Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31607 del 06/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 06/12/2018, (ud. 17/10/2018, dep. 06/12/2018), n.31607

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25186-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elettivamente

domiciliata in ROMA, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che

la rappresenta e difende ope legis

– ricorrente –

contro

DEDALO LITOSTAMPA S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t.,

elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio dell’Avvocato

MARCHETTI FABIO, che la rappresenta e difende giusta procura alle

liti in atti

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 77/6/2011 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA PUGLIA, depositata il 124.1.2012, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17.10.2018 dal Consigliere Dott.ssa DELL’ORFANO ANTONELLA.

Fatto

RILEVATO

che

l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Puglia aveva accolto l’appello della Dedalo Italostampa s.r.l. avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Bari n. 69/08/2010, che aveva respinto il ricorso avverso avviso di accertamento IRES IRAP IVA in rettifica del reddito d’impresa per l’anno 2004 con ripresa a tassazione relativa a “1) compensi del procuratore Coga Raimondo, ritenuti eccedenti il valore normale e non inerenti, ex art. 109 TUIR…; 2) costi non di competenza per servizi ed erogazione acqua esercizio 2003; 3) costi di manutenzione e beni strumentali… interamente dedotti nell’esercizio”;

l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi;

con il primo motivo ha denunciato “violazione dell’art. 109 TUIR violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 e dell’art. 111 Cost., o quanto meno omessa o comunque insufficiente e illogica motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c, nn. 3, 4 e 5”;

con il secondo motivo ha denunciato “violazione dell’art. 102 TUIR, comma 2, e falsa applicazione del suo comma 6 – omessa o comunque insufficiente e contraddittoria motivazione ((in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)”;

la società Dedalo Italospampa s.r.l. si è costituita deducendo l’infondatezza del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.1. è fondato il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta violazione delle norme indicate in premessa per avere la CTR erroneamente affermato sia la “assenza di limitazioni normative circa l’entità del compenso degli amministratori”, sia che la legittimità della nomina di procuratori renderebbe di per sè deducibili i relativi costi, senza alcun controllo da parte dell’Ufficio finanziario circa l’effettività, documentazione e plausibilità degli stessi;

1.2. questa Corte ha infatti affermato, in tema di determinazione dei redditi di impresa, che rientra nei poteri dell’Amministrazione finanziaria la valutazione di congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni, anche ove non ricorrano irregolarità nella tenuta delle scritture contabili o vizi negli atti giuridici d’impresa, sicchè la deducibilità, ai sensi D.P.R. n. 917 del 1986, art. 62 (ora art. 95, comma 5), dei compensi degli amministratori di società non implica alcun vincolo alla misura indicata nelle deliberazioni sociali o nei contratti, competendo agli uffici finanziari la verifica dell’attendibilità economica dei predetti dati (cfr. Cass. nn. 24379/2016, 9036/2013), e che, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 62, comma 3, richiamato dal successivo art. 95, comma 1, previgenti, ed oggi dell’art. 95, comma 5, i compensi spettanti agli amministratori delle società di capitali sono deducibili nell’anno di esercizio in cui sono corrisposti e non in quello in cui sono deliberati dall’assemblea ex art. 2389 c.c., non potendo rimettersi all’arbitrio del contribuente la scelta del periodo d’imposta più vantaggioso per operare le deduzioni (cfr. Cass. nn. 23763/2015, 21953/2015, 3578/2015, 24957/2010);

1.3. deve essere pertanto accolta la censura di erronea interpretazione del D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, artt. 95 e 109, con riguardo alla pronuncia della CTR che, ai fini della deducibilità dei costi relativi ai compensi deliberati dalla società in favore dei propri procuratori, ha affermato l’irrilevanza della circostanza che i “compensi non fossero stati materialmente erogati” mediante applicazione del “principio di competenza” e l’insindacabilità di tali costi da parte dell’Agenzia delle Entrate essendo stata privata l’Amministrazione, con il “nuovo TUIR…(del)… potere di ricondurre ai prezzi di mercato previsti per gli amministratori (o i procuratori) non soci (prezzi facilmente individuabili nel concreto) i compensi sproporzionati”;

