Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31578 del 03/12/2019

Cassazione civile sez. I, 03/12/2019, (ud. 17/10/2019, dep. 03/12/2019), n.31578

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28531/2013 proposto da:

B.C., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in

Roma, Via Premuda n. 2, presso lo studio dell’avvocato Bombardieri

Leandro, rappresentati e difesi dall’avvocato Gentili Angelo, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Cooperativa Edilizia Azzurra ‘83 a r.l., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 629/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 09/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/10/2019 dal cons. Dott. TRICOMI LAURA.

Fatto

RITENUTO

CHE:

La Corte di appello di Catanzaro, in sede di impugnativa per nullità del lodo pronunciato il 23/05/2009 dall’Arbitro unico – che aveva annullato le delibere della Cooperativa Edilizia Azzurra 83 in data 28 luglio 2008 e 23 aprile 2008 e dichiarato la nullità dei recessi di alcuni soci dalla cooperativa – ha rigettato l’impugnazione principale e quella incidentale, provvedendo sulle spese del giudizio.

Segnatamente in data 23/05/2009, l’Arbitro unico aveva emesso il lodo con il quale:

– aveva annullato la delibera della Cooperativa Edilizia Azzurra 83 a r.l. in data 28/07/2008, con la quale era stato approvato il bilancio di esercizio al 31/12/2007 e la delibera straordinaria nella stessa data con la quale era stata posta in liquidazione la cooperativa e nominato il liquidatore;

– aveva dichiarato la nullità della delibera assembleare della Cooperativa in data 23/04/2008 e delle delibere del Consiglio di amministrazione in quell’occasione ratificate, di accettazione del recesso dalla Cooperativa di alcuni soci, assegnatari di alloggi nel Comune di (OMISSIS), e di ripartizione delle spese tra i soci;

– aveva respinto la domanda solo nei confronti di S.T.. Il ricorso per cassazione è articolato su sei motivi. Nessuna difesa è stata svolta dagli intimati.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione degli artt. 327 e 343 c.p.c.

L’impugnazione concerne la posizione dei ricorrenti P.A.E. più diciassette e la statuizione della Corte di appello che ha dichiarato inammissibili in quanto tardive le domande introdotte da questi con le comparse di intervento (fol. 25 della sent. imp.) perchè costituitisi in un caso il 23 marzo 2010 e negli altri l’8 marzo 2010 (restando fissata la prima udienza al 24 marzo 2010) e la loro domanda era ulteriore rispetto a quella proposta dagli impugnanti principali.

I ricorrenti sostengono che l’atto, depositato l’8/3/2013, costituiva appello incidentale con il quale avevano dichiarato di aderire in toto all’impugnazione principale proposta da B.C. più altri e che era intervenuto entro il termine lungo annuale per l’impugnazione a decorrere dalla data di deposito del lodo (23/05/2009), sicchè andava ritenuto tempestivo.

1.2. Il motivo è inammissibile sotto plurimi aspetti.

Va osservato che il ricorso per cassazione deve contenere a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si richiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (Cass. n. 3741 del 25/02/2004; Cass. n. 6219 del 23/03/2005; Cass. n. 15952 del 17/07/2007; Cass. n. 18421 del 19/08/2009). In particolare è necessario che venga contestata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia oggetto di impugnazione (Cass. n. 19989 del 10/08/2017). Nella specie, il motivo si limita a dedurre la tempestività dell’impugnazione incidentale, proposta sub specie di comparsa di intervento nel termine di cui all’art. 327 c.p.c., ma non contesta specificamente la ratio decidendi dell’impugnata sentenza, fondata sulla novità delle questioni oggetto di tale impugnazione incidentale rispetto a quella principale ed a quella incidentale tempestiva. Ma soprattutto non viene specificamente censurata la ratio concernente la tardività dell’impugnazione in relazione agli artt. 343 e 166 c.p.c., affermata dal giudice a quo, per avere gli interventori proposto l’impugnazione oltre i 20 gg. dall’udienza di comparizione (24 marzo 2010) in applicazione del principio secondo cui tutte le impugnazioni successive alla prima – aventi la natura, a prescindere dall’atto nel quale sono contenute, di impugnazioni incidentali vanno proposte nel termine di cui agli artt. 343 e 166 c.p.c., a prescindere dal rispetto dei termini di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c. (Cass. 12724 del 19/6/2015; Cass. 1671 del 29/1/2015).

