Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31592 del 04/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 04/12/2019, (ud. 09/10/2019, dep. 04/12/2019), n.31592

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14301-2017 proposto da:

C.E., elettivamente domiciliata in ROMA VIA OSLAVIA 30,

presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO GIZZI, che la rappresenta e

difende giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona de Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7653/2016 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositava 30/11/2016;

udita la relazione della causa svolga nella pubblica udienza del

09/10/2019 dal Consigliere Dott. RITA RUSSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRANCESCO SALZANO che ha concluso per l’accoglimento del 1 e 3

motivo di ricorso, assorbito il 2;

udito per il ricorrente l’Avvocato GIZZI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato VALENZANO che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- C.E. ha impugnato l’atto di variazione di accatastamento (c.d. riclassamento catastale) di una unità immobiliare di sua proprietà sita in (OMISSIS) eseguito dall’Agenzia delle entrate ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335.

2.- In primo grado il ricorso della contribuente è stato accolto; l’Agenzia ha impugnato la sentenza di primo grado, e la CTR con sentenza depositata il 30.11.2016 ha riformato la sentenza impugnata in accoglimento dell’appello della Agenzia.

3.- Propone ricorso per cassazione la contribuente, affidandosi a tre motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia. Con ordinanza in data 7 maggio 2019 la Corte ha disposto l’acquisizione del Fasciolo d’ufficio. Alla pubblica udienza del 9 ottobre 2019 le parti hanno discusso la causa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECSIONE

4.- Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione di legge ai sensi all’art. 360 c.p.c., n. 4, per avere la CTR rigettato la eccezione di tardività dell’appello. L’atto di appello doveva essere notificato entro il 17 maggio 2016; l’Avvocatura deposita copia di un elenco di raccomandate consegnate alla posta, con un timbro che, secondo la ricorrente sarebbe illeggibile, mentre secondo l’Avvocatura è leggibile e attesta la data di consegna alla posta nel 17 maggio 2016. Così la CTR ritiene tempestivo l’appello con l’affermazione “dalla documentazione in atti l’appello risulta inviato entro il termine perentorio del 17 maggio 2016”. La ricorrente, invece, ritenendo illeggibile il timbro sul documento prodotto dall’Avvocatura deduce che l’unico riferimento temporale certo quello dato da altro documento cioè la “presa in carico” da parte delle poste della raccomandata, avvenuta il 20 maggio.

Il motivo è infondato.

Non è qui in discussione il principio che la notifica si intende perfezionata, per il mittente alla data in cui egli consegna l’atto al soggetto abilitato ad eseguire la notifica e salvo buon fine (Cass. s.u. 13970/2004). Ciò che la parte contesta è la leggibilità del timbro sul documento depositato dall’Avvocatura a sostegno della propria deduzione difensiva, di avere consegnato alla posta un insieme di plichi tra cui quello dell’appello in esame il 17.5.2016, attività di cui fa fede appunto l’elenco degli atti, timbrato dall’ufficio postale. Acquisto il fascicolo, la Corte ha potuto verificare che sull’originale del documento è apposto un timbro, sbiadito ma ancora leggibile, che effettivamente attesta la consegna in data 17.5.2016.

L’appello è quindi tempestivo.

5.- Con il secondo motivo si lamenta l’omessa omessa motivazione su un fatto decisivo e cioè che la parte aveva dedotto di alcune modifiche strutturali al suo immobile per il quale l’anno precedente era stata fatta una DOCFA, non considerate nè dall’Ufficio nè dalla CTR che ha ritenuto valida la motivazione dell’avviso di accertamento solo in base alla appartenenza alla microzone e allo scostamento di valori superiore al 35% Con il terzo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione di diritto con riferimento alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, e della statuto contribuente, art. 7, per difetto di motivazione dell’avviso. Subordinatamente si chiede la sospensione in attesa della decisione della Corte Costituzionale sulla norma.

I motivi possono esaminarsi congiuntamente, non essendo necessario sospendere il giudizio atteso che la Corte Costituzionale si è pronunciata in data 24 ottobre 2017 con la sentenza n. 249, dichiarando non fondata la questione di legittimità costituzionale, ma offrendo importanti indicazioni per la interpretazione della norma, di cui appresso si dirà.

I motivi sono fondati.

