Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31584 del 06/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 06/12/2018, (ud. 13/09/2018, dep. 06/12/2018), n.31584

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25260-2017 proposto da:

O.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MASSIMILIANO MOTTA;

– ricorrente –

contro

C.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ILDEBRANDO

GOIRAN 23 presso lo STUDIO LEGALE ISABELLA-ZAFFINA, rappresentato e

difeso dagli avvocati CARLO LUIGI ISABELLA, ROBERTO CHIODO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1325/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 07/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/09/2018 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

Picaroni Elisa.

Fatto

RITENUTO

che O.C. ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Firenze, depositata il 7 giugno 2017, che ha accolto l’appello proposto da C.D. avverso la sentenza del Tribunale di Firenze n. 3598 del 2015;

che il giudice di primo grado aveva accolto la domanda dell’attore O., promissario acquirente dell’immobile sito in (OMISSIS), e dichiarato legittimo il recesso dal contratto preliminare del 16 maggio 2009, esercitato da O. in data 21 maggio 2010, stante la mancata regolarizzazione urbanistica dell’immobile;

che la Corte d’appello ha accolto il gravame del promittente venditore C., che aveva riproposto la domanda riconvenzionale di accertamento della legittimità del proprio recesso dal preliminare, ritenendo che non sussisteva l’inadempimento del promittente venditore, il quale si era attivato per la regolarizzazione dell’immobile, mentre il promissario acquirente non si era presentata alla stipula del contratto definitivo, fissata il giorno 25 novembre 2010;

che C.D. resiste con controricorso;

che il relatore ha formulato proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., di manifesta infondatezza del ricorso;

che entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorrente denuncia, con il primo motivo, violazione e falsa applicazione dell’art. 1455 c.c. e, con il secondo motivo, erronea applicazione dell’art. 1460 c.c. per contestare la valutazione dell’inadempimento del promittente venditore, che la Corte d’appello aveva ritenuto non colpevole e di scarsa importanza, tale cioè da non legittimare il recesso del promissario acquirente, e da non giustificare il successivo rifiuto di procedere alla stipula;

che la Corte d’appello non avrebbe considerato che l’immobile era affetto da irregolarità urbanistica e perciò non commerciabile, ed erroneamente aveva ritenuto trascurabile il periodo di attesa della regolarizzazione, di oltre 11 mesi, tanto più a fronte della lettera del 1 aprile 2010, con la quale il promissario acquirente aveva diffidato la controparte e concesso ulteriori 40 giorni per l’adempimento;

che tale termine doveva considerarsi essenziale, e ciò assorbiva ogni questione riguardante le ragioni che avevano indotto il promissario acquirente a recedere, sulle quali inutilmente si era soffermata la Corte d’appello;

che, in ogni caso, il promittente venditore non aveva dimostrato che il suo inadempimento fosse di lieve entità;

che i motivi, da esaminare congiuntamente per l’evidente connessione, sono manifestamente infondati;

che la Corte d’appello ha proceduto alla disamina dei comportamenti dei contraenti e ha ritenuto, con ragionamento congruo ed esaustivamente argomentato, che non sussistesse il grave inadempimento del promittente venditore, onde l’illegittimità del comportamento del promissario acquirente che si era rifiutato di stipulare il contratto definitivo dopo che, in data 20 ottobre 2010, era stato definito il procedimento di sanatoria dell’irregolarità urbanistica dell’immobile;

che, in particolare, la Corte territoriale ha valorizzato il fatto che il promittente venditore si fosse attivato a chiedere la sanatoria (il 26 marzo 2010) subito dopo la contestazione della irregolarità urbanistica – irregolarità che non emergeva dall’atto di acquisto nè dalla relazione tecnica a corredo dell’atto -, e che il promissario acquirente avesse perciò revocato, con lettera del 1 aprile 2010, il recesso esercitato in data 18 marzo 2010;

che in tale contesto, cioè nelle more della pratica di sanatoria, era accaduto che il promissario acquirente aveva esercitato nuovo recesso, stante la perdurante mancanza della documentazione tecnica necessaria per la stipula, senza che, tuttavia, il ritardo nella definizione della pratica fosse seriamente imputabile al promittente venditore;

che, d’altra parte, ha osservato infine la Corte d’appello, il promissario acquirente non aveva dimostrato che la ritardata regolarizzazione dell’immobile avesse fatto venir meno l’interesse all’acquisto dell’immobile;

che nel percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale non si ravvisano i denunciati vizi di violazione di legge;

che, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte regolatrice, la valutazione della gravità dell’inadempimento, ai sensi dell’art. 1455 c.c., deve essere condotta alla stregua di un duplice criterio, applicandosi in primo luogo un parametro oggettivo, attraverso la verifica che l’inadempimento abbia inciso in modo apprezzabile nell’economia complessiva del rapporto (in astratto, per la sua entità e, in concreto in relazione al pregiudizio effettivamente causato all’altro contraente), sì da dar luogo ad uno squilibrio sensibile del sinallagma negoziale; completandosi, poi, l’indagine mediante la considerazione di eventuali elementi di carattere soggettivo, consistenti nel comportamento di entrambe le parti (come un atteggiamento incolpevole o una tempestiva riparazione, ad opera dell’una, un reciproco inadempimento o una protratta tolleranza dell’altra), che possano, in relazione alle particolarità del caso, attenuare il giudizio di gravità, nonostante la rilevanza della prestazione mancata o ritardata (ex plurimis, Cass. 27/05/2015, n. 10995; Cass. 22/10/2014, n. 22346; Cass. 07/02/2001, n. 1773);

che si tratta, con ogni evidenza, di valutazione nella specie effettuata e argomentata congruamente;

che è inammissibile la questione prospettata dal ricorrente riguardo alla valenza della missiva 1 aprile 2010 come diffida ad adempiere, con fissazione del termine essenziale di 40 giorni per l’adempimento;

che non vi è cenno di tale questione nella sentenza impugnata e il ricorrente neppure ha specificato se e dove l’avrebbe dedotta, sicchè la stessa risulta proposta per la prima volta nel giudizio di legittimità e come tale è inammissibile (ex plurimis, Cass. 13/06/2018, n. 15430; Cass. 18/10/2013, n. 23675);

che, di conseguenza, neppure rileva l’ulteriore questione posta dal ricorrente, che rimprovera alla Corte d’appello di avere valutato le ragioni che lo avevano indotto a formalizzare il recesso, in disparte il rilievo che tale valutazione doveva essere effettuata per stabilire l’incidenza della ritardata regolarizzazione dell’immobile sull’interesse del promissario acquirente;

che al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, come in dispositivo;

che sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 13 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2018

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