2.1. con il secondo motivo di ricorso si lamenta violazione dell’art. 102 TUIR, comma 6, per avere la CTR applicato alle spese recuperate per Euro 20.147,82 la disciplina delle spese manutentive, anzichè quella delle spese per beni strumentali, pur trattandosi di costi quali “fornitura e posa in opera di… una scala a chiocciola… un condizionatore d’aria… un impianto pubblicitario… una pavimentazione industriale”, qualificandole come spese ordinarie interamente deducibili nel limite del 5% dell’intero valore dei beni ammortizzabili;

2.2. il cit. art. 102, comma 6, stabilisce (con formulazione identica al previgente art. 67, comma 7), che “le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, che dal bilancio non risultino imputate ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, sono deducibili nel limite del 5 per cento del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale risulta all’inizio dell’esercizio dal registro dei beni ammortizzabili (…) L’eccedenza è deducibile per quote costanti nei cinque esercizi successivi. Per specifici settori produttivi possono essere stabiliti, con decreto del Ministro delle Finanze, diversi criteri e modalità di deduzione (…)”;

2.3. è principio giurisprudenziale (cfr. Cass. nn. 18810/2017; 7885/2016) quello secondo cui la citata disposizione normativa “consente all’imprenditore di esercitare l’opzione tra la capitalizzazione delle spese incrementative, quale aumento del costo del bene ammortizzabile, ovvero la loro deduzione immediata entro i limiti quantitativi prefissati (deduzione di importo non superiore al 5% del costo complessivo dei beni ammortizzabili; deduzione 3 dell’eccedenza per quote costanti nei cinque esercizi successivi)”;

2.4. pertanto, è corretta in diritto l’affermazione della CTR laddove ha ritenuto interamente detraibili le spese in esame sul presupposto – neanche contestato dall’Agenzia ricorrente – che le stesse rientrassero nel 5% del costo complessivo dei beni ammortizzabili (nella specie, immobile aziendale), mentre è errata l’interpretazione adottata dalla ricorrente nel motivo in esame, secondo cui le spese di manutenzione sostenute nella specie dalla società contribuente, in quanto straordinarie e come tali di natura incrementativa del valore dei beni immobili interessati, dovevano obbligatoriamente essere imputate ad aumento dei costi dei beni ammortizzabili e dedotti con il meccanismo previsto dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 102, comma 2 e dal D.M. 31 dicembre 1988, senza neanche specificare se nel caso in esame risultassero dal bilancio imputate ad incremento del costo dei beni cui si riferiscono;

2.5. lamenta, altresì, l’Ufficio che la CTR abbia reso affermazioni prive dì motivazione circa la qualificazione dell’insegna, identificata col “segno distintivo finalizzato a far conoscere il luogo di svolgimento dell’attività di una azienda”, ed il relativo costo come “spesa di pubblicità”, sostenendo, la ricorrente, che l’insegna “non costituisce una attività, nè ha lo scopo di “incrementare” le vendite, bensì costituisce un mero bene strumentale, e come tale va disciplinato”;

2.6. occorre evidenziare che, per risultare rilevante ex articolo 360, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo deve consistere in un difetto di attività del giudice di merito che si verifica soltanto se vi sia traccia evidente (cfr. Cass. 22 marzo 2007, n. 7065; Cass. 8 giugnò2007, n. 13426; Cass. 9 agosto 2007, n. 17477; Cass. 15 febbraio 2008, n. 3781; Cass. 8 giugno 2009, n. 13157) che egli abbia trascurato non già la deduzione o l’argomentazione che la parte ritiene rilevante per la sua tesi, bensì una circostanza obiettiva acquisita alla causa mediante prova scritta od orale, idonea di per sè, qualora fosse stata presa in considerazione, a condurre con giudizio di certezza e non di mera probabilità ad una decisione diversa da quella adottata (cfr. Cass. nn. 19679/2003; 1203/2000);

2.7. con evidenza tali presupposti non ricorrono nel caso in esame, essendosi limitata la ricorrente a lamentare, in modo generico, carenza di motivazione circa la qualificazione resa dalla CTR circa l’insegna;

3. sulla scorta di quanto sin qui illustrato, accolto il primo motivo di ricorso e respinto il secondo, la sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla CTR della Puglia, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso; rigetta il secondo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria , il 17 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2018

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