Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31618 del 06/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 06/12/2018, (ud. 31/10/2018, dep. 06/12/2018), n.31618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 508/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE e dei MONOPOLI, in persona del Direttore

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

BURGO GROUP SPA, elettivamente domiciliata in Roma, Viale Giuseppe

Mazzini n. 11, presso lo studio del Prof. Avv.to Livia Salvini,

rappresenta e difende, unitamente e disgiuntamente all’avvocato

Roberto Cusimano, giusta procura a margine del ricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1162/8/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DEL VENETO, pubblicata il 7 luglio 2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio dei

31 ottobre 2018 dal cons. IOFRIDA GIULIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, nei confronti della Brugo Group spa (che resiste con controricorso e ricorso incidentale condizionato), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto n. 1162/8/2014, depositata in data 7 luglio 2014, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di avvisi di pagamento per accisa sull’energia elettrica e dè correlati atti di contestazione, relativi ad irrogazione di sanzioni per omesso versamento dell’accisa, in relazione agli anni 2006, 2007, 2008 e 2010, avendo l’Agenzia delle Dogane disconosciuto i benefici dell’esenzione prevista dal TUA, Testo Unico Accise, art. 52, comma 3, lett. f), approvato con D.Lgs. n. 504 del 1995, per impieghi di energia elettrica in opifici industriali, stante la tardiva (con un ritardo di pochi giorni, secondo l’assunto della contribuente) trasmissione di alcune delle comunicazioni mensili dei dati relativi al consumo di energia elettrica (quattro), – è stata confermata decisione la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso della contribuente; sotto il profilo della insussistenza di una decadenza della stessa dal beneficio; in assenza di perentorietà espressa dei termini per la trasmissione dei dati sul consumo dell’energia elettrica.

In particolare, i giudici d’appello, respingendo il gravame dell’Agenzia delle Dogane, hanno sostenuto che gli adempimenti in questione non costituiscono “condizioni “sine qua non” per la nascita del diritto”, non potendo essere riconosciuto loro alcun carattere di presupposto indefettibile per il suo sorgere, visto che l’obbligo si concretizza in una semplice trasmissione di dati, non in una istanza o una richiesta, da esercitare entro ipotetici termini decadenziali stabiliti dal legislatore, e che alle disposizioni citate non possono ricollegarsi effetti preclusivi al diritto alle esenzioni o alle agevolazioni nelle accise, atteso che, quando le agevolazioni sono concesse a tutti i soggetti che si trovano nella particolare condizione prevista dalla normativa sostanziale, deve ritenersi che i termini per gli adempimenti non siano perentori, in difetto di espressa definizione in tal senso ovvero della previsione di sanzioni specifiche per la loro inosservanza. La controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del combinato disposto del TUA, art. 52, comma 3, lett. f), ne testo previgente alle modifiche apportate dal D.L. n. 16 del 2012, art. 3 bis, e art. 12 preleggi, deducendo che, dal tenore letterale della disposizione, risultava necessario, ai fini della fruizione dell’esenzione dall’accisa per l’energia elettrica utilizzata negli opifici industriali aventi un consumo mensile superiore a 1.200.000 kWh, per i mesi nei quali tale consumo si è verificato, tramettere all’Ufficio competente dell’Agenzia delle dogane i dati relativi al consumo del mese precedente entro il termine perentorio del giorno 20 di ogni mese, trattandosi di una vera e propria agevolazione, condizionata, oltre alla ricorrenza di determinati requisiti, alla manifestazione di una precisa volontà dell’utilizzatore.

