Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3163 del 11/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 11/02/2020, (ud. 10/10/2019, dep. 11/02/2020), n.3163

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26585-2018 proposto da:

ROMA CAPITALE, (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO DI FRANCIA 182, presso lo

studio dell’avvocato SIMONETTA NARDI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CARLO SPORTELLI;

– ricorrente –

contro

Z.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NOMENTANA

911, presso lo studio dell’avvocato LEOPOLDO MURATORI, che lo

rappresenta e difende unitamente a se medesimo;

– controricorrente –

contro

M. SRL, LE ASSICURAZIONI DI ROMA;

– intimate –

avverso la sentenza n. 1866/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 23/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE

GIANNITI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

1. Roma Capitale ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 1866/2018 della Corte di appello di Roma, che – accogliendo l’impugnazione proposta Z.P. e respingendo l’impugnazione incidentale condizionata da essa proposta nei confronti della società appaltatrice dei lavori e della relativa compagnia assicuratrice, ha parzialmente riformato la sentenza n. 13004/2012 del Tribunale di Roma; e per l’effetto ha dichiarato la sua corresponsabilità nella misura del 50% con riferimento all’evento dannoso occorso al Z. in Roma il (OMISSIS), condannandola al pagamento del complessivo importo di Euro 2500, oltre interessi legali dalla data della domanda al soddisfo.

2. Ha resistito con controricorso il Z. esclusivamente in relazione al primo motivo.

3. Essendosi ritenute sussistenti dal relatore designato le condizioni per definire il ricorso con il procedimento ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata redatta proposta ai sensi di tale norma e ne è stata fatta notificazione ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

4. In vista dell’odierna adunanza entrambe le parti costituite hanno depositato memoria a sostegno dei rispettivi assunti.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Roma Capitale censura la sentenza impugnata per quattro motivi.

1.1. Con il primo motivo, articolato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2051 e 1227 c.c., nella parte in cui la Corte territoriale, disattendendo la valutazione operata dal primo giudice ed i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, ha affermato la sua corresponsabilità nel sinistro, mentre avrebbe dovuto confermare l’esclusiva attribuibilità dello stesso al Z., tenuto conto che il sinistro si era verificato alle ore 10 del giorno (OMISSIS), in condizioni di piena luminosità diurna, in giornata caratterizzata da tempo sereno (e, dunque, da mancanza di condizioni atmosferiche avverse), in un tratto di strada ampio e visibile nella sua interezza (oltre che ben conosciuto dall’interessato a motivo della sua assidua frequentazione) ed il manto stradale era regolare: elementi questi univocamente idonei a far ritenere che l’infortunio si era verificato esclusivamente a causa di una disattenzione del Z. e, pertanto, a causa di un caso fortuito (idoneo ad escludere la responsabilità dell’amministrazione capitolina).

1.2. Con il secondo motivo, articolato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, in via subordinata denuncia violazione delle norme dei contratti (contenute nel contratto di appalto e nel capitolato speciale di appalto) ed omesso esame di fatto decisivo e controverso nella parte in cui la Corte territoriale ha omesso di considerare la natura contrattuale del rapporto con la società M. (avente ad oggetto la manutenzione e la sorveglianza della via, teatro del sinistro in esame), mettendo in correlazione la dichiarata custodia della res a suo capo (quale ente proprietario del marciapiede) e la domanda di manleva da essa proposta (avente natura esclusivamente contrattuale) e così confondendo la natura extracontrattuale del fatto illecito (del quale il Z. aveva chiesto di essere risarcito) con la natura contrattuale dell’obbligo di manleva assunto dalla ditta M. nei suoi confronti. Rileva che il capitolato speciale d’appalto, art. 26, imponeva la stipulazione di una polizza assicurativa proprio al fine di tenere indenne l’amministrazione capitolina dall’eventualità di dover rispondere verso i terzi a causa dell’inadempimento dell’appaltatore. In definitiva, il ricorrente censura la erroneità della sentenza nella parte in cui ha riconosciuto la custodia della res in capo all’ente proprietario, ma ha inspiegabilmente escluso il diritto di manleva di quest’ultimo.

1.3. Con il terzo motivo, sempre in via subordinata, Roma Capitale denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, difetto di motivazione e violazione dell’art. 112 c.p.c., nella parte in cui la Corte ha respinto la domanda di manleva da essa proposta nei confronti della impresa appaltatrice capitolina M. s.r.l.. Deduce che la Corte, pur avendo dato atto della sussistenza ed operatività del contratto di appalto e del capitolato speciale in atti, non ha riconosciuto l’operatività della manleva (ed il suo conseguente diritto di essere tenuta indenne dalla pretesa risarcitoria del Z.), senza indicarne le ragioni. Sostiene che la Corte, così operando, è incorsa in un grave vizio motivazionale, nella violazione della norma denunciata e nell’omesso esame della domanda da essa proposta in via subordinata.

