Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31615 del 06/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 06/12/2018, (ud. 31/10/2018, dep. 06/12/2018), n.31615

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 22978/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

IMPRESA D.C.G. srl, elettivamente domiciliata in Roma, Viale

Parioli n. 43, presso lo studio del Prof. Avv.to Francesco d’Ayala

Valva, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del

ricorso;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA GERIT spa,

– intimata –

avverso la sentenza n. 210/22/2011 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DEL LAZIO, pubblicata il 12 luglio 2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

31 ottobre 2018 dal cons. IOFRIDA GIULIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti dell’Impresa D.C.G. srl (che resiste con controricorso) e di Equitalia Gerit spa (che non svolge attività difensiva), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 210/22/2011, depositata in data 12 luglio 2011, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di una cartella di pagamento emessa, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 54 bis e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, per saldo IRAP ed interessi dovuti in relazione ail’annc d’imposta 2003, stante la non spettanza di un credito per eccedenze IVA indebitamente detratto nella dichiarazione del 2004, – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso della società contribuente.

In particolare, i giudici d’appello, accogliendo il gravame della contribuente, hanno sostenuto che l’Amministrazione finanziaria non si era limitata ad un mero controllo formale della dichiarazione de redditi ma aveva proceduto ad una “vera e propria attività accertativa”, disconoscendo un credito d’imposta, il che avrebbe necessitato di una “più articolata procedura”; la C.T.R. rilevava altresì carenze di motivazione della cartella, in quanto “i motivi del mancato riconoscimento del credito d’imposta” erano stati forniti solo nel corso del giudizio, e che non era stato previamente inviato il c.d. “avviso bonario”, previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 6.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 36 c.p.c., n. 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, comma 2 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, comma 2, per avere la CTR ritenuto, nella specie (essendo contestati detrazioni, con riferimento al reddito dichiarato nell’anno 2004, di eccedenze IVA dell’anno precedente, 2003, in mancanza di esecuzione, sulla base del riscontro nell’anagrafe tributaria, dei pagamenti periodici IVA che la contribuente aveva dichiarato di avere compiuto in quell’anno) illegittimo l’atto impositivo, perchè esorbitante dai limiti dei controllo formale della dichiarazione del contribuente. Con il secondo motivo, l’Agenzia ricorrente denuncia, poi, la nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 e dell’art. 112 c.p.c., avendo la CTR ritenuto di annullare la cartella impugnata anche per assenza della previa comunicazione di irregolarità, con vizio di ultrapetizione, atteso che la contribuente non aveva mai lamentato, in primo grado, il mancato invio della comunicazione c.d. bonaria e, soltanto in appello, si era doluta della mancanza di prova della ricezione della stessa; infine, con il terzo motivo, la ricorrente deduce la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, comma 3 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, comma 3 e della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, con riferimento alla ritenuta necessità della comunicazione di irregolarità in ipotesi di controllo automatico della dichiarazione.

2. Tutti i motivi sono inammissibili per carenza di interesse, in quanto non viene censurata l’autonoma ratio decidendi, presente nella decisione della CTR, relativa alla carente motivazione della cartella impugnata. Invero, la decisione impugnata si fonda su tre separate motivazioni a supporto della nullità della cartella impugnata: illegittimità della procedura seguita, carenza di motivazione dell’atto e mancato invio della previa comunicazione di irregolarità o c.d. avviso bonario.

Solo la prima e l’ultima ratio vengono censurate dalla ricorrente.

3. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese, tra le parti costituite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.000,00, oltre accessori di legge e rimborso forfetario spese generali, nella misura del 15%.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 31 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2018

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