Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31571 del 03/12/2019

Cassazione civile sez. I, 03/12/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 03/12/2019), n.31571

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 463/2016 proposto da:

Tava S.n.c., in persona del legale rappresentate pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Di Santa Maria in Via, presso

lo studio dell’avvocato Gava Alberto, rappresentata e difesa

dall’avvocato Barrasso Angelo, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Banca Popolare di Bari Soc. Coop. S.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, P.le

Clodio n. 14, presso lo studio dell’avvocato Graziani Andrea,

rappresentata e difesa dall’avvocato Castelluccio Giovanni, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

Unicredit S.p.a., in persona del legale rappresentante oro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Lungotevere Araldo da Brescia n.

9/10, presso lo studio dell’avvocato Fioretti Andrea, che la

rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3705/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 21/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/09/2019 dal cons. Dott. FALABELLA MASSIMO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Il Tribunale di S. Angelo dei Lombardi condannava a Banca Popolare di Bari soc. coop. p.a. alla restituzione, in favore di Tava s.n.c., della somma complessiva di Euro 22.599,15, maggiorata degli interessi, quale importo indebitamente corrisposto da quest’ultima alla predetta banca.

2. – Proposto gravame, la Corte di appello di Napoli riformava la sentenza impugnata. Dopo aver osservato che la pretesa doveva essere indirizzata alla Banca Popolare di Bari, che era subentrata nella posizione debitoria originariamente facente capo all’originaria parte contrattuale – Banca Mediterranea, essendo quest’ultima stata incorporata in Banca di Roma, che a sua volta aveva conferito il ramo di azienda cui ineriva la posizione creditoria fatta valere a Mediterranea Servizi 2000 (incorporata in altra società che, a sua volta, era stata incorporata nella predetta Banca Popolare di Bari) -, la Corte partenopea rilevava che il giudice di prime cure non avrebbe potuto pronunciare condanna nei confronti di quest’ultimo istituto di credito, dal momento che la società Tava aveva coltivato la domanda nei soli confronti di Banca di Roma. Per l’effetto rigettava la domanda proposta dalla società.

3. – Questa ricorre per cassazione sulla base di due motivi.

Unicredit s.p.a., già Banca di Roma, e Banca Popolare di Bari resistono con controricorso. Sono state depositate memorie da parte di quest’ultima e da parte della ricorrente.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 58 t.u.b. e art. 2504 bis c.c. e ss.. Rileva l’istante che il proprio credito, relativo alla restituzione dei pagamenti oggetto della domanda giudiziale, non era nè liquido nè esigibile nel momento in cui esso era ceduto. Aggiunge che, poichè il subentro della Banca Popolare di Bari era intervenuto nel 2001, tale subentro “noi avrebbe potuto riguardare rapporti completamente esauriti con l’originario istituto di credito, estinto a seguito della fusione per incorporazione in Banca di Roma”. Svolge poi, ulteriori rilievi con particolare riguardo alle intercorse fusioni per incorporazione concludendo nel senso che “Unicredit, nelle fusioni per incorporazione succedute nel tempo fino all’entrata in vigore del nuovo diritto societario, è società incorporante, e quindi il fenomeno estintivo ha riguardato solo le società in esso incorporate”.

Il motivo è, nel complesso, infondato.

Che Banca di Roma sia subentrata nella posizione debitoria già facente capo a Banca Mediterranea è stato riconosciuto dalla Corte di appello: questa ha richiamato, al riguardo, l’art. 3 dell’atto di fusione per indicare come in forza di tale previsione il trasferimento in favore dell’incorporante aveva riguardato tutti i diritti, gli obblighi, impegni e passività della società incorporata. Il punto non è qui suscettibile di riesame in quanto si verte in tema di accertamento di fatto.

Con riferimento alla successiva cessione di ramo di azienda non vi è ragione per escludere che essa comprendesse, insieme a tutte le attività e passività aziendali, anche l’obbligazione restitutoria per gli indebiti pagamenti maturati con riferimento a un contratto che si sia estinto. Sul punto è da richiamare il rilievo svolto dal giudice del merito, il quale ha rimarcato come il conferimento di azienda abbia interessato l’intero complesso di posizioni soggettive nell’originaria titolarità di Banca Mediterranea, poi trasferiti alla Banca di Roma.

Nè il trasferimento di tale obbligazione trova ostacolo nell’art. 58 t.u.b.. In termini generali, la cessione in blocco di cui all’art. 58 cit. è idonea a ricomprendere tutti i diritti e gli obblighi pertinenti al ramo di azienda ceduto. Ovviamente si deve trattare di diritti e di obblighi il cui fatto costitutivo si collochi nel periodo anteriore al trasferimento (anche se, ad esempio, la cessione può estendersi ai debiti futuri derivanti dall’azione revocatoria, alle condizioni precisate, da ultimo, da Cass. 28 maggio 2018, n. 13308); e così, nel caso di credito restitutorio per indebiti pagamenti sarà necessario che questi ultimi siano stati posti in essere prima di tale momento (giacchè, diversamente, il debito andrà riferito pur sempre al cessionario, ma non in forza della successione di una posizione debitoria). E’ invece irrilevante che il contratto di conto corrente in cui si inscriveva il diritto alla ripetizione sia cessato anteriormente al trasferimento, giacchè l’estinzione di quella vicenda contrattuale non implica il venir meno del diritto (sempre che, ovviamente, le parti non abbiano inteso disporre in tal senso: ma non è questo il caso). E’ pure ininfluente che il diritto in questione non sia stato fatto valere dall’interessato, giacchè proprio l’art. 58, comma 5 t.u.b. accorda ai creditori ceduti la facoltà, entro tre mesi dagli adempimenti pubblicitari contemplati dal comma 2 cit. articolo, di esigere dal cedente o dal cessionario l’adempimento delle obbligazioni oggetto di cessione, termine trascorso il quale il cessionario risponde in via esclusiva: sicchè l’eventualità di una inerzia del ceduto non è certamente preclusiva della possibilità, da parte del medesimo, di far valere nel tempo successivo alla cessione il diritto nei confronti del cessionario.

