Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3165 del 07/02/2017

Cassazione civile, sez. VI, 07/02/2017, (ud. 24/11/2016, dep.07/02/2017),  n. 3165

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29371/2015 proposto da:

F.A.C., F.C., C.A.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIUNIO BAZZONI, presso lo

studio dell’avvocato ROMINA SCARANO, rappresentati e difesi

dall’avvocato CIRO GAGLIARDI, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.L., PROGRESS ASSICURAZIONI S.P.A. IN L.C.A., GENERALI

ITALIA ASSICURAZIONI S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2033/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 06/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/11/2016 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che il consigliere relatore Dott. Enrico Scoditti ha depositato in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.: “Con atto di citazione F.C. e C.A., in proprio e quali genitori esercenti la potestà sulla minore F.A.C., convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli C.L. chiedendo il risarcimento del danno cagionato alla minore in seguito a sinistro. Si costituì la parte convenuta chiedendo il rigetto della domanda. Il convenuto spiegò altresì domanda di garanzia nei confronti di Progress Assicurazioni s.p.a.. Il Tribunale adito accolse la domanda principale e quella di garanzia. Avverso detta sentenza propose appello la società assicuratrice. Si costituì la parte appellata chiedendo il rigetto dell’appello ed anche il C. chiedendo la conferma della sentenza. Il giudizio venne dichiarato interrotto essendo stata posta in liquidazione coatta amministrativa la società appellante e successivamente riassunto dai convenuti, anche nei confronti Generali Italia s.p.a. quale impresa designata per la liquidazione dei danni a carico del Fondo di garanzia. All’esito dell’udienza di precisazione delle conclusioni fu disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti di F.A.C., diventata maggiorenne. Con sentenza di data 6 maggio 2015 la Corte d’appello di Napoli accolse l’appello e rigettò la domanda di garanzia spiegata dal C..

Hanno proposto ricorso per cassazione F.C., C.A. e F.A.C. sulla base di quattro motivi e resiste con controricorso Generali Italia s.p.a..

Il primo motivo di ricorso è stato proposto per violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 342 c.p.c.. Osserva la parte ricorrente che con l’appello era stato chiesto il rigetto della domanda risarcitoria nei confronti della medesima appellante e che, siccome nei confronti dell’assicuratrice non vi era stata alcuna condanna risarcitoria ma solo l’accoglimento della domanda di garanzia, l’appello era inammissibile per carenza di interesse. Lamenta che il giudice di appello pronunciando sulla domanda di garanzia era incorso nel vizio di extrapetizione.

Il motivo è manifestamente infondato. Sussistendo una fattispecie di litisconsorzio processuale, e l’inscindibilità pertanto dei rapporti processuali, l’impugnazione proposta dal garante con riferimento al rapporto di garanzia spiega efficacia anche in ordine al rapporto principale, senza necessità di impugnazione incidentale da parte del garantito (cfr. Cass. s.u. 4 dicembre 2015, n. 24707). L’interesse ad impugnare sussiste anche in capo al garante, in quanto il riconoscimento della responsabilità del garantito, essendo avvenuto nel suo contraddittorio, gli è opponibile. Sicchè per un verso non c’è carenza di interesse quanto all’impugnativa del rapporto pregiudiziale, per l’altro la pronuncia sul rapporto dipendente è l’effetto dell’appello proposto dal garante censurando la decisione che ha riconosciuto il diritto dell’attore principale (caratteristica del litisconsorzio processuale nel caso di cause dipendenti è che il diritto di impugnare è indipendente dalla titolarità del rapporto dedotto in giudizio).

Con il secondo motivo si denuncia error in procedendo, e segnatamente il non aver rilevato che la mancata costituzione da parte del commissario liquidatore all’esito della riassunzione ha comportato rinunzia alla domanda.

Il motivo è manifestamente infondato. Nonostante la mancata indicazione delle norme violate, gli argomenti addotti consentono di individuare il principio di diritto di cui si denuncia la violazione (cfr. Cass. 7 novembre 2013, n. 25044). Non vi è stata rinunzia alla domanda. Come affermato dalla giurisprudenza, in seguito alla riassunzione del processo interrotto, la parte già costituita che non rinnovi il proprio atto di costituzione, pur dovendo essere dichiarata contumace, conserva il diritto alla liquidazione delle spese fino al momento dell’interruzione, atteso che, sino ad allora, essa era stata regolarmente costituita e che la contumacia non implica alcun abbandono delle domande già proposte (Cass. 16 dicembre 2014, n. 26372). Peraltro non può sfuggire, una volta che al giudizio partecipi come nel caso di specie l’impresa designata dal fondo, che commissario liquidatore ed impresa designata rappresentino un unico centro d’interessi (cfr. Cass. 24 febbraio 2011, n. 4492).

Con il terzo e quarto motivo si denuncia violazione degli artt. 348, 350, 351 e 352 c.p.c.. Lamenta la parte ricorrente che avendo la corte territoriale disposto l’integrazione del contraddittorio, e non essendo comparso l’appellante alla successiva udienza, da intendersi prima udienza di trattazione per effetto dell’integrazione del contraddittorio, il giudice di appello avrebbe dovuto fissare un’udienza successiva, dandone avviso all’appellante, ed in caso di mancata comparizione dichiarare improcedibile l’appello.

Il motivo è manifestamente infondato. Come risulta dalla sommaria esposizione dei fatti del medesimo ricorso, l’integrazione del contraddittorio è stata disposta successivamente all’udienza di precisazione delle conclusioni, sicchè non ricorreva la fattispecie della mancata comparizione dell’appellante alla prima udienza”;

che sono seguite le rituali comunicazioni e notificazioni e che è stata presentata memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio condivide la proposta di decisione contenuta nella relazione del consigliere relatore;

che pertanto il ricorso deve essere rigettato;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;

che poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese processuali che liquida in Euro 7.500,00 per compenso, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e gli oneri di legge;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2017

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