Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3158 del 08/02/2018
Cassazione civile, sez. VI, 08/02/2018, (ud. 24/10/2017, dep.08/02/2018), n. 3158
Fatto
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Torino, con sentenza del 21 giugno 2016, ha rigettato il reclamo proposto dalla società (OMISSIS) srl in liquidazione avverso la sentenza impugnata che ne aveva dichiarato il fallimento.
La Corte ha ritenuto sussistenti i requisiti di fallibilità di cui alla L. Fall., art. 1, comma 2, ivi compreso quello relativo all’indebitamento (lett. c), valutato anch’esso, come gli altri, nei tre esercizi antecedenti al deposito dell’istanza di fallimento nei quali le passività superavano l’importo di Euro 500.000,00, essendo il volume delle passività anch’esso un indicatore di natura dimensionale e non rilevando che tale limite non fosse superato nell’ultimo esercizio chiuso al 31 dicembre 2014; inoltre, la Corte ha ritenuto inattendibile la situazione contabile al 31 dicembre 2015, non essendovi ricomprese alcune voci di debito.
Avverso la predetta sentenza, la (OMISSIS) srl ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. Il Fallimento non ha svolto difese.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione della L. Fall., art. 1, comma 2, lett. c (ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3): la Corte d’Appello di Torino ha errato nel dare, peraltro in contrasto con il dato letterale, un’interpretazione sistematica della norma che non prevede che si debba considerare l’indebitamento nel triennio antecedente alla dichiarazione di fallimento, tanto più che l’indebitamento si era ulteriormente ridotto al 31 dicembre 2015.
Il motivo è fondato, dovendosi dare continuità all’orpentamento (Cass. n. 17951/2016) secondo cui la mancata previsione, nella L. Fall., lett. c) del riferimento al triennio antecedente, presente invece per le soglie dimensionali indicate nelle lett. a-b), non è certamente casuale; è significativo in tal senso l’uso di tempi diversi dei verbi con riferimento alle altre soglie dimensionali (“avere avuto” a proposito dell’attivo patrimoniale e “avere realizzato” a proposito dei ricavi, in entrambi i casi “nei tre esercizi antecedenti”), a differenza dell’infinito presente (“avere”) utilizzato per l’indebitamento, che deve risultare dalla contabilità dell’impresa al momento della dichiarazione di fallimento. Ciò porta ad escludere la fallibilità dell’imprenditore che sia riuscito a ridurre il passivo al di sotto della soglia di fallibilità, tale conclusione essendo coerente con il rilievo che l’indebitamento è un requisito che prescinde da qualsiasi periodicità.
Il secondo motivo denuncia motivazione apparente e contraddittoria, per non essere state indicate le ragioni dell’inattendibilità della situazione contabile e del superamento della soglia dell’indebitamento nell’ultimo esercizio.
Il motivo è fondato, a fronte di una motivazione inadeguata, anche alla luce del novellato art. 360 c.p.c., n. 5, come interpretato da Cass., s.u., n. 8053 del 2014. La Corte di merito non ha spiegato se la soglia dell’indebitamento sia stata superata nell’ultimo esercizio, fatto questo decisivo ai fini della tenuta della ratio decidendi censurata; inoltre la valutazione di inattendibilità della situazione contabile è apodittica, essendo rimaste sul piano della genericità e astrattezza le affermazioni circa l’occultamento di un debito di Euro 13.799,28 verso i dipendenti e la mancata rinuncia a rivalersi verso la società da parte di un socio disponibile a ripianare i debiti della stessa.
Il ricorso è accolto e la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Torino, anche per le spese.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2017.
Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2018