Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31617 del 04/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 04/12/2019, (ud. 05/07/2019, dep. 04/12/2019), n.31617

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. BILLI Stefania – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9954-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

F.R., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CICERONE 44,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI CORBYONS, rappresentato e

difeso dall’avvocato CAROLA PAGLIARIN;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 27/2013 della COMM.TRIB.REG. di VENEZIA,

depositata il 12/02/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/07/2019 dal Consigliere Dott.ssa BILLI STEFANIA.

Fatto

RITENUTO

CHE:

la controversia ha ad oggetto l’impugnativa di un avviso di liquidazione per il pagamento dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale e relative sanzioni con il quale l’Agenzia delle entrate aveva disposto la revoca dell’agevolazione per l’acquisto della prima casa sul presupposto del superamento del limite massimo di superficie utile fissato in metri quadri 240;

la C.T.R., riformando la pronuncia di primo grado, ha accolto il ricorso della parte contribuente, per quello che qui rileva, sulla base delle seguenti considerazioni: deve intendersi come superficie utile ai fini fiscali quella che consente all’occupante lo svolgimento delle funzioni tipiche di un’abitazione con esclusione di divisori, murature esterne; la parte contribuente ha presentato procedura DOCFA in data 17 maggio 2006 da cui risulta evidente come “il dato della superficie utile superi ampiamente il limite di 240 m quadri (metri quadri 280 cui deve aggiungersi lavanderie) ma la determinazione di superficie utile allegata, che non costituisce una nuova prova ma solo una ridefinizione descrizione di dati materiali già ampiamente documentati in atti, fornisce elementi conclusivi e propone un metodo di calcolo che si ritiene condivisibile”; dagli elementi forniti dalle planimetrie allegate si può affermare che l’effettiva superficie utile, comprensiva di lavanderia ed escludendo terrazzi, sotto tetti non praticabili, vani tecnici, sia inferiore a 240 m quadri.

avverso la sentenza ricorre l’Agenzia delle Entrate, mentre la società contribuente si costituisce con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. L’Agenzia delle Entrate propone due motivi di ricorso. Con il primo lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti; precisa che la parte contribuente ha presentato un primo DOCFA in data 17/5/2006 per accatastare gli immobili oggetto di donazione da cui risulta una superficie utile di metri quadri 280 e un secondo DOCFA in data 10/12/2008, successivo all’avviso di liquidazione, che riporta come causale “divisione, diversa distribuzione degli spazi interni, ristrutturazione” (pagina 7 del ricorso per cassazione); evidenzia come da ciò risulti una modificazione interna degli spazi e richiama, a tal proposito, la pronuncia della CTP in cui si afferma che “i ricorrenti, pur in presenza di precise contestazioni dell’ufficio non danno prova della diversa destinazione di vani che, compresi prima nel computo della superficie utile, devono invece ritenersi esclusi per effetto del D.M. n. 1072 del 1969, art. 6”; l’ente impositore censura la sentenza impugnata per non avere in alcun modo motivato circa il metodo e la prova con cui si dimostra che, pur essendo la superficie dell’immobile di metri quadri 280, tuttavia, la superficie utile al fine della liquidazione dell’imposta di registro sia di metri quadri 238.

1.1. Il motivo è fondato per le ragioni di seguito esposte.

1.2. Non è contestato tra le parti e risulta, peraltro, anche dalla motivazione della sentenza impugnata che dalla DOCFA presentata in data 17/5/2006 il dato della superficie sia di metri quadri 280, cui deve aggiungersi la lavanderia (pagina 4 della sentenza impugnata). Dalla sentenza risulta che i giudici di merito hanno ritenuto condivisibili gli elementi forniti e il metodo di calcolo adottato ed hanno concluso che la superficie utile è inferiore a metri quadri 240. Tale motivazione è del tutto insufficiente per supportare la conclusione cui è pervenuta la sentenza impugnata. Dalla stessa non si evince, infatti, in alcun modo quali siano stati gli elementi forniti dalle planimetrie allegate a sostegno della tesi della parte contribuente. La carenza è tanto più evidente in quanto è proprio su tali aspetti che ruota l’intera controversia.

2. Con il secondo motivo lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione o falsa applicazione al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1, comma 1, della tariffa, parte I, nota II bis allegata. Contesta in particolare l’interpretazione data dei giudici del merito dell’espressione “superficie utile complessiva”, ritenendo a tal fine necessario fare ricorso al D.M. 2 agosto 1969, art. 6.

2.1. Il motivo è fondato per le seguenti considerazioni.

2.2. Il collegio intende dare continuità all’indirizzo di legittimità già espresso secondo cui: “al fine di stabilire se un’abitazione sia di lusso e come tale esclusa da detti benefici, occorre fare riferimento alla nozione di superficie utile complessiva di cui al D.M. Lavori Pubblici 2 agosto 1969, n. 1072, art. 6, per il quale, premesso che viene in rilievo la sola utilizzabilità e non anche l’effettiva abitabilità degli ambienti, detta superficie deve essere determinata escludendo dalla estensione globale riportata nell’atto di acquisto sottoposto all’imposta, quella di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e del posto macchina.” (Cass. n. 8409 del 2019, n. 8421 del 2017). In tal senso va, inoltre, precisato che costituisce parametro idoneo Imutilizzabilità” degli ambienti, sicchè i vani, pur qualificati come cantina e soffitta, ma con accesso dall’interno dell’abitazione e ad essa indissolubilmente legati, sono computabili nella superficie utile complessiva (Cass. n. 18480 del 2016).

A ciò va, altresì, aggiunto che rientra nella superficie utile il sottotetto, trattandosi di locale non compreso in tale elencazione tassativa (Cass. n. 18483 del 2016).

Sotto il profilo della distribuzione degli oneri probatori spetta, poi, al contribuente l’onere di provare, mediante idonea documentazione tecnica, l’inutilizzabilità a scopo abitativo dei vani in questione (Cass. n. 11556 del 2016).

La sentenza impugnata non ha dato conto di alcuno dei criteri sopra indicati e, pertanto, il motivo deve trovare accoglimento.

3. Alla luce di quanto esposto il ricorso va accolto con cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ne consegue il rigetto dell’originario ricorso.

4. Le spese, liquidate in dispositivo, vengono regolate secondo il principio della soccombenza, mentre quelle dei gradi di merito sono invece compensate tra le parti atteso il progressivo consolidarsi dei principi affermati dalla richiamata giurisprudenza di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso introduttivo.

Condanna la parte contribuente a pagare le spese di lite del presente giudizio, che liquida nell’importo complessivo di Euro 2.300,00 comprensivo di esborsi, nonchè il 15% per spese generali e accessori di legge, oltre le spese prenotate a debito; compensa le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2019.

Depositato in cancelleria il 4 dicembre 2019

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