Invero i ricorrenti avrebbero dovuto precisare di non essere stati convenuti nel giudizio in appello, circostanziando puntualmente la posizione processuale rivestita, poichè si trattava di dati processuali decisivi, mentre nella sintetica doglianza si definiscono ora interventori, ora appellanti, senza tuttavia dedurre alcunchè in merito.

Orbene, poichè anche nel giudizio di impugnazione per nullità del lodo arbitrale è applicabile il principio secondo cui la proposizione dell’impugnazione principale determina, nei riguardi di tutti coloro cui il relativo atto venga notificato, l’onere, a pena di decadenza, di esercitare il proprio diritto di impugnazione nei modi e nei termini previsti per l’impugnazione incidentale (Cass. n. 3229 del 1/3/2012; Cass. n. 1731 del 7/2/2001) e tale principio è stato applicato dalla Corte territoriale, era onere dei ricorrenti affrontare in modo specifico e circostanziato tale questione ed il non averlo fatto comporta la inammissibilità del motivo.

2.1. Con il secondo motivo si denuncia la violazione degli artt. 101,102 e 331 c.p.c. e dell’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 9 per la violazione del principio del contraddittorio.

I ricorrenti deducono che nel giudizio arbitrale era stata disposta la chiamata in causa di S.T. (sulla illegittimità dei recessi, sul riparto delle spese per gli interventi edilizi, sulla domanda di nullità della Delib. assembleare 23 aprile 2008 e, per relationem, delle delibere del consiglio di amministrazione), che la stessa doveva essere considerato litisconsorte necessario e che non essendo stata evocata in giudizio, ciò aveva comportato una violazione del principio del contraddittorio già denunciata come causa di nullità del lodo ex art. 829 c.p.c., comma 1, n. 9.

2.2. Il motivo è infondato.

Correttamente, infatti, la Corte territoriale ha escluso che la S. – una delle socie l’accettazione del cui recesso era oggetto della delibera assembleare impugnata – fosse litisconsorte necessaria, atteso che i recessi, così come i successivi atti di approvazione degli organi societari, afferivano a domande scindibili, di guisa che la mancata integrazione del contraddittorio comportava solo l’estinzione del singolo giudizio, tale dovendosi ritenere l’effetto della pronuncia di rigetto della domanda nei confronti di S.T..

Ulteriore decisivo argomento deriva poi dal fatto che i soci non sono litisconsorti necessari nel giudizio avente ad oggetto l’impugnazione di una delibera assembleare al quale è passivamente legittimata solo la società (Cass. n. 17060 del 05/10/2012), come rimarcato dalla Corte calabra.

3.1. Con il terzo motivo si denuncia la violazione degli artt. 99,106,12 e 36 c.p.c., art. 829 c.p.c., comma 1, n. 9.

I ricorrenti lamentano la violazione del principio del contraddittorio e sostengono che la Cooperativa con la memoria del 05.02.2009 aveva introdotto una domanda nuova, concernente l’invalidità della Delib. assembleare 23 aprile 2009 – che aveva accolto i recessi e confermato le anteriori delibere del consiglio di amministrazione – della quale subito era stata eccepita l’inammissibilità.

I ricorrenti sostanzialmente contestano il potere dell’arbitro di fissare un termine per la costituzione delle parti e la presentazione di eventuali riconvenzionali o istanze ampliative (nello specifico, il 6 febbraio 2009), ritenendo che ciò avesse comportato la violazione dell’art. 166 c.p.c., per il quale il convenuto deve invece costituirsi nel termine di 20 giorni prima dell’udienza di comparizione, nonchè dell’art. 36 c.p.c., non sussistendo connessione oggettiva della domanda in questione con quelle già proposte.

3.2. Il motivo è infondato.

Nel caso in esame, è pacifico che all’arbitro fosse stato conferito il potere di stabilire le regole del processo. Se così è, deve ritenersi legittima la fissazione del termine del 6 febbraio, cit., per la presentazione di domande riconvenzionali; conseguentemente era tempestiva la domanda riconvenzionale di annullamento della Delib. 23 aprile 2008, proposta dalla cooperativa con la comparsa del 5 febbraio. Tale domanda, inoltre, era oggettivamente connessa alla contestazione del diritto di recesso dei soci di (OMISSIS), sollevata dagli attori, in quanto dall’annullamento della ripartizione delle spese da essa prevista dipendeva il predetto diritto (diritto, si rammenta, il cui presupposto era costituito dalla estinzione dei debiti del socio nei confronti della cooperativa, estinzione che non si sarebbe verificata in caso di annullamento della menzionata ripartizione con la Delib. 23 aprile).

