Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31619 del 04/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 04/12/2019, (ud. 17/09/2019, dep. 04/12/2019), n.31619

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. DI PAOLA Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16722/2016 R.G. proposto da:

Fondo pensione per il Personale delle Aziende del gruppo Unicredit,

in persona del l.r.p.t., quale ente risultante a seguito di fusione

per incorporazione del Fondo pensione per il personale dell’ex

gruppo BIPOP – CARIRE, rappresentato e difeso dall’avv. Marco

Giontella, presso cui elettivamente domicilia in Roma alla via

Cardinal De Luca n. 10;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5689/2015 della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia, emessa il 9/11/2015, depositata il

31/12/2015 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 settembre

2019 dal Consigliere Dott. Giudicepietro Andreina.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. il Fondo pensione per il Personale delle Aziende del gruppo Unicredit (di seguito Fondo Unicredit), quale ente risultante a seguito di fusione per incorporazione del Fondo pensione per il personale dell’ex gruppo BIPOP -CARIRE (di seguito Fondo ex BIPOP – CARIRE), ricorre con tre motivi contro l’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza n. 5689/2015 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, emessa il 9/11/2015, depositata il 31/12/2015 e non notificata, che, in controversia relativa all’impugnativa del silenzio rifiuto dell’Amministrazione sulle istanze, avanzate dal Fondo ex BIPOP – CARIRE in data 31/5/2013, per il rimborso delle imposte relative agli anni 2001, 2002, 2003 e 2004, rigettava l’appello del Fondo;

2. invero, con la sentenza impugnata, la C.T.R. della Lombardia (di seguito C.T.R.) riteneva che il Fondo avesse presentato tardivamente, sia le dichiarazioni integrative, sia l’istanza di rimborso ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38;

3. a seguito del ricorso, l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso;

4. il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 17 settembre 2019, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197;

5. il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. con il primo motivo il ricorrente censura la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, in relazione al D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 14 e degli artt. 53 e 97 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver ritenuto la C.T.R. che il mancato rispetto del termine per la rettifica di una dichiarazione in favore del contribuente determini il venir meno del diritto al rimborso dei maggiori tributi versati, nonchè per aver ritenuto che una dichiarazione integrativa di rimborso, compilata nel quadro RX con l’indicazione del credito d’imposta da compensare, non costituisca valida istanza di rimborso;

1.2. il motivo è infondato e va rigettato;

1.3. preliminarmente appare opportuno precisare che oggetto del presente giudizio è l’impugnazione del silenzio rifiuto su due istanze, avanzate dal Fondo ex BIPOP – CARIRE in data 31/5/2013, per il rimborso delle imposte relative agli anni di imposta 2002 e 2003;

prima delle suddette istanze, il Fondo deduce di aver presentato cinque dichiarazioni integrative del 3/8/2007, con le quali aveva indicato nel quadro RX, per le annualità dal 2001 al 2005, i crediti di imposta da utilizzare in compensazione o in detrazione, che, secondo quanto sostenuto dal ricorrente, solo erroneamente non erano stati indicati nelle originarie dichiarazioni (perchè completamente omessi nel Mod. Unico 2001 e 2002 ed indicati in importi inferiori nel Mod. Unico 2003);

il ricorrente espone, altresì, che l’Agenzia delle Entrate, in sede di controllo automatizzato del Modello Unico 2007 per l’anno di imposta 2006, avendo ritenute tardive le dichiarazioni integrative, ad eccezione di quella per l’anno 2005, non ammetteva la compensazione dei crediti, indicati nell’apposito modello RX delle dichiarazioni integrative per gli anni di imposta 2002 e 2003, ed iscriveva a ruolo i relativi importi, che il Fondo pagava nel 2010, successivamente avanzando istanza di rimborso in data 31/5/2013;

sul punto, l’Agenzia delle entrate, nel controricorso, precisa che, all’esito del controllo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, effettuato sulla dichiarazione presentata dal Fondo ex BIPOP – CARIRE per l’anno 2006, il disconoscimento della compensazione dei crediti indicati nelle dichiarazioni integrative presentate per gli anni precedenti (ad eccezione del 2005, come già detto), aveva determinato l’emissione di una cartella di pagamento, impugnata da controparte, con un contenzioso all’epoca ancora pendente in Cassazione;

secondo il Fondo ricorrente, le dichiarazioni integrative del 3/8/2007, contenendo nel quadro RX, per ciascuna delle annualità in contestazione, l’indicazione dei crediti di imposta da utilizzare in compensazione o in detrazione, rendevano non necessaria la successiva istanza di rimborso e potevano valere esse stesse quale istanza di rimborso, presentata nel termine prescritto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, di 48 mesi dal versamento;

il ricorrente, a sostegno della propria tesi, richiama la giurisprudenza di legittimità in tema di emendabilità della dichiarazione dei redditi (in particolare S.U. n. 6665/15) e sostiene l’equiparazione, all’istanza di rimborso, dell’indicazione del credito d’imposta nella dichiarazione integrativa tardiva;

ebbene, l’art. 2, comma 8 bis, D.P.R. n. 322/1998, aggiunto dall’art. 2 del D.P.R. n. 7 dicembre 2001, n. 435, recita: “Le dichiarazioni dei redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti di imposta possono essere integrate dai contribuenti per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito, mediante dichiarazione da presentare, non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo. L’eventuale credito risultante dalle predette dichiarazioni può essere utilizzato in compensazione ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997”;

in tema di rimborso di versamenti diretti, l’art. 38 del D.P.R. n. 602 del 1973, vigente ratione temporis, prevede: “il soggetto che ha effettuato il versamento diretto può presentare all’intendente di finanza nella cui circoscrizione ha sede l’esattoria presso la quale è stato eseguito il versamento istanza di rimborso, entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento stesso, nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento”;