5.-1 La fattispecie di cui si tratta è una specifica ipotesi di revisione del classamento di un immobile urbano su iniziativa dell’amministrazione comunale, prevista dalla L. 311 del 2004, art. 1, comma 335, che così dispone: “La revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato individuato ai sensi del regolamento di cui al D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, e il corrispondente valore medio catastale ai fini dell’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali, è richiesta dai comuni agli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio. Per i calcoli di cui al precedente periodo, il valore medio di mercato è aggiornato secondo le modalità stabilite con il provvedimento di cui al comma 339. L’Agenzia del territorio, esaminata la richiesta del comune e verificata la sussistenza dei presupposti, attiva il procedimento revisionale con provvedimento del direttore dell’Agenzia medesima”.

Le sezioni unite di questa Corte (Cass. s.u. n. 7665/2016) hanno affermato che, quando si procede all’attribuzione di ufficio di un nuovo classamento ad un’unità immobiliare a destinazione ordinaria, l’Agenzia competente deve specificare se il mutamento è dovuto ad una risistemazione dei parametri relativi alla microzona in cui si colloca l’unità immobiliare e, nel caso, indicare l’atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano, trattandosi di uno dei possibili presupposti del classamento e cioè di uno dei possibili fattori che possono determinare un aumento straordinario (superiore alla media) del valore economico medio delle unità immobiliari presenti nella zona.

In particolare quando si tratta di un mutamento di rendita inquadrabile nella revisione del classamento delle unità immobiliari private site in microzone comunali ai sensi del citato comma 335, la ragione giustificativa non è la mera evoluzione del mercato immobiliare, nè la mera richiesta del Comune, bensì l’accertamento di una modifica nel valore degli immobili presenti nella microzona, attraverso le procedure previste dal successivo comma 339, ed elaborate con la determina direttoriale del 16 febbraio 2005 (G.U. n. 40 del 18 febbraio 2005), cui sono allegate linee guida definite con il concorso delle autonomie locali. Ciò che rileva, ai fini che qui interessano, è il maggior incremento del valore medio di mercato di quella zona rispetto all’incremento del valore medio di mercato degli immobili nell’intero territorio comunale. Per effettuare tale valutazione comparativa degli incrementi di valore, la norma utilizza come termine di partenza il valore della rendita catastale, sulla base dell’implicito presupposto che essa sia stata determinata a suo tempo, per tutti gli immobili, in misura equivalente al rispettivo valore di mercato o comunque ad una pari quota di esso. In tal modo, la revisione di cui al comma 335, è funzionale alla presa in considerazione, a fini di perequazione e riallineamento, degli incrementi di valore di mercato interessanti l’intera microzona – e quindi, indirettamente, le unità immobiliari in essa comprese – e non anche a correggere eventuali errori di valutazione in sede di determinazione originaria della rendita catastale relativa alla singola unità immobiliare e neppure ad aggiornare il classamento di esse in dipendenza di migliorie edilizie ad esse apportate. Ne consegue che se l’amministrazione intende procedere alla revisione del classamento ai sensi dell’art. 1, comma 335, dovrà seguire un iter scomponibile, sul piano funzionale, in due fasi. Nella prima l’amministrazione – su cui grava sempre l’onere di dedurre e provare la causa petendi giustificativa dell’accertamento ha l’onere di accertare, e preliminarmente, di specificare in modo chiaro, preciso e analitico, e quindi di provare i presupposti di fatto che legittimano nel caso di specie la c.d. riclassificazione di massa. Nella seconda fase l’amministrazione ha l’onere di dedurre e provare i parametri, i fattori determinativi ed i criteri per l’applicazione della riclassificazione alla singola unità immobiliare.

4.2.- La Corte costituzionale, con la sentenza n. 249 del 2017, nel respingere la eccezione di legittimità costituzionale avverso il peculiare strumento introdotto dalla L. 311 del 2004, art. 1, comma 335, afferma che l’obbligo della motivazione in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento. In particolare la Consulta ha osservato che “E’ bene ricordare, peraltro, che la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento”.

Di conseguenza, non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento in termini sintetici e quindi generici al rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale nella microzona considerata rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, e al relativo scostamento ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, senza specificare le fonti, i modi e i criteri con cui questi dati sono stati ricavati ed elaborati. Viceversa, l’atto deve contenere l’indicazione: a) degli elementi che hanno in concreto interessato una determinata microzona; b) di come essi incidano sul diverso classamento della singola unità immobiliare.

Inoltre è importante che sia specificata la data alla quale fa riferimento la rilevazione della media dei valori medi catastali e la data della rilevazione della media dei valori di mercato. Senza una piena coincidenza delle date di rilevazione, le comparazioni tra zona e zona ipotizzate dalla norma perdono di significato e non dimostrano la capacità contributiva all’attualità.

