Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31583 del 04/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 04/12/2019, (ud. 28/11/2018, dep. 04/12/2019), n.31583

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9382/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata, dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale presso quest’ultima in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

VILLA SAN CARLO BORROMEO S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv.

Corrado Grande, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma,

via XXIV Maggio, n. 43 (Studio Chiomenti);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 146/44/2011 della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia, depositata il 7/10/2011 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/11/2018

dal Presidente Pietro Campanile.

Fatto

RILEVATO

CHE:

l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, che, in riforma della decisione di primo grado, ha accolto il ricorso della S.r.l. Villa San Carlo Borromeo, con il quale era stato chiesto l’annullamento della cartella di pagamento, emessa a seguito di controllo ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, relativa all’anno 2006;

in particolare, è stata disattesa la tesi dell’amministrazione circa la non emendabilità degli errori compiuti nella compilazione del modello unico relativo all’anno 2003 (consistenti nell’errata indicazione di una detrazione in luogo di una deduzione di una perdita), sostenendosi che in sede contenziosa il contribuente è legittimato ad allegare errori di fatto o di diritto commessi;

l’Agenzia delle Entrate ricorre con unico motivo;

la società non svolge attività difensiva;

il ricorso per cassazione è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

il ricorso, con il quale si deduce, violazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, nonchè falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, è fondato, per le seguenti ragioni;

il principio dell’emendabilità delle dichiarazioni, per come affermato in termini assoluti nella decisione impugnata, in realtà soffre di specifiche eccezioni;

le Sezioni unite di questa Corte hanno affermato che, in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, se diretta ad evitare un danno per la P.A., mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria (Cass., 30 giugno 2016, n. 13378);

le stesse Sezioni unite di questa Corte, nella decisione testè richiamata, hanno tuttavia precisato (punto 23) che ” il principio della generale e illimitata emendabilità della dichiarazione fiscale incontra il limite delle dichiarazioni destinate a rimanere irretrattabili per il sopravvenire di decadenze”;

si è quindi consolidato il principio per cui la possibilità di emenda della dichiarazione anche in sede giudiziale vale solo nell’ipotesi ordinaria in cui la dichiarazione riveste carattere di mera dichiarazione di scienza, mentre laddove detta dichiarazione ha carattere di manifestazione negoziale, tale principio di generale emendabilità della dichiarazione non opera, salvo che il contribuente dimostri l’essenziale ed obiettiva riconoscibilità dell’errore ai sensi degli artt. 1427 e ss. (Cass., 24 aprile 2018, n. 10029; Cass. 12 gennaio 2018, n. 610);

tale distinzione tra mera dichiarazione di scienza, sempre emendabile anche nel corso del giudizio in cui l’amministrazione avanzi pretese maggiori, e dichiarazione di volontà, rileva anche in materia di crediti di imposta, soprattutto in presenza di specifiche ipotesi nelle quali si ravvisano delle dichiarazione di volontà (cfr. Cass., 27 ottobre 2017, n. 25566, in relazione alla opzione per l’utilizzo delle perdite di esercizio, che possono essere portate in diminuzione del reddito prodotto nell’anno oggetto della dichiarazione, oppure possono essere portate in diminuzione negli anni successivi; Cass., 2 agosto 2017, n. 19215, in tema di plusvalenze ed imposta sostitutiva; Cass., 29 marzo 2017, n. 8103, per le agevolazioni prima casa; Cass., 22 gennaio 2013, n. 1427, per l’applicazione della aliquota ridotta sugli utili di impresa prodotti dai maggiori investimenti in tema di “dual tax”);

nel caso, poi, di errore commesso in relazione ad aspetti di natura negoziale, è stato affermato che non rileva la mera emendabilità, salvo che il contribuente non dimostri, secondo la disciplina generale dei vizi della volontà di cui agli artt. 1427 e ss. c.c., l’essenzialità ed obiettiva riconoscibilità dell’errore da parte dell’amministrazione finanziaria (Cass., 12 ottobre 2018, n. 25596);

il motivo, pertanto, deve essere accolto nella parte in cui censura l’affermazione dei giudici del merito secondo la dichiarazione dei redditi può essere sempre e comunque emendata al fine di contrastare una pretesa dell’amministrazione di maggiori somme non dovute, dovendosi al contrario verificare, e tanto è demandato al giudice del rinvio, se la dichiarazione, nella parte che si assume erronea, investa una mera dichiarazione di scienza ovvero una manifestazione di volontà negoziale, come, ad esempio, quella riscontrabile nell’ipotesi della utilizzazione di un credito di imposta avente natura opzionale;

l’accoglimento del ricorso comporta la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla CTR della Lombardia, che, in diversa composizione, applicherà il principio sopra richiamato, provvedendo, altresì, in merito alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Lombardia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 28 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2019

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