Privo di pregio è, infine, la sottolineatura della necessità del rispetto del principio del contraddittorio da parte dell’arbitro nel fissare le regole del procedimento, dato che nella specie nessuna violazione di tale principio è stata consumata dalle regole di cui si discute, fissate dall’arbitro.

4.1. Con il quarto motivo si denuncia la violazione degli art. 99 e 100 c.p.c.

I ricorrenti sostengono che, non avendo gli originari ricorrenti impugnato la Delib. 23 aprile 2008, questa non poteva essere impugnata dalla Cooperativa e che l’inammissibilità, per carenza di legittimazione ad agire, della domanda proposta in tal senso dalla Cooperativa era rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità.

4.2. Il motivo è inammissibile.

Nè dalla sentenza impugnata, nè dal ricorso si evince che la questione sia stata posta alla Corte di appello come motivo di nullità del lodo: tale circostanza si riflette sul tema della prospettata rilevabilità d’ufficio del difetto di legittimazione attiva in ogni stato e grado del processo (Cass. 17060 del 5/10/2012), atteso che, senza in ciò smentire la giurisprudenza di legittimità anzidetta, risulta decisiva la considerazione che in caso di impugnativa di lodo la Corte di appello è strettamente vincolata ai motivi di nullità dedotti con l’impugnazione e non può rilevare d’ufficio l’invalidità del lodo, nè dichiararne la nullità per un motivo diverso da quelli posti a fondamento dell’impugnazione e solo successivamente prospettato (Cass. n. 27920 del 13/12/2013).

5.1. Con il quinto motivo si denuncia la violazione degli artt. 2377 e 2379 c.c.

I ricorrenti, sulla premessa che la Delib. 23 aprile 2008 non era stata impugnata dai ricorrenti, sostengono che la Corte calabra ha errato, trascurando che la regola generale in tema di invalidità delle delibere assembleari propende per l’annullabilità, nel ritenere che la Delib. 23 aprile 2008 fosse affetta da vizio di nullità e che lo stesso potesse essere fatto valere in qualunque tempo e che a ciò fosse legittimata la stessa Cooperativa.

5.2. Il motivo è inammissibile perchè non coglie la ratio decidendi: la Corte territoriale non ha affatto rilevato d’ufficio l’invalidità della delibera, ma ha affermato che vi era stata al riguardo domanda della Cooperativa; restano prive di incidenza le questioni circa la carenza di legittimazione attiva della società per le ragioni esposte sub 4.2.

6.1. Con il sesto motivo si denuncia la violazione degli artt. 2437 bis e 2909 c.c.

I ricorrenti sostengono che la Corte di appello ha errato nel condividere l’assunto dell’arbitro circa l’inefficacia dei recessi, conseguente all’applicazione dell’art. 2437 bis c.c., u.c., argomentando dalla circostanza che i recessi erano stati esercitati tra il giugno ed il luglio 2008 e lo scioglimento della cooperativa era stato deliberato il 28/07/2008 (prima del decorso dei novanta giorni previsti dal codice), in quanto avrebbe “dimenticato” che detto deliberato era stato annullato e che sul punto si era formato un giudicato per omessa pronuncia della parte che ne avrebbe avuto interesse.

6.2. Il motivo è inammissibile giacchè opera un generico riferimento ai “recessi”, ed alla annullata Delib. 28 luglio 2008, senza evidenziarne il raccordo con la situazione processuale oggetto della lite e senza fare riferimento alla specifica statuizione dell’impugnata sentenza alla quale si riferisce la censura in esame.

Invero il motivo risulta privo di specificità ed apparentemente nuovo perchè non chiarisce in quale motivo di impugnazione sia stata posta la questione.

7. In conclusione il ricorso va rigettato, infondati i motivi secondo e terzo ed inammissibili gli altri.

Non si provvede sulle spese, in assenza di attività difensiva delle controparti rimaste intimate.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

P.Q.M.

– Rigetta il ricorso, infondati i motivi secondo e terzo ed inammissibili gli altri;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2019

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