le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che “in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, se diretta ad evitare un danno per la P.A. (D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria” (Sez. U, Sentenza n. 13378 del 30/06/2016);

in particolare, le sezioni Unite hanno altresì enunciato i seguenti principi di diritto: “La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi, per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito, mediante la dichiarazione integrativa di cui all’art. 2, comma 8 bis, è esercitabile non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa ai periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante. La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi conseguente ad errori od omissioni in grado di determinare un danno per l’amministrazione, è esercitabile non oltre i termini stabiliti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43. Il rimborso dei versamenti diretti di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 è esercitabile entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento, indipendentemente dai termini e modalità della dichiarazione integrativa di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis. Il contribuente, indipendentemente dalle modalità e termini di cui alla dichiarazione integrativa prevista dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2 e dall’istanza di rimborso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria”;

anche di recente questa Corte ha chiarito che “in materia di IRAP, l’emenda o la ritrattazione contenuta nella dichiarazione integrativa (D.P.R. n. 322 del 1998, ex art. 2, comma 8-bis), che si salda con l’originaria dichiarazione presentata, da un lato, e l’istanza di rimborso (ex art. 38 D.P.R. n. 602 del 1973), da proporre entro 48 mesi, nel caso d’inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento (con specifico riferimento alla materia del contendere), dall’altro, operano su piani diversi del rapporto d’imposta tra Amministrazione finanziaria e contribuente e costituiscono due opzioni concorrenti e non alternative, che l’ordinamento tributario offre all’interessato, a seconda che egli si attivi nel campo applicativo dell’accertamento fiscale (la dichiarazione integrativa) o nel diverso ambito della riscossione dei tributi (l’istanza di rimborso)” (Sez. 5, Sentenza n. 19002 del 16/07/2019);

nella fattispecie in esame, è pacifico che le dichiarazioni integrative, contenenti l’indicazione dei crediti, omessa in tutto o in parte nelle dichiarazioni originarie, siano state presentante oltre i termini, e siano, pertanto inidonee ad emendare le dichiarazioni presentate precedentemente;

l’indicazione nel riquadro RX dei crediti portati in compensazione, contenuta nelle dichiarazioni integrative favorevoli al contribuente e tardivamente presentate, non può valere come istanza di rimborso, perchè tali dichiarazioni avevano una diversa finalità, di emenda delle dichiarazioni originarie e di compensazione dei crediti, la cui indicazione era stata omessa;

la presentazione tardiva delle dichiarazioni integrative, oltre ad impedire la compensazione dei crediti originariamente omessi, non è idonea a modificare o integrare validamente, con l’inserimento di nuovi elementi, le dichiarazioni che il contribuente assume lacunose o errate in suo danno;

è altrettanto pacifico che l’istanza di rimborso, D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38, presentata in data 31/5/2013, sia tardiva rispetto al momento del pagamento dell’imposta per le annualità oggetto di contestazione (anni di imposta 2002 e 2003);

pertanto, correttamente, il giudice di appello ha escluso che vi fosse una tempestiva istanza di rimborso delle somme relative agli importi dei crediti, che non erano stati tempestivamente indicati nelle dichiarazioni originarie, le quali, a loro volta, non potevano considerarsi efficacemente emendate dalle dichiarazioni integrative tardive;

nè può considerarsi, quale dies a quo per la decorrenza del termine entro il quale presentare l’istanza di rimborso, il momento del pagamento, avvenuto nell’anno 2010, in conseguenza della cartella emessa dall’Amministrazione a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione dell’anno 2006, perchè in tal caso il contribuente doveva impugnare (cosa che risulta aver fatto) direttamente la cartella esattoriale (cfr. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 20367 del 31/07/2018; Sez. 5, Sentenza n. 672 del 15/01/2007; Sez. 5, Sentenza n. 8456/2004; Sez. 5, Sentenza n. 5818/98);

invero, nei casi in cui l’atto impositivo è costituito dal ruolo, come a seguito di liquidazione in base al controllo D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36-bis solo la tempestiva impugnazione della cartella consente al contribuente di rimettere in discussione la debenza del tributo;

2.1. con il secondo motivo, il ricorrente censura, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, costituito dall’indicazione nelle dichiarazioni integrative, del credito nel quadro RX;

2.2. il motivo è inammissibile;

2.3. invero, “nell’ipotesi di doppia conforme, prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 5, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse” (Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/03/2014, Rv. 630359 – 01);

nel caso di specie il ricorrente non ha assolto a tale onere, impedendo alla Corte la verifica sulla stessa ammissibilità del motivo di ricorso;

il motivo, comunque, sarebbe stato infondato per le ragioni ampiamente esposte sopra;

3.1. con il terzo motivo, il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 111 Cost., commi 6 e 7, per aver reso i giudici della C.T.R. una motivazione solo apparente in ordine alla presentazione delle istanze di rimborso nel 2007 e nel 2013, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

3.2. anche tale motivo è infondato, perchè la Commissione tributaria regionale ha adeguatamente motivato, rilevando, oltre alla tardività delle dichiarazioni integrative, anche quella dell’istanza di rimborso, essendo ampiamente decorso il termine di 48 mesi, di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, considerata la data dei versamenti e la data della richiesta di rimborso, pacificamente presentata il 31.5.2013(pag.2 ricorso);

pertanto il ricorso va complessivamente rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito;

sussistono i requisiti per porre a carico dei ricorrenti il pagamento del doppio contributo, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2019.

Depositato in cancelleria il 4 dicembre 2019

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