Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31575 del 03/12/2019

Cassazione civile sez. I, 03/12/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 03/12/2019), n.31575

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4169/2016 proposto da:

P.G., e B.S., elettivamente domiciliati in

Roma, Via A. Bertoloni n. 41, presso lo studio dell’avvocato Morelli

Mauro, che li rappresenta e difende, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

Banca Carige S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Arno n. 88, presso

lo studio dell’avvocato Ungari Trasatti Camillo, che la rappresenta

e difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6489/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 23/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/09/2019 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata in data 22 novembre 2015, la Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma n. 13126/11 del 16 giugno 2011, ha respinto l’opposizione proposta da Eurostrade s.r.l. in liquidazione, P.G. e B.S. avverso il Decreto Ingiuntivo n. 1792 del 2006, con il quale il Tribunale di Roma aveva condannato i predetti opponenti, odierni ricorrenti, al pagamento della somma complessiva di Euro 44.667,53 oltre interessi e spese.

Il Giudice di secondo grado, osservando che il giudice di primo grado aveva ritenuto indimostrato il credito azionato dalla banca per non essere state depositate dalla creditrice le quattro cambiali tornate insolute poste a fondamento della somma ingiunta, ha ritenuto ammissibile in quanto indispensabile, ai sensi del previgente art. 345 c.p.c., comma 3, l’avvenuta produzione in grado di appello delle cambiali in questione.

Il Collegio d’appello ha ritenuto, altresì, che la Banca, sin dal giudizio di primo grado avesse dimostrato il proprio credito, desumibile non solo dall’estratto conto asseverato ex art. 50 TUB, ma anche dal contratto di apertura di credito stipulato il 2 settembre 2004, dal quale si evinceva il credito erogato dall’istituto di credito alla Eurostrade s.r.l.., rilevando, infine, che la correttezza della annotazione della posta di credito aveva trovato riscontro negli esiti della seconda relazione (integrativa) depositata dal CTU.

Avverso la sentenza impugnata hanno proposto ricorso per cassazione Eurostrade s.r.l. in liquidazione, P.G. e B.S. affidandolo a cinque motivi.

Banca Carige s.p.a. si è costituita in giudizio con controricorso.

I ricorrenti hanno, altresì, depositato la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c., evidenziando che non era stata depositata la dovuta “relazione con della “relazione con concisa esposizione delle ragioni che possono giustificare la relativa pronuncia”, che avrebbe dovuto essere allegata al decreto presidenziale di fissazione dell’adunanza camerale ex art. 380 bis-1 c.p.c., così impedendo l’esercizio del diritto costituzionale di difesa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Prima di esaminare il merito del ricorso, va preliminarmente precisato che l’art. 380 bis.1 c.p.c., non prevede il deposito di alcuna relazione e soltanto l’art. 380 bis c.p.c., comma 1, prevede la (mera) indicazione delle ipotesi di inammissibilità, manifesta infondatezza o fondatezza del ricorso, ma con riferimento ai casi di fissazione dell’adunanza davanti alla speciale sezione di cui all’art. 376 c.p.c. e – soprattutto – con riguardo ai casi di cui all’art. 375 c.p.c., comma 1, nn. 1 e 5 e non a quelli di cui all’art. 375, comma 2, menzionati invece dall’art. 380 bis-1 c.p.c..

1. Con il primo motivo i ricorrenti hanno dedotto la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 345 c.p.c..

Lamentano i ricorrenti che in grado di appello la Banca appellante aveva mutato il titolo della domanda, non costituito più dal conto corrente ma dalle “cambiali”, determinando così una modifica della causa petendi, non consentita ex art. 345 c.p.c..

2. Il motivo è infondato.

Va osservato che è orientamento consolidato di questa Corte che esorbita dai limiti di una consentita “emendatio libelli”, ed integra quindi domanda nuova, il mutamento della “causa petendi” che consista in una vera e propria modifica dei fatti costitutivi del diritto fatto valere in giudizio, tale da introdurre nel processo un tema di indagine e di decisione nuovo perchè fondato su presupposti diversi da quelli prospettati nell’atto introduttivo del giudizio, così da porre in essere una pretesa diversa da quella precedente (vedi Cass. n. 32146 del 12/12/2018).

Nel caso di specie, la Banca nel produrre e invocare a fondamento del proprio credito le cambiali per cui è procedimento, non ha affatto mutato i fatti costitutivi del diritto fatto valere, atteso che, come evidenziato dalla sentenza impugnata, lo stesso giudice di primo grado aveva ben compreso che il credito azionato dalla banca a fondamento della somma ingiunta era costituito proprio dall’importo della cambiali insolute, ritenendo, tuttavia, tale credito non provato per non essere state depositate in giudizio le cambiali in questione.