2. La controricorrente propone ricorso incidentale, espressamente qualificate come condizionato (ribadendo, a pag. 59, che l’interesse alla doglianza della Burgo “sorge a condizione” che venga accolto nel merito il gravame erariale), in unico motivo, denunciando la nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per la violazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 324c.p.c., stante la formazione del giudicato interno e la conseguente inammissibilità dell’appello dell’Agenzia delle Dogane (non pronunciata dalla CTR, malgrado specifica eccezione sollevata nelle controdeduzioni in appello da essa Burgo): rileva che, infatti, il giudice della C.T.P. aveva accolto il ricorso della contribuente sulla base di due autonome rationes decidendi, l’essere termine per l’inoltro delle comunicazioni mensili sui dati dei consumi meramente ordinatorio e l’essere stata effettuata la liquidazione dell’accisa dal competente Ufficio dell’Agenzia delle Dogane sulla base della dichiarazione di consumo annuale, di cui all’art. 53, comma 8 e non anche sulla base delle comunicazioni mensili di cui al comma 1; la controricorrente deduce che l’Agenzia delle Dogane avrebbe proposto appello, impugnando solo la prima ratio, cosicchè la C.T.R. avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il gravame per carenza di interesse.

3. Le Sezioni Unite di questa Corte, anche, da ultimo, nella pronuncia n. 7381 del 2013, hanno affermato che, nel giudizio di cassazione; il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni preliminari di merito o pregiudiziali di rito (quale l’improponibilità dell’appello, comunque rigettato, in relazione all’intervenuta rinuncia preventiva all’impugnazione, disattesa nella sentenza gravata su presupposto della nullità di detta rinuncia) ha natura di ricorso condizionato all’accoglimento del ricorso principale, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, sicchè, laddove le medesime questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito, tale ricorso incidentale deve essere esaminato dalla Corte solo in presenza dell’attualità dell’interesse, ovvero unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale.

In precedenza, richiamando il principio costituzionale della ragionevole durata del processo, secondo il quale fine primario di ogni giudizio è la realizzazione del diritto delle parti ad ottenere una risposta sul merito della lite, le medesime Sezioni Unite (sentenza n. 5456 del 2009) avevano già spiegato che il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa che investa questioni pregiudiziali di rito, ivi comprese quelle attinenti alla giurisdizione, o preliminari di merito, in relazione alle quali è rimasta soccombente, ha natura di ricorso condizionato, indipendentemente dall’indicazione della parte, e deve essere esaminato con priorità solo se le questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, rilevabili d’ufficio, non siano state oggetto di decisione esplicita o implicita (ove quest’ultima sia possibile) da parte del giudice di merito.

Qualora, invece, sia intervenuta detta decisione, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte di cassazione, solo in presenza dell’attualità dell’interesse, sussistente unicamente nell’ipotesi della fondatezza de: ricorso principale.

4. Tanto premesso, l’unica censura del ricorso principale è infondata.

Il TUA, art. 52, nel testo vigente ratione temporis (novellato dal D.Lgs. n. 26 del 2007, art. 1 comma 1, in attuazione della Direttiva 2003/96/CEE), prevedeva, al 3^ comma, lett. f), che non fosse sottoposta ad accisa l’energia elettrica “utilizzata in opifici industriali aventi un consumo mensile superiore a 1.200.000 kWh, per i mesi nei quali tale consumo si è verificato. Ai fini della fruizione dell’agevolazione gli autoproduttori dovranno trasmettere, competente Ufficio dell’Agenzia delle dogane, entro il giorno 20 di ogni mese, i dati relativi al consumo del mese precedente”. In generale, poi, l’art. 53, comma 8, prevedeva che i soggetti obbligati al pagamento dell’accisa, fatta eccezione per quelli che versavano anticipatamente l’imposta dovuta mediante canone di abbonamento annuale, dovessero presentare “una dichiarazione di consumo annuale, contenente, oltre alle indicazioni relative alla denominazione, alla sede legale, al codice fiscale, al numero della partita IVA del soggetto, all’ubicazione dell’eventuale officina, tutti gli elementi necessari per l’accertamento del debito “d’imposta relativo ad ogni mese solare, nonchè l’energia elettrica prodotta, prelevata o immessa nella rete di trasmissione o distribuzione”; l’accertamento e la liquidazione dell’accisa erano effettuati dal competente Ufficio dell’Agenzia delle dogane sulla base della dichiarazione di consumo annuale di cui all’art. 53, comma 8 (secondo quanto disposto dall’art. 55, comma 1).