Questa Corte (Cass. n. 10403/2019) ha già affermato che “anche la procedura prevista dal cit. comma 335, pur a fronte del relativo presupposto, non può sottrarsi all’applicazione dei parametri previsti, in via ordinaria, dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 154, lett. e), il quale impone che si tenga conto, nel medesimo contesto cronologico, dei caratteri specifici di ciascuna unità immobiliare, del fabbricato e della microzona ove l’unità è sita, siccome tutti incidenti comparativamente e complessivamente alla qualificazione della stessa (Cass. n. 4712 del 09/03/2015). Ne consegue che non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento al rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale nella microzona considerata rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, e al relativo scostamento ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, allorchè da questi ultimi non risultino gli elementi (come la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato) incidenti, in concreto, sul diverso classamento (Cass. n. 3156 del 17/02/2015, Cass. n. 22900 del 29/09/2017)”.

Sussiste quindi la necessità che nell’avviso di accertamento l’obbligo motivazionale sia assolto in modo rigoroso, con la precisazione delle ragioni che hanno indotto l’Amministrazione a modificare d’ufficio il classamento originario e non già facendo richiamo agli astratti presupposti normativi che hanno giustificato l’avvio della procedura (ex multis: Cass. 3156/2015, Cass. 22900/2017; Cass. 16368/2018; Cass. n. 361/2019) L’amministrazione comunale è tenuta ad indicare in modo dettagliato quali siano stati gli interventi e le trasformazioni urbane che hanno portato l’area alla riqualificazione non essendo sufficiente far richiamo ad espressioni di stile del tutto avulse dalla situazione concreta (cfr. Cass. n. 3156/2015).

4.2.- In definitiva, il contribuente, assoggettato all’iniziativa dell’ente, rivolta a modificare un quadro già stabilizzato di definizione della capacità contributiva, deve essere posto in condizione di poter compiutamente controllare e se del caso contestare – sul piano giuridico oltre che sul piano fattuale – la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della revisione del classamento di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335. Ciò comporta un obbligo di motivazione che non può ritenersi assolto quando il provvedimento è motivato solo con riferimento al rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale nella microzona considerata rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, e al relativo scostamento. Così di recente questa Corte si è espressa: “l’obbligo di motivazione assume una connotazione più ampia anche quando l’Agenzia del territorio muta d’ufficio il classamento ad un’unità immobiliare che ne risulti già munita; in tal caso la dilatazione della componente motivazionale si giustifica per il fatto che, andando ad incidere su valutazioni che si presumono già verificate in termini di congruità, è necessario mettere in evidenza gli elementi di discontinuità che ne legittimano la variazione” (Cass. 19990/2019).

Giova anche evidenziare che la motivazione dell’atto di riclassamento non può essere integrata dall’Amministrazione finanziaria nel giudizio di impugnazione avverso lo stesso (vedi da ultimo Cass. n. 25450/2018 e n. 6065/ 2017), nè il fatto che il contribuente abbia potuto svolgere le proprie difese vale a rendere sufficiente la motivazione, al fine di non legittimare un inammissibile giudizio ex post della sufficienza della motivazione, argomentata dalla difesa svolta in concreto dal contribuente, piuttosto che un giudizio ex ante basato sulla rispondenza degli elementi enunciati nella motivazione a consentire l’effettivo esercizio del diritto di difesa.

Ciò vale anche per i mutamenti di classe perchè, se è vero che l’attribuzione di una determinata classe è indubbiamente correlata alla qualità urbana del contesto in cui l’immobile è inserito (infrastrutture, servizi, eccetera), e alla qualità ambientale (pregio o degrado dei caratteri paesaggistici e naturalistici) della zona di mercato immobiliare in cui l’unità stessa è situata, tali caratteristiche generali vanno sempre individuate in concreto, in riferimento alla specifica porzione di territorio in cui si inserisce la revisione, individuando gli effettivi interventi urbanistici e le attività realmente incidenti sulla migliore qualità dell’utilizzo degli immobili della zona (v. Cass. 19990/2019).

Così fissati i principi, il ricorso merita accoglimento, la sentenza impugnata deve essere cassata e può decidersi nel merito non essendo necessari ulteriori accertamenti, accogliendo l’originario ricorso della contribuente.

Quanto alle spese di giudizio, la contribuente è vittoriosa, ma il progressivo consolidamento della giurisprudenza in materia giustifica la integrale compensazione delle spese dei gradi di merito e del grado di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della contribuente. Compensa le spese dell’intero procedimento.

Così deciso in Roma, Camera di consiglio, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2019

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