalla “copiosa
corrispondenza intercorsa tra l’opponente, le curatele e la
società in bonis.”
2.6.- Il motivo è inammissibile, alla stregua della
formulazione del quesito di diritto, totalmente incongruo
rispetto alla censura del motivo(il quesito è così
articolato:”A chi spettava la rappresentanza della società
se non all’amministratore o al curatore nelle more del
fallimento o durante il periodo in bonis?”), nonché avuto
riguardo al riferimento del tutto generico alla del tutto
indistinta “copiosa corrispondenza” .
1.7.- Col settimo motivo, il ricorrente denuncia la
violazione dell’art.2943 c.c. per interruzione della
prescrizione del credito di lire 790.253.777 e vizio di
motivazione,

omessa, insufficiente e contraddittoria, in

relazione a punto decisivo della controversia.
Il ricorrente lamenta la mancata valutazione, ai fini
interruttivi della prescrizione, del proprio ricorso per
13

revocazione ex art.102 1.f. del 3/10-5-2000, depositato
presso il Tribunale di Ascoli Piceno.
2.7.- Il motivo è inammissibile, atteso che detto fatto non
risulta preso in esame dalla Corte territoriale, né la
parte ha dedotto di avere fatto valere detta circostanza né

ha indicato quando e come avrebbe prodotto detto documento,
né se avesse censurato la sentenza di primo grado per non
averlo preso in considerazione.
Ed inoltre, il quesito è del tutto generico e ben poco
congruente con il motivo, essendo formulato come segue:

\\

Vero che la domanda giudiziale costituisce atto idoneo
all’interruzione della prescrizione da parte del titolare,
ai sensi dell’art.2943 c.c.?”
1.8.- Con l’ottavo motivo, il ricorrente si duole della
“violazione dell’art.2944 c.c., ai sensi dell’art.360 n. 3
e n. 5 c.p.c., per falsa applicazione dell’interruzione
della prescrizione per effetto di riconoscimento del
credito di lire 790.253.777 ed insufficiente e
contraddittoria motivazione su un punto decisivo della
controversia”.
La parte sostiene che il bilancio 1990 della Belsito è
stato sottoscritto il 30 giugno 1991 dall’amministratore ,‘
unico della società

in bonis(lo

stesso Sgattoni), e

pertanto costituisce valido atto interruttivo della

l

prescrizione del credito della parte, in quanto riporta il
nome del creditore, la causale, l’entità del mutuo, ed è
14

erronea l’affermazione della Corte del merito, che ha

collegato l’efficacia interruttiva delle risultanze del

bilancio al deposito dello stesso, avvenuto il giorno
successivo alla dichiarazione di fallimento, da cui il
riconoscimento avvenuto da soggetto diverso da quello nei

cui confronti andava fatto valere il diritto.
2.8.- Il motivo è inammissibile, avuto riguardo alla
generica indicazione del credito come riportato in
bilancio, nonché alla mancata specifica indicazione della
sede processuale ove è rinvenibile detto documento, con ciò
violandosi il disposto di cui all’art. 366 n.6 c.p.c., come
interpretato dalle Sezioni unite, nella pronuncia
7161/2010, seguita dalla pronuncia, resa a sezione
semplice, 17602/2011.
1.9.- Col nono motivo, il ricorrente denuncia violazione e
falsa applicazione dell’art. 2937, 3 ° comma c.c., e vizio
di motivazione insufficiente e contraddittoria, in
relazione alla rinuncia alla prescrizione, facendo valere
la domanda di revocatoria del Fallimento, “mirante al
recupero delle somme rimborsate dalla società
all’amministratore”.
2.9.- Il motivo è inammissibile, per la genericità della
deduzione, nonché per la mancata specifica indicazione del
documento, costituito dalla domanda di revocatoria del
fallimento, del quale la parte neppure deduce l’avvenuta
.

produzione avanti al Giudice del merito e la sottoposizione
15

a questi della relativa questione ( e dalla sentenza non è
dato ricavare alcune elemento in ordine alla prospettazione
della questione, che ,quindi, va ritenuta nuova e pertanto
inammissibile).
3.1.- Conclusivamente, va respinto il ricorso.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, in data 4 dicembre 2013
,,-Il Presi ente

Nulla sulle spese, non essendosi costituita l’intimata.

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