Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31600 del 04/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 04/12/2019, (ud. 30/05/2019, dep. 04/12/2019), n.31600

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17177/2012 R.G. proposto da:

C.N., rappresentato e difeso dagli avv.ti Adriano

Giuffrè e Francesca Giuffrè, elett. dom. presso il loro studio in

Roma, via Dei Gracchi, 39;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Basilicata n. 116/1/2011 del 3 maggio 2010, depositata il 8 giugno

2011, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 maggio

2019 dal Consigliere Adet Toni Novik.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 116/1/2011 del 3 maggio 2010, depositata l’8 giugno 2011, la Commissione Tributaria Regionale della Basilicata (di seguito, CTR) accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate di (OMISSIS) (di seguito, l’Agenzia) avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto da C.N. (di seguito, il contribuente) avverso l’avviso di accertamento per Irpef, Iva e Irap per l’anno 1999 (notificato il 30/11/2005).

2. Per una migliore intelligenza della vicenda, è opportuno ripercorrerne gli snodi fondamentali.

2.1. Risulta dagli atti che l’avviso di accertamento nei confronti del contribuente, titolare della ditta individuale “Torrefazione “SUD CAFFE'” era stato emesso in conseguenza della inattendibilità delle scritture contabili e aveva portato a far emergere maggiori ricavi conseguiti nell’anno 1999 mediante la ricostruzione indiretta tramite le materie prime utilizzate. Nel ricorso di primo grado, il contribuente aveva eccepito la nullità dell’avviso di accertamento perchè l’ufficio aveva ritenuto inattendibili le scritture contabili sulla base di due irregolarità – riguardanti rispettivamente l’indebito utilizzo di un credito d’imposta e un apporto di cassa di 100 milioni di lire in contanti – afferenti a periodi di imposta estranei all’anno oggetto dell’accertamento. Nel merito, il contribuente aveva contestato la determinazione della materia imponibile sia quanto alle percentuali di sfrido, legate al procedimento di produzione del caffè e al suo prezzo di vendita, sia per illegittima applicazione di una percentuale di ricarico “media”, anzichè “ponderata”.

2.2. Il giudice di primo grado, pur ritenendo non priva di rilievo la doglianza del contribuente sulla infondatezza del giudizio di inattendibilità delle scritture contabili, da correlarsi logicamente, per la sequenza delle argomentazioni, alle irregolarità accertate – ritenute non sussistenti perchè il credito d’imposta non riguardava l’anno in contestazione e l’apporto in contanti risultava documentalmente giustificato -, accoglieva il ricorso nel merito osservando che: – mediante la perizia giurata prodotta, il ricorrente aveva dimostrato che nelle diverse fasi di lavorazione vi erano sfridi ulteriori rispetto a quelli valutati dall’ufficio; non era chiaro il motivo per il quale l’ufficio aveva ignorato le osservazioni del ricorrente relativamente ai prezzi di vendita, senza procedere ad alcuna verifica; – non era priva di rilievo la doglianza del contribuente circa l’applicazione di una percentuale di ricarico media, anzichè medio-ponderata.

2.3. A sostegno della decisione di riforma, la CTR, riteneva che: legittimamente l’ufficio aveva effettuato un accertamento analitico-induttivo, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d); – il richiamo dell’ufficio alla inattendibilità delle scritture contabili era stata portato a sostegno della rettifica “unicamente quale elemento idoneo a sostenere l’esistenza di presunzioni dotate dei requisiti di gravità, precisione e concordanza in forza dei quali sostenere l’accertamento concretamente operato”; – i giudici di primo grado avevano errato nella valutazione di inidoneità degli elementi ulteriori posti dall’ufficio a sostegno dell’accertamento analitico-induttivo: dalla documentazione contabile non emergeva la prova dell’apporto di cassa; – nel merito, la legittimità della percentuale di ricarico utilizzata dall’ufficio non poteva essere contrastata dalla perizia di parte che non dimostrava l’effettiva incidenza delle perdite di materia prima nel corso del procedimento di lavorazione; – lo stesso contribuente, nel contraddittorio endo-procedimentale aveva indicato le percentuali di sfrido; – l’omogeneità delle categorie lavorate rendeva legittimo l’applicazione della percentuale di ricarico media.

3. Il contribuente ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato a cinque motivi, illustrati da memoria, a cui l’Agenzia resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il contribuente deduce ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), art. 42, artt. 2697 e 2729 c.c.. In sintesi, ritiene illegittima la sentenza impugnata nella parte in cui la CTR aveva qualificato legittimo l’accertamento induttivo condotto dall’ufficio in assenza di presunzioni gravi, precise e concordanti, dal momento che le irregolarità riscontrate si riferivano all’anno di imposta 2001-2002.

La censura è infondata. La violazione dell’art. 2697 c.c., è insussistente: essa si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni.

Quanto invece alla dedotta violazione dell’art. 2729 c.c., premesso che, come precisato da questa Corte con la sentenza n. 2482/2019, “la “precisione” va riferita al fatto noto (indizio) che costituisce il punto di partenza dell’inferenza e postula che esso non sia vago, ma ben determinato nella sua realtà storica; la “gravità” va ricollegata al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto che, sulla base della regola d’esperienza adottata, è possibile desumere da quello noto; la “concordanza” richiede che il fatto ignoto sia, di regola, desunto da una pluralità di indizi gravi e precisi, univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza”, la decisione della CTR in esame non viola detti criteri applicativi, avendo la stessa fondato la ricostruzione dei maggiori ricavi imputati al contribuente, come risulta dagli atti di parte, non già sulle irregolarità delle scritture contabili, ma su apporti di cassa non giustificati, sulle percentuali di sfrido derivanti dalla torrefazione del caffè e sulla percentuale di ricarico. Ebbene, nel motivo di censura non si svolge alcuna critica alla motivazione della sentenza impugnata ragionando e spiegando perchè essa avrebbe violato nei sensi indicati dalla sopra ricordata giurisprudenza il paradigma dell’art. 2729 c.c..