1.4. Con il quarto ed ultimo motivo, articolato in conseguenza del secondo e del terzo motivo, chiede la riforma del provvedimento impugnato in ordine alla statuizione delle spese, con condanna della società appaltatrice al pagamento delle spese processuali, erroneamente poste a suo carico.

2. Il primo motivo è inammissibile.

La Corte territoriale nella impugnata sentenza (pp. 3-5) dopo aver dato atto che i due testi escussi avevano dichiarato che la “buca” (qualificata come “voragine” nell’atto di citazione) non era chiaramente visibile anche per l’incidenza dei raggi solari, che infastidivano la visuale, nonostante fossero le ore 10 del mattino (ed avevano così sinteticamente confermata la dinamica dei fatti, rappresentata dal Z. nell’atto introduttivo) – ha ritenuto, da un lato, che la caduta del Z. fosse stata causata anche dalle condizioni in cui si trovava il marciapiede di via (OMISSIS) nel frangente, e, dall’altro, che il Z., procedendo con maggiore cautela, avrebbe potuto evitare o contenere il danno, tenuto conto delle caratteristiche della buca e delle modalità di tempo e di luogo del sinistro. Ad esito del suo percorso argomentativo, la corte di merito ha attribuito la responsabilità del sinistro in pari misura ad entrambe le parti.

Orbene, il Comune di Roma Capitale non si confronta in alcun modo con la motivazione della sentenza impugnata, ma si diffonde in argomentazioni astratte: la corte ha spiegato alle pagine 3-4 il concorso di colpa del danneggiato e la relativa motivazione non viene in alcun modo criticata, sicchè il motivo è inammissibile alla luce del consolidato principio di diritto affermato da questa Sezione con sentenza n. 359 del 11/1/2005, rv. 579564-01 (seguita da numerose sentenze conformi e ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte nelle sentenze nn. 16598 e 22226 del 2016 e nella sentenza n. 7074 del 2017 in motivazione).

Alla inammissibilità di detto motivo di ricorso consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese sostenute da parte resistente, nei cui confronti il giudizio si chiude.

3. Fondati sono invece il secondo ed il terzo motivo, che, in quanto connessi, sono qui trattati congiuntamente.

La Corte territoriale nella sentenza impugnata ha rigettato la domanda di manleva formulata dal Comune di Roma Capitale nei confronti della ditta M., chiamata in causa, sulla base della seguente argomentazione: alla luce del contratto di appalto versato in atti era indubbiamente vero che, nel periodo di cui si tratta, l’area teatro dell’evento era affidata alla manutenzione della ditta M.; ma l’aver affidato in appalto a detta ditta la manutenzione e la sorveglianza stradale sul tratto stradale in cui si era verificato l’evento non comportava il venir meno dell’obbligo, gravante sul Comune, “di vigilanza e controllo sulla regolarità delle condizioni delle aree anche pedonali, quale custode della res di sua proprietà (marciapiede facente parte del patrimonio comunale) allo scopo di scongiurare le situazioni di pericolo e di garantire l’incolumità degli utenti”.

Così motivando, la corte capitolina non spiega – come pur avrebbe dovuto, avendo rigettato la domanda di manleva come e perchè l’avere appaltato manutenzione sorveglianza e … quindi l’essersi garantiti… non dovrebbe giustificare la manleva. Trattasi di un caso di motivazione apparente, cioè di una forma di anomalia motivazionale rispetto alla quale permane il sindacato di questa Corte anche a seguito della riforma operata dalla L. n. 197 del 2016.

Ne consegue che – assorbito il quarto motivo di ricorso, in quanto la caducazione della sentenza riguardo al rapporto di garanzia fa cadere anche la relativa statuizione sulle spese ai sensi dell’art. 336 c.p.c., comma 1, – la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di Appello di Roma per nuovo esame.

P.Q.M.

La Corte:

– dichiara inammissibile il primo motivo; e, per l’effetto, condanna parte ricorrente al pagamento in favore di parte resistente Z. delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 1.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge;

– accoglie per quanto di ragione il secondo ed il terzo motivo di ricorso; e, per l’effetto, ritenuto assorbito il quarto motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra Sezione della Corte di appello di Roma per nuovo esame alla luce di quanto sopra affermato.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2020

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