Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31650 del 06/12/2018

Cassazione civile sez. lav., 06/12/2018, (ud. 26/09/2018, dep. 06/12/2018), n.31650

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28390-2017 proposto da:

MERIDIANA FLY S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE

21/23, presso lo studio degli avvocati CARLO BOURSIER NIUTTA,

MARCELLO DE LUCA TAMAJO, ANTONIO ARMENTANO, che la rappresentano e

difendono giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

V.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANDREA BORDONE, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1935/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 30/10/2017 r.g.n. 867/2017.

Fatto

RILEVATO CHE:

il Tribunale di Busto Arsizio, con sentenza nr. 276 del 2017, rigettava l’opposizione, L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 51 e ss., proposta da Meridiana Fly Spa (di seguito, per brevità, Meridiana) e dichiarava l’illegittimità del licenziamento intimato a V.G., con ordine di reintegrazione ed ogni conseguenza risarcitoria;

la Corte di Appello di Milano, investita con reclamo di Meridiana, con sentenza nr. 1935 del 2017, lo respingeva;

per quanto qui di rilievo, la Corte territoriale escludeva la sussistenza della condotta contestata al lavoratore (aver omesso la comunicazione, sia all’INPS che all’Azienda, di svolgere attività lavorativa regolarmente remunerata durante il periodo di CIGS, così da percepire indebitamente le somme erogate a sostegno del reddito), posto che, nella fattispecie, si trattava di attività di addestramento necessaria al mantenimento della abilitazione al volo, in relazione alla quale, sulla base della circolare INPS nr. 94 dell’8.7.2011, non sussistenza un obbligo di comunicazione preventiva e neppure un divieto di cumulo; al riguardo, i giudici osservavano che, secondo la disciplina vigente per il personale navigante, il lavoratore doveva inoltrare, sia all’INPS che al datore di lavoro, l’autocertificazione attestante l’attività di addestramento, indicando i relativi periodi (modelli SR83 e SR85); nel caso concreto, il dipendente aveva adempiuto un tale obbligo mentre l’unica violazione ravvisabile appariva essere la mancata comunicazione a Meridiana del mutamento di status così come richiesto dalle direttive aziendali: tuttavia, per detta violazione, le parti collettive stabilivano una sanzione meramente conservativa;

per la cassazione della sentenza, ha proposto ricorso Meridiana, affidato ad un unico ed articolato motivo, illustrato con memoria;

ha resistito, con controricorso, il lavoratore.

Diritto

RITENUTO CHE:

con un unico motivo, Meridiana deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 86 del 1988, art. 8, commi 4 e 5, convertito in L. n. 160 del 1988 e dell’art. 1 disp. gen. nonchè degli artt. 1362 e 1363 c.c.nella interpretazione della circolare INPS n. 94 dell’8.7.2011 e dell’art. 2119 c.c.;

la società censura la sentenza per aver offerto una lettura parziale delle circolari INPS e, comunque, contraria alla disciplina di legge; si duole della ritenuta insussistenza di una giusta causa di licenziamento, pur in presenza di una condotta posta in violazione di legge;

il motivo è infondato;

l’interpretazione della circolare resa dalla Corte di appello non può, in questa sede, essere messa in discussione; la parte ricorrente non ha riprodotto, nel ricorso per cassazione, il contenuto integrale della circolare nr. 94 del 2011 (così come non ha trascritto quello della circolare nr. 130 del 2010), sicchè è impedita la valutazione di fondatezza dei rilievi mossi;

è principio consolidato di questa Corte (in ultimo, e proprio con riferimento all’omessa trascrizione di circolari, Cass. nr. 16437 del 2018, in motivazione) quello secondo cui la parte che, nella presente sede, intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento (nella specie, la circolare) da parte del giudice di merito ha il duplice onere di indicare esattamente nell’atto introduttivo in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione e di evidenziarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nei suoi esatti termini, al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo (Cass. n. 26174 del 2014);

in ogni caso, l’interpretazione delle circolari costituisce un accertamento di fatto istituzionalmente riservato al giudice del merito, sindacabile in sede di legittimità solo per violazione delle regole di cui agli art. 1362 c.c. e ss. o per vizio della motivazione (Cass. nr. 11114 del 2002, paragr.3.1.); nel primo caso (id est: come error in iudicando), attraverso la deduzione non solo della regola interpretativa violata ma anche – e specificamente – del modo in cui il ragionamento del giudice si sia da essa discostato;

nel caso di specie, a ben vedere, la censura si limita alla prospettazione di un risultato interpretativo diverso da quello accolto nella sentenza (cfr. ex plurimis, Cass. nr. 1893 del 2009, nr. 29322 del 2008, nr. 18661 del 2006; in motivazione, di recente, Cass. nr. 16701 del 2018), non sufficiente a scalfire il decisum della Corte di appello;

non è dirimente che la circolare, secondo la lettura della Corte territoriale, possa aver giustificato una condotta contraria alla norma di legge (che consenta cioè, nel caso di attività finalizzata alla salvaguardia del brevetto di volo, il cumulo tra indennità di CIGS e retribuzione);

ai fini dell’applicazione dell’art. 2119 c.c., infatti, viene in rilievo l’adempimento degli obblighi discendenti dal rapporto di lavoro e la condotta del lavoratore, per come accertato nella sentenza impugnata, è stata improntata alle regole dettate dall’ente previdenziale, come espresse nella circolare, alla stregua dell’interpretazione che della stessa hanno fornito i giudici di merito;

le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 26 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2018

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