Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31613 del 04/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 04/12/2019, (ud. 13/06/2019, dep. 04/12/2019), n.31613

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. CHIESI Gian Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15464-2013 proposto da:

B.T., rapp. e dif., in virtù di procura speciale a margine

del ricorso, dall’Avv. ALESSANDRO OSETTO, unitamente al quale è

elett.te dom.to in ROMA, alla VIA CRESCENZIO, n. 74, presso lo

studio dell’Avv. LETIZIA LOMBARDI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore

p.t., legale rappresentante, dom.ti ope legis in ROMA, alla VIA DEI

PORTOGHESI, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo

rapp. e dif.;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1/13 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

del VENETO, depositata il 14/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/06/2019 dal Consigliere Dott. GIAN ANDREA CHIESI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Osservato che l’AGENZIA DELLE ENTRATE emise nei confronti del B. un avviso di accertamento relativo a riprese per IRPEF, IRAP ed IVA relative all’anno di imposta 2004, fondate sullo svolgimento, da parte del contribuente, di attività di intermediazione immobiliare;

che il B. impugnò tale provvedimento innanzi alla C.T.P. di Padova che, con sentenza n. 15/9/11, accolse il ricorso. Tale sentenza fu quindi impugnata dall’AGENZIA DELLE ENTRATE innanzi alla C.T.R. del Veneto che accolse il gravame, osservando – per quanto in questa sede rileva – come lo svolgimento, ad opera del B., di attività di intermediazione (e, dunque, la legittimità dell’avviso di accertamento impugnato), emergesse dalla documentazione acquisita e dalle dichiarazioni rese da terzi coinvolti nei singoli atti di compravendita;

che avverso tale sentenza il B. ha infine proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, depositando, altresì, memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c., mentre l’AGENZIA DELLE ENTRATE si è costituita al solo fine di partecipare all’eventuale discussione;

Rilevato che con il secondo motivo – da analizzare per primo, per evidente pregiudizialità logica – parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4), la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, per non avere la C.T.R. dichiarato l’appello proposto dall’AGENZIA inammissibile per mancanza dei motivi specifici di impugnazione;

che il motivo è inammissibile per difetto di specificità (cfr. art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), giacchè l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato – come nella specie – un error in procedendo, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso. Sicchè, ove il ricorrente si dolga della inammissibilità dell’appello proposto dalla controparte per difetto di specificità, non può limitarsi a rinviare genericamente all’atto di appello, ma deve riportarne il contenuto, nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa assenza di specificità. Ciò tanto più se – come nella specie – la C.T.R. ha espressamente e separatamente individuato ed indicato i motivi di appello sottoposti al proprio vaglio (cfr. sentenza impugnata, p. 1, terzo cpv.);

che con il primo motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, per avere la C.T.R. erroneamente ritenuto che le due compravendite immobiliari sottese alle riprese in questione fossero riconducibili ad attività professionale e non, invece, occasionale;

che il motivo, il quale disvela, nella sostanza, un preteso vizio motivazionale, è – sì come formulato – inammissibile, mirandosi con esso ad una rivalutazione (in questa sede non consentita) del materiale istruttorio, diversa da quella operata dai giudici di merito: in sostanza, la difesa del B. punta ad una differente lettura delle prove raccolte, onde pervenire ad una qualificazione della propria attività, sì da farla rientrare sotto l’ambito di operatività dell’art. 67 cit.. Peraltro, la C.T.R. ha dato congruamente ed ampiamente conto delle ragioni che l’hanno spinta ad inquadrare l’attività del contribuente in termini di attività di mediazione immobiliare, facendo riferimento alla documentazione acquisita ed alle dichiarazioni rese dai terzi coinvolti nei singoli negozi conclusi, a tale ultimo riguardo uniformandosi, viepiù, all’orientamento di questa Corte per cui, nel processo tributario, le dichiarazioni di terzi acquisite in fase di accertamento hanno normalmente valore indiziario, e pur tuttavia, per il loro contenuto intrinseco ovvero per l’attendibilità dei riscontri offerti (nella specie, come detto, di carattere documentale), possono assumere valore di presunzione grave, precisa e concordante ex art. 2729 c.c., e, cioè, di prova presuntiva idonea a fondare e motivare l’atto di accertamento (così Cass., Sez. 5, 9.8.2016, n. 16711, Rv. 640982-01);

Ritenuto, dunque, che il ricorso vada rigettato, nulla dovendosi disporre in relazione alle spese del giudizio di legittimità, essendosi l’AGENZIA DELLE ENTRATE costituita ai soli fini della partecipazione alla eventuale discussione;

che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposi processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla dispone in relazione alle spese del giudizio di legittimità.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Civile Tributaria, il 13 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2019

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