Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31641 del 04/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 04/12/2019, (ud. 09/10/2019, dep. 04/12/2019), n.31641

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28977/2013 R.G. proposto da:

Q.S.M., rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe

Marini, elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Roma, via

di Villa Sacchetti, n. 9.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato.

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Veneto, sezione staccata di Verona, sezione n. 21, n. 42/21/13,

pronunciata il 15/04/2013, depositata il 29/04/2013.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 9 ottobre

2019 dal Consigliere Riccardo Guida.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Q.S.M. impugnò innanzi alla CTP di Verona l’avviso di accertamento che determinava con metodo sintetico, del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, comma 4, il reddito complessivo della contribuente, per l’anno d’imposta 2005 (nonchè per le annualità 2003 e 2004), sulla base degli indici di capacità contributiva non coerenti e degli incrementi patrimoniali del triennio 2003-2005 e quantificava in Euro 150.299,28 l’IRPEF dovuta (con i relativi accessori).

La CTP di Verona, con sentenza n. 48/03/2012, respinse la domanda e la pronuncia di primo grado è stata confermata dalla CTR del Veneto (sezione staccata di Verona), la quale, con la sentenza in epigrafe, ha disatteso il gravame della contribuente.

La commissione regionale veneta ha rilevato che, da un lato, la contribuente non aveva dimostrato di avere acquistato (in data 4/04/2006), un appartamento attingendo al conto corrente del quale era cointestataria con il padre, in quanto su tale conto era stati emessi tre assegni con data successiva a quella del detto atto di compravendita, nel quale si dichiarava che il prezzo era stato interamente saldato in precedenza; dall’altro, l’appellante non aveva dimostrato che i redditi accertati sinteticamente erano redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte, e nemmeno la fondatezza della prospettazione difensiva per la quale il proprio coniuge aveva contribuito all’acquisto del summenzionato appartamento.

La contribuente ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi, e l’Agenzia ha resistito con controricorso.

In data 2/10/2019 la ricorrente ha presentato dichiarazione di rinuncia al ricorso per cassazione, ai sensi del D.L. n. 193 del 2016, art. 6, comma 2, assumendo di avere aderito alla procedura di definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione, ai sensi del D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, art. 6, convertito, con modificazioni, dalla L. 1 dicembre 2016, n. 225, e ai sensi del D.L. n. 148 del 2017 (c.d. “rottamazione-bis”), con conseguente verificarsi della causa di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere.

In forza di questi presupposti processuali ha chiesto la declaratoria d’estinzione del giudizio con integrale compensazione delle spese di lite.

La rinuncia al ricorso per cassazione produce l’estinzione del processo anche in assenza di accettazione, in quanto tale atto non richiede l’accettazione della controparte per essere produttivo di effetti processuali, e determina il passaggio in giudicato della sentenza impugnata (Cass. 19/11/2018, n. 29822; conf.: Cass. 26/02/2015, n. 3971).

Le spese possono essere compensate, tra le parti, in ragione dell’esito complessivo del giudizio (Cass. n. 29822/2018, cit.; conf.: 27/04/2018, n. 10198).

Il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non trova applicazione in caso di rinuncia al ricorso per cassazione in quanto tale misura si applica ai soli casi – tipici – del rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità e, trattandosi di misura eccezionale, lato sensu sanzionatoria, è di stretta interpretazione e non suscettibile, pertanto, di interpretazione estensiva o analogica (Cass. n. 29822/2018, cit.; 12/11/2015, n. 23175).

P.Q.M.

la Corte dichiara l’estinzione del giudizio e compensa, tra le parti, le spese processuali dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2019

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