2. – Il secondo mezzo oppone la violazione e falsa applicazione degli artt. 106,112 e 189 c.p.c., ovvero omessa o contraddittoria motivazione ed omesso esame circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. La doglianza investe il profilo attinente alla ritenuta rinuncia della pretesa della ricorrente nei confronti della Banca Popolare di Bari. Assume la ricorrente non sussistesse una propria volontà inequivoca di non coltivare detta pretesa, dal momento che la domanda doveva intendersi diretta in via alternativa nei confronti dei due istituti di credito; rileva, del resto, di non aver mai chiesto l’estromissione della società per prima evocata in giudizio.

Il motivo non ha fondamento.

Secondo una giurisprudenza cui si intende dare continuità, affinchè una domanda possa ritenersi abbandonata dalla parte, non è sufficiente che essa non venga riproposta nella precisazione delle conclusioni, costituendo tale omissione una mera presunzione di abbandono, dovendosi, invece, necessariamente accertare se, dalla valutazione complessiva della condotta processuale della parte, o dalla stretta connessione della domanda non riproposta con quelle esplicitamente reiterate, emerga una volontà inequivoca di insistere sulla domanda pretermessa (Cass. 10 luglio 2014. n. 15860: in senso conforme: Cass. 10 settembre 2015, n. 17875; si vedano pure: Cass. 14 luglio 2017, n. 17582; Cass. Sez. U. 24 gennaio 2018, r. 1785 – non resa, però, su questione rimessa ex art. 374 c.p.c., comma 2, -secondo cui, affinchè una domanda possa ritenersi abbandonata, non è sufficiente che essa non venga riproposta in sede di precisazione delle conclusioni, dovendosi avere riguardo alla condotta processuale complessiva della parte antecedente a tale momento, senza che assuma invece rilevanza il contenuto delle comparse conclusionali).

La Corte di appello ha motivato il proprio convincimento circa la rinuncia alla domanda nei confronti di Banca Popolare di Bari valorizzando l’espressa specificazione del soggetto (Banca di Roma, indi Capitalia e infine Unicredit) del quale era stata richiesta la condanna: e cioè, in sostanza, il dato della rimodulazione della pretesa inizialmente fatta valere (pretesa che, come si desume dal ricorso per cassazione – pag. 2 – era diretta alla condanna della Banca Popolare di Bari). Difatti, secondo quanto ricorda il giudice del gravame, all’udienza di precisazione delle conclusioni la società Tava concluse domandando l’accoglimento delle domande relative alla nullità parziale dei singoli contratti e la condanna di Unicredit alla restituzione delle somme, oltre che alla rifusione delle spese processuali; con riguardo alla Banca Popolare di Bari era stato solo richiesto di compensarsi le spese giudiziali. Ha aggiunto il giudice distrettuale, richiamando un precedente passaggio della motivazione, che, del resto, tra Unicredit e Banca Popolare di Bari non era possibile ravvisare alcun litisconsorzio necessario.

La decisione impugnata appare conforme al principio sopra richiamato in quanto, alla stregua di esso, la mancata riproposizione della domanda integra pur sempre una presunzione di abbandono della pretesa azionata (nella specie non contrastata da elementi rivelatori di una diversa volontà, ma anzi suffragata dal contenuto delle rassegnate conclusioni), mentre il rilievo attribuito dal giudice di appello all’insussistenza di un litisconsorzio necessario spiega come dalla mera connessione della domanda non riproposta con quella espressamente coltivata non potesse desumersi nè una volontà univoca della società di insistere su entrambe, nè la necessità giuridica di condannare Banca Popolare di Lodi.

Oppone la ricorrente che la volontà di rinuncia avrebbe dovuto associarsi alla richiesta di estromissione di Banca Popolare di Bari: l’argomento è speso all’evidente scopo di sostenere che la condotta processuale di essa istante – che non aveva domandato l’estromissione – sarebbe stata indicativa della volontà di mantenere ferma la domanda verso il nominato istituto di credito. La deduzione non è tuttavia concludente; non lo è in quanto la rinuncia a coltivare la pretesa nei confronti di una delle parti del giudizio non postula che venga richiesta l’estromissione di questa: tanto più che, essendo pervenuto il giudizio di primo grado alla fase decisoria, la rinuncia avrebbe senz’altro imposto al Tribunale di darne atto in sentenza, con ciò realizzandosi il medesimo risultato pratico dell’estromissione in parola.

3. – Il ricorso è dunque respinto.

4. – Le spese di giudizio seguono la soccombenza.

PQM

LA CORTE

rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, per quanto riguarda Unicredit, in Euro 4.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, per quanto riguarda Banca Popolare di Bari; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da partte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2019

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