Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31606 del 04/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 04/12/2019, (ud. 13/06/2019, dep. 04/12/2019), n.31606

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. CHIESI Gian Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4523/2013 R.G. proposto da:

Edilcasa 2000 srl, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dagli avv. Luigi Castaldi e Patrizia Marino,

con domicilio eletto in Roma, via M. Prestinari n. 15 presso lo

studio di quest’ultima;

– ricorrente –

contro

Equitalia Sud spa, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dall’avv. Riccardo Zacchia con domicilio

eletto presso lo studio del medesimo in Roma, via Attilio Regolo n.

12/d;

– controricorrente –

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 126/10/12 del 29 marzo 2012, depositata il 25 giugno 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 giugno

2019 dal Consigliere Enrico Manzon.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 126/10/12 del 29 marzo 2012, depositata il 25 giugno 2012, la Commissione tributaria regionale del Lazio respingeva l’appello proposto da Edilcasa 2000 srl avverso la sentenza n. 352/10/11 della Commissione tributaria provinciale di Roma che ne aveva parzialmente accolto il ricorso contro la cartella esattoriale per per II.DD. ed IVA 2004.

La CTR osservava in particolare che non erano fondate le eccezioni, riproposte con il gravame dalla società contribuente, di invalidità della cartella di pagamento impugnata per vizio motivazionale e per la mancata indicazione del responsabile del procedimento, rilevando che tale requisito formale è previsto a pena di nullità soltanto per gli atti riscossivi emessi dopo l’1 giugno 2008, per previsione espressa del D.L. n. 248 del 2007, ed essendo stata legittimata tale previsione limitativa dalla giurisprudenza costituzionale.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente deducendo cinque motivi.

Resistono con controricorso Equitalia Sud e l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, – la ricorrente lamenta l’omessa pronuncia sul motivo di appello inerente la nullità del procedimento amministrativo e quella conseguenziale della sentenza appellata per incompetenza territoriale dell’Agenzia delle entrate, ufficio locale.

La censura è infondata.

Trattasi invero di una questione palesemente non prospettata con il ricorso introduttivo della lite e che quindi non poteva formare oggetto di alcuna pronuncia da parte del giudice di primo grado, secondo il consolidato principio che l’oggetto del processo tributario viene “cristallizzato” dalla motivazione dell’atto impugnato e dai motivi di ricorso contro il medesimo (salva la, limitata, possibilità di introdurre “motivi aggiunti” nel primo grado del giudizio D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 24, evidentemente non ricorrenti nel caso di specie). Conseguentemente, ancorchè per implicito, deve ritenersi che la stessa sia stata considerata inammissibile dal giudice tributario di appello, secondo la previsione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57.

Peraltro ad abundantiam, può altresì rilevarsi che il presente giudizio ha per oggetto non l’impugnazione di atti impositivi emessi dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, bensì una cartella esattoriale emessa dall’Agente della riscossione (sulla base di un’iscrizione a ruolo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis), sicchè è del tutto irrilevante la competenza territoriale del primo ufficio.

Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, – la ricorrente si duole di omessa pronuncia sulle eccezioni di decadenza dell’azione accertatrice e di violazione del contraddittorio endoprocedimentale prima dell’iscrizione a ruolo.

La censura è per il primo profilo infondata e per il secondo inammissibile.

Deve infatti in primo luogo ritenersi che la CTR laziale abbia implicitamente rigettato la prima eccezione, stante la sua evidente infondatezza, trattandosi di cartella di pagamento pacificamente notificata il 21 aprile 2008 ed essendo il relativo termine decadenziale di emissione scadente il successivo 31 dicembre 2008, in quanto atto riscossivo emesso sulla base di iscrizione a ruolo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, in seguito a controllo “automatizzato” della dichiarazione reddituale ed IVA della società contribuente per l’anno 2004, presentata nel 2005 (termine decadenziale triennale D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 25, comma 1, lett. a)).