Dal 1^ giugno 2012, il D.L.n. 16 del 2012, art. 3-bis, comma 3, ha abrogato l’esenzione dall’accisa prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 52, comma 3, lett. f), per l’energia elettrica utilizzata in opifici industriali con consumo mensile superiore a 1.200.000 kWh.

Ora, questa Corte a Sezioni Unite nella pronuncia n. 21498 del 2004, citata nelle. sentenza impugnata, ha, in particolare, precisato, in generale, che “in materia tributaria, ogni decadenza deve essere espressamente prevista, sicchè, in mancanza di un’esplicita previsione, il termine fissato dalla legge per il compimento di un atto, ha efficacia meramente esortativa (cioè costituisce un invito a non indugiare) e l’atto può essere compiuto dall’interessato fino a quando ciò non gli venga precluso dalla sopravvenuta prescrizione del relativo diritto”, con riferimento specifico all’affernatà non perentorietà del termine annuale per la rettifica delle dichiarazioni, fissate dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, con la conseguenza che il suo inutile decorso non è causa di decadenza dell’Amministrazione Finanziaria dal potere di procedere alla rettifica della dichiarazione dei redditi.

Le Sezioni Unite hanno richiamato la pronuncia n. 7058 del 1999 di questa Corte, nella quale si legge, in motivazione: “E’ pur vero che in relazione ai momenti più significativi del rapporto tributario, è previsto che il compimento dell’atto debba avvenire entro un termine perentorio. Ciò tuttavia non equivale a dire che tutte le volte in cui, nella scansione del procedimento tributario, per il compimento di un atto (del contribuente e dell’ente impositivo) sia posto un termine, questo abbia automaticamente natura perentoria e che una diversa regolamentazione del rapporto sia contraria ai principi della Costituzione. In altre parole, anche in materia tributaria la decadenza deve essere (ed è) espressamente prevista (v. D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43,D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17,D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57 e D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 76 e 77), sicchè, in mancanza di un’esplicita previsione, li termine fissato dalla legge per il compimento di un atto ha efficacia meramente esortativa (cioè costituisce un invito a non indugiare) e l’atto può essere compiuto dall’interessato fino a quando ciò non gli venga precluso dalla sopravvenuta prescrizione del relativo diritto (v., nella specie, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43)”.

Deve, in effetti, rilevarsi, come dedotto dall’Agenzia delle Dogane, che, nello specifico, si discute di un’agevolazione fiscale, in quanto i soggetti che utilizzavano energia elettrica in opifici industriali avevano diritto, in base al testo vigente dell’art. 52, comma 3, lett. f), a beneficiare di un’esenzione “per i mesi nei quali” si era verificato un consumo superiore a 1.200.000 kWh, previo adempimento, prescritto ai fini della fruizione del beneficio, di un obbligo di trasmissione all’Ufficio competente dell’Agenzia dei dati relativi al consumo del mese precedente “entro il giorno 20 di ogni mese”.

Vertendosi in materia di agevolazione fiscale, la disciplina di riferimento deve essere interpretata ed applicata in modo rigoroso.