3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c..

Lamentano i ricorrenti che la Corte d’Appello ha ritenuto come prova utile nella fase di merito l’estratto del saldo conto di cui all’art. 50 TUB contraddicendo un univoco indirizzo di questa Corte di legittimità. Inoltre, il contratto di apertura di credito in conto corrente non era idoneo a fondare la prova del credito, atteso che dimostrava solo le condizioni dell’erogazione e non l’effettiva erogazione delle somme al correntista.

4. Il motivo è inammissibile perchè non coglie la ratio decidendi.

Va osservato che il giudice di secondo grado ha accolto l’appello “previa declaratoria di ammissibilità ex art. 345 c.p.c., comma 3, della produzione documentale, indispensabile ai fini della decisione, effettuata in fase di gravame da Banca Carige s.p.a.”. In particolare, all’uopo, la Corte d’Appello di Roma ha citato pronunce di questa sul requisito della “indispensabilità” dei nuovi mezzi di prova si trattava delle quattro cambiali scontate e tornate insolute, e protestate, per l’importo complessivo di Euro 48.000,00 – occorrenti per determinare “non solo un positivo accertamento dei fatti di causa ma anche per giungere ad un completo ribaltamento della decisione di prime cure”.

Dunque, la Corte d’Appello non ha fondato la propria decisione sull’estratto conto certificato a norma dell’art. 50 TUB e/o sul contratto di apertura di credito in conto corrente – come ritenuto dai ricorrenti – atteso che, pur avendo valorizzato sì tali elementi (ma, in ogni caso, non da soli, ma unitamente alle conclusioni della CTU integrativa), allo scopo di eliminare ogni margine di incertezza sulla esistenza del credito della Banca, ha considerato, nella formazione del suo convincimento, le predetti cambiali ritornate insolute (e protestate) come “indispensabili” per l’accoglimento dell’appello.

Tale argomentazione è stata dai ricorrenti censurata solo sotto il profilo del requisito della “indispensabilità” nei termini che saranno illustrati al terzo motivo.

5. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c..

Lamentano i ricorrenti che la Banca, per scelta deliberata, non ha prodotto nel giudizio di primo grado le cambiali, poi depositate in appello, nonostante che tali documenti fossero funzionali alle sue ragioni.

Doveva quindi escludersi che la prova fosse indispensabile, essendo la sua mancata produzione in primo grado imputabile alla negligenza della Banca.

6. Il motivo è infondato.

Va osservato che anche recentemente le Sezioni Unite di questa Corte (S.U. n. 10790 del 4.5.2017, conf. n. 24164 del 13/10/2017) hanno statuito che nel giudizio di appello, costituisce prova nuova indispensabile, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 3, nel testo previgente rispetto alla novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, quella di per sè idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado.

Nel caso di specie, l’idoneità dei documenti (e la doverosità della loro produzione) ad eliminare ogni margine di incertezza in ordine alla ricostruzione fattuale era stata enfatizzata dalla stessa sentenza di primo grado che aveva rigettato la pretesa della Banca, con conseguente sussistenza del requisito dell’indispensabilità indipendentemente da ogni profilo di negligenza dell’istituto di credito.

7. Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c..

Lamentano i ricorrenti che l’affermazione della Corte d’Appello, secondo cui la correttezza della annotazione della posta di credito della Banca aveva trovato riscontro negli esiti della seconda relazione (integrativa) depositata dal CTU, era, in realtà, smentita dalle conclusioni della stessa CTU (un passaggio delle quali è stato trascritto nel ricorso), da cui emergeva, invece, che la CTU non era pertinente ai fini della prova del credito della Banca.

8. Il motivo è inammissibile.

I ricorrenti, nell’evidenziare taluni passaggi della CTU da cui non emergerebbe affatto la prova del credito della Banca, non hanno fatto altro che formulare censure di merito, in quanto finalizzate a sollecitare una rilettura delle risultanze probatorie, non consentita in sede di legittimità.

9. Con il quinto motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 66 Legge Cambiaria.

Lamentano i ricorrenti la banca avrebbe dovuto dimostrare di aver posto in essere atti interruttivi della prescrizione dell’azione cambiaria quali formalità richieste dalla norma invocata.

10. Il motivo è inammissibile.

Non vi è dubbio che il presente motivo ponga all’attenzione di questa Corte una questione nuova – l’intervenuta prescrizione dell’azione cartolare – che presuppone accertamenti di fatto, relativi alla sussistenza o meno di atti interruttivi della prescrizione stessa, non eseguiti dalla Corte d’Appello perchè non richiesti nel giudizio di merito.

Il rigetto del ricorso comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 4.200, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2019

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