Quanto alla seconda risulta inammissibilmente introdotta per la prima volta in sede di appello, non formando oggetto dei motivi del ricorso introduttivo della lite, sicchè deve ritenersi che anche con riguardo alla medesima il giudice tributario di appello abbia per implicito fatta applicazione del divieto di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57.

Con il terzo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, – la ricorrente denuncia l’omessa pronuncia sul vizio motivazionale della cartella esattoriale impugnata.

La censura è infondata.

Pacifico, come detto, che l’atto riscossivo de quo sia stato emesso in seguito a procedura di controllo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, va ribadito che “In tema di riscossione delle imposte, sebbene in via generale la cartella esattoriale, che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, debba essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, tale obbligo di motivazione deve essere differenziato a seconda del contenuto prescritto per ciascuno tipo di atto, sicchè, nel caso in cui la cartella di pagamento sia stata emessa in seguito a liquidazione effettuata in base alle dichiarazioni rese dal contribuente ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, l’obbligo di motivazione può essere assolto mediante il mero richiamo a tali dichiarazioni perchè, essendo il contribuente già a conoscenza delle medesime, non è necessario che siano indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa” (Cass. n. 21804 del 20/09/2017, Rv. 645620 – 01).

La sentenza impugnata si è chiaramente espressa nel senso indicato da tale principio di diritto.

Con il quarto motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, – la ricorrente lamenta l’omessa pronuncia sull’eccezione di omessa sottoscrizione autografa della cartella esattoriale impugnata da parte del responsabile del procedimento.

Con il quinto motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – si duole della violazione/falsa applicazione di norme di legge in relazione a detta eccezione.

Le censure, da esaminarsi congiuntamente per connessione, sono infondate.

Anzitutto va rilevato che la CTR laziale ha chiaramente statuito che la mancata indicazione del “responsabile del procedimento” non può inficiare la validità formale della cartella di pagamento in esame, essendo la medesima stata emessa prima del 1 giugno 2008, stante la previsione in questo senso regolante la sua applicazione temporale della fonte normativa che tale obbligo, a pena di nullità, ha introdotto (D.L. n. 248 del 2007).

In secondo luogo, pur essendo evidente che non vi è stata pronuncia esplicita sulla, ulteriore, questione posta con l’eccezione (motivo di appello) in esame della validità della sottoscrizione della cartella esattoriale impugnata, vi è ragione di ritenere che lo stesso giudice tributario di appello abbia inteso implicitamente rigettarla (tra le molte, cfr. Cass. n. 29191 del 06/12/2017, Rv. 646290 – 01) ed in ogni caso va dato seguito al consolidato indirizzo che “Alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111 Cost., comma 2, nonchè di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c., ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con il suddetto motivo risulti infondata, di modo che la pronuncia da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto” (Cass. n. 2313 del 01/02/2010; ex pluribus conf. Cass. n. 16171 del 28/06/2017; Cass. n. 9693 del 19/04/2018).

Tale eccezione risulta infatti infondata, dovendosi ribadire altresì che “In tema di riscossione delle imposte sul reddito, l’omessa sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, la cui esistenza non dipende tanto dall’apposizione del sigillo o del timbro o di una sottoscrizione leggibile, quanto dal fatto che tale elemento sia inequivocabilmente riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo, tanto più che, a norma del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25, la cartella, quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli, deve essere predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, ma solo la sua intestazione e l’indicazione della causale, tramite apposito numero di codice” (Sez. 5, Sentenza n. 25773 del 05/12/2014, Rv. 633901 – 01).

In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.000 per ciascuna parte costituita, oltre spese prenotate a debito per l’Agenzia delle entrate ed oltre 15% per contributo spese generali

ed accessori di legge per Equitalia Sud spa. Sussistono i presupposti processuali, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater. Per il versamento da parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di c.u. pari a quello previsto per il rinvio, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 13 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2019

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