2. Con il secondo motivo, è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. – artt. 2697 e 2729 c.c., – in relazione all’utilizzo come presunzioni gravi, precise e concordanti, di elementi la cui regolarità contabile era stata ampiamente documentata dal contribuente; inoltre, a dire della parte, era stata data piena prova delle perdite di materia prima durante il processo di lavorazione.

Con il terzo motivo, si lamenta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., – art. 115 c.p.c., – D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si contesta che ai fini dell’accertamento dei maggiori ricavi dell’impresa sia stata applicata una percentuale di ricarico difforme da quella applicata dal contribuente, ancorchè non fosse a livelli di abnormità ed irragionevolezza tali da privare la documentazione contabile di ogni attendibilità. Il contribuente, in proposito, aveva depositato una perizia non contestata.

Il secondo e il terzo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili. Ciò in base al principio secondo cui, in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicchè la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., 1 comma, n. 3, bensì un errore di valutazione dei fatti, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione (da ultimo, Cass. 20 marzo 2019, n. 7726 – (Ndr: Testo originale non comprensibile) n. 3680). Peraltro, la scelta del diverso calcolo delle percentuale di carico applicata sui generi venduti, mediante “media aritmetica semplice” (comparazione tra prezzi di acquisito e di vendita di alcuni generi merceologici) ovvero mediante “media aritmetica ponderata” (comparazione tra prezzi di acquisto e vendita relativi a gruppi merceologici omogenei concernenti i beni commercializzati dalla impresa), non costituisce oggetto di specifica previsione legislativa, rimanendo pertanto escluso che la scelta di uno piuttosto che dell’altro possa integrare una violazione di norme di diritto (cfr. Corte Cass. 5 sez. 20.11.2001n. 14576: id. 5 sez. 16.12.2009 n. 26312): la scelta da parte dell’Amministrazione finanziaria del criterio di determinazione della percentuale di ricarico deve, tuttavia, rispondere a canoni di coerenza logica e congruità che devono essere esplicitati attraverso adeguato ragionamento, essendo consentito il ricorso al criterio della “media aritmetica semplice” in luogo della “media ponderale” quando, come nel caso concreto, risulti l’omogeneità della merce (cfr. Corte Cass. 5 sez. 2 3.1.12003 n. 979; id. 5 sez. 19.6.2009 n. 14328; id. 5 sez. 16.12.2009 n. 26312; id. 5″ sez. 28.4.2010 n. 10148).

3. Con il quarto motivo il contribuente lamenta difetto di motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver il giudice di appello spiegato le ragioni per cui aveva ritenuto prive di valenza indiziaria le prove contrarie (dichiarative e documentali) offerte dal contribuente.

La censura è infondata. Le argomentazioni poste a sostegno della doglianza non dimostrano alcun vizio logico della sentenza impugnata, nè l’omessa considerazione di elementi di fatto nuovi che, ove fossero stati tenuti presenti, avrebbero dovuto indurre a statuizione diversa, ma si limitano a postulare un apprezzamento diverso delle prove che sono state date, senza considerare che il sindacato di legittimità non consente di riesaminare il merito della vicenda processuale, ma solo di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, le argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi. Quanto alla doglianza relativa alla perizia stragiudiziale, si osserva che essa non ha valore di prova nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato, ma solo di indizio, al pari di ogni documento proveniente da un terzo, con la conseguenza che la valutazione della stessa è rimessa all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito che, peraltro, non è obbligato in nessun caso a tenerne conto. (Sez. 5 -, Ordinanza n. 33503 del 27/12/2018, Rv. 651998 – 02).

Tuttavia, nel caso concreto, la CTR ha esaminato la perizia ma ha ritenuto che essa fosse inidonea a dimostrare l’effettiva incidenza delle perdite di materia prima.

4. Con il quinto motivo, si lamenta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2730,2731,2735 c.c., – art. 24 Cost., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si contesta l’assunto della CTR secondo cui alle dichiarazioni rese dal contribuente in sede di verifica fiscale è stato attribuito il carattere di una confessione extragiudiziale La censura è infondata. Invero, dalla sentenza risulta con sufficiente chiarezza che le percentuali di incidenza dello sfrido sono state determinate nel corso del contraddittorio endoprocedimentale “ove è il medesimo contribuente ad enunciare, con dichiarazione avente natura confessoria le percentuali di incidenza dello sfrido nella lavorazione”. Vale, pertanto, il principio logico-giuridico che l’accettazione da parte del contribuente, in contraddittorio con i verbalizzanti, di una data percentuale di ricarico può essere apprezzata come confessione stragiudiziale risultante proprio dal processo verbale sottoscritto e, quindi, tale da legittimare l’accertamento dell’ufficio (Cass. 5628/1990 e 1286/2004). Così come ogni dichiarazione del legale rappresentante può costituire prova non già indiziaria, ma diretta del maggior imponibile eventualmente accertato nei confronti della società, non bisognevole, come tale, di ulteriori riscontri (Cass. 28316/2005, 9320/2003, 7964/1999).

5. In conclusione il ricorso deve essere rigettato e il contribuente condannato alla rifusione delle spese del presente giudizio che si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate, in complessivi Euro 5.600, oltre alle spese prenotate a debito ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, 30 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2019

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