Non vi è dubbio che sussista un diritto ad ottenere il trattamento favorevole allorchè ricorrano determinati presupposti: nella specie, un consumo di energia elettrica, autoprodotta ed impiegata in opificio industriali, superiore alla soglia mensile prevista dalla legge. Il diritto non sorge ex lege, ma a condizione che il contribuente si trovi in una specifica condizione, dovendo l’Amministrazione Finanziaria essere posta in grado di effettuare autonomamente controlli specifici, diretti a verificare la ricorrenza di tutte e condizioni. Tuttavia, nella specie, gli obblighi dichiarativi annuali, previsti dal citato TUA, art. 53, comma 8, sono comprensivi di tutti dati di autoconsumo, che vengono esposti anche nelle dichiarazioni mensili ex art. 52, comma 3, lett. f); inoltre, continui ed incisivi controlli da parta dell’Amministrazione finanziaria sono previsti sia all’inizio dell’esercizio dell’officina di produzione, sia nel corso dell’attività (TUA, art. 53, comma 7 e art. 58), in un sistema che implica rilevazioni metriche e contabili, oltre che verifiche fiscali.

Orbene, anche in materia di agevolazioni, il termine per la comunicazione di determinati dati all’Amministrazione finanziaria, in genere, ha natura perentoria per espressa previsione di legge. Può farsi riferimento, ad es., all’agevolazione rappresentata dal credito d’imposta dalla L. n. 388 del 2000, ex art. 8, per nuovi investimenti in aree svantaggiate, in relazione alla quale vi è un’espressa previsione normativa, la L. n. 289 del 2002, art. 62, comma 1. Al riguardo, questa Corte ha affermato che “l’imprenditore ammesso a beneficiare, ai sensi della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8, dei contributi, concessi sotto forma di credito d’imposta, per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, decade da tale beneficio ove abbia omesso di presentare (come previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. e)), nel termine del 28 febbraio 2003, la comunicazione telematica avente ad oggetto le informazioni sul contenuto e la natura dell’investimento effettuato (cosiddetto “modello (OMISSIS)”) essendo il suddetto termine previsto dall’art. 62 cit. a pena di decadenza, e non avendo, altrimenti, alcun senso la sua previsione ove il beneficio del contributo fosse subordinato alla realizzazione dell’investimento, e non anche all’invio della comunicazione telematica” (Cass. 3578/2009; Cass. 16711/2015; Cass. 14212/2015). Ovvero, in materia di agevolazioni per l’edilizia popolare, concernenti la tassa di registro in misura fissa, questa Corte (Cass. 10354/207) ha precisato che alcuna norma prevedeva la decadenza invocata dall’Amministrazione, per effetto della mancata richiesta all’atto della registrazione dell’acquisto dell’area, e si è affermato in motivazione, che “il legislatore quando ha voluto subordinare l’accesso ad un trattamento agevolato a particolari formalità da seguirsi a pena di decadenza lo ha espressamente stabilito, come ad esempio in materia di agevolazioni alla proprietà contadina (della L. 6 agosto 1954, n. 604, art. 5)”.

Deve pertanto ritenersi che, nello specifico, la comunicazione mensile integra un adempimento formale, pur funzionale al controllo da parte dell’Amministrazione, in quanto ne agevola l’attività di verifica, ma non sanzionato tuttavia da decadenza, anche perchè, nello specifico, i dati delle comunicazioni mensili (peraltro trasmessi, sia pure con ritardo) erano comunque riportati nelle dichiarazioni annuali, che rappresentano l’adempimento fiscale determinante ai fini della liquidazione ed accertamento dell’accusa, del TUA, ex art. 55.

5. Il ricorso incidentale condizionato è, di conseguenza, assorbito.

6. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale condizionato. Anche alla luce dell’ampliamento del perimetro della compensazione delle spese (rispetto alla riduzione effettuata dal legislatore nel 2014) conseguente alla pronuncia delta Corte Cost. n. 77 del 2018, stante la novità della questione controversa dinanzi a questa Corte, sussistono le condizioni per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Essendo l’amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, (nel caso di prenotazione a debito il contributo non è versato ma prenotato al fine di consentire, in caso di condanna della controparte alla rifusione delle spese in favore dei ricorrente, il recupero dello stesso in danno della parte soccombente).

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale condizionato; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese d presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 31 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2018

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