Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31567 del 03/12/2019

Cassazione civile sez. I, 03/12/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 03/12/2019), n.31567

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21382/2015 proposto da: C,J c

A.M.E., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa

dall’avvocato Giovanni Daleffe, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Eurocredit 99 S.p.a., in persona dell’Amministratore Unico e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Pasubio n. 4, presso lo studio dell’avvocato Pietro Sarrocco che lo

rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

Banca di Credito Cooperativo Bergamasca E Orobica Soc Coop.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 367/2015 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, del

24/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/09/2019 dal cons. Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. D.G. e D.M., da un lato, e A.M.E., dall’altro, hanno proposto distinte opposizioni al decreto ingiuntivo emesso il 31/1/2008 dal Tribunale di Bergamo, Sezione Distaccata di Treviglio, che, accogliendo il ricorso della Banca di Credito Cooperativo Orobico (BCCO) di Bariano e Cologno al Serio, aveva rispettivamente ingiunto loro di pagare la somma di Euro 255.134,74, quanto ai signori D., e Euro 165.500,00, quanto alla signora A., quali fideiussori della s.r.l. D..

A.M.E., per parte sua, ha affermato l’inesistenza del contratto di apertura di credito e di mutuo e ha sostenuto che la fideiussione era stata rinunciata dalla BCCO, cancellando la segnalazione della sua posizione alla Centrale Rischi.

Riuniti i due giudizi di opposizione, la BCCO ha ceduto il credito a Eurocredit 99 s.r.l., conseguentemente intervenuta in giudizio.

Il Tribunale di Bergamo con sentenza del 24/1/2012 ha respinto le opposizioni, con aggravio delle spese.

2. Avverso la predetta sentenza di primo grado ha proposto appello la sola A.M.E. e all’impugnazione ha resistito l’appellata Eurocredit 99.

La Corte di appello di Brescia con sentenza del 24/3/2015, ha respinto il gravame, condannando l’appellante alle spese del grado.

3. Avverso la predetta sentenza, non notificata, con atto notificato il 24/8/2015 ha proposto ricorso per cassazione A.M.E., svolgendo quattro motivi.

Con atto notificato il 14/10/2015 ha proposto controricorso Eurocredit 99 s.r.l., chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione.

L’intimata BCCO non si è costituita in giudizio.

La ricorrente ha depositato memoria del 12/9/2019.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente denuncia violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4.

1.1. Secondo la ricorrente, la Corte di appello aveva disatteso, senza motivazione o con motivazione meramente apparente, la sua domanda volta a far dichiarare l’intervenuta estinzione della fideiussione per rinuncia della Banca sottesa al comportamento concludente della BCCO di cancellazione della garanzia dalla Centrale Rischi.

1.2. Nella rubrica del motivo la ricorrente lamenta il silenzio motivazionale o la motivazione meramente apparente, relativamente a una sua “domanda” (di accertamento dell’intervenuta estinzione della fideiussione per rinuncia della Banca), mentre nella successiva illustrazione del motivo utilizza invece – e più propriamente – il termine “eccezione”.

Deve comunque escludersi la proposizione di una domanda della ricorrente in tal senso, che non figura nelle stesse conclusioni riportate nel provvedimento impugnato; in ogni caso, la Corte di appello, con motivazione tutt’altro che apparente, ha diffusamente spiegato nelle pagine 7 e 8 della sentenza impugnata le ragioni del rigetto delle difese svolte da A.M.E. sul punto (essenzialmente basate sull’assenza di elementi determinanti dimostrativi della volontà inequivoca della Banca di rinunciare al proprio diritto).

1.3. Nell’ultima parte della trattazione del motivo la ricorrente lamenta piuttosto un equivoco concettuale insito nel ragionamento della Corte bresciana, che avrebbe confuso la segnalazione del nominativo della ricorrente “a sofferenza” e la cancellazione della garanzia dalla Centrale Rischi della Banca d’Italia, comportamenti e attività affatto diversi e di differente significato.

La questione viene riproposta con il secondo motivo e merita pertanto una risposta unitaria.

2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5, la ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti.

2.1. La ricorrente rimprovera alla Corte territoriale di aver escluso la configurabilità della rinuncia della BCCO alla fideiussione ad essa rilasciata dalla ricorrente, omettendo di prendere in esame il comportamento concludente della Banca, consistito nell’aver provveduto alla cancellazione della garanzia dalla Centrale Rischi della Banca d’Italia, cosa che nulla aveva a che vedere con la segnalazione a sofferenza, di cui invece avevano trattato i Giudici di merito.

La ricorrente sottolinea, agli effetti di cui all’art. 348 ter c.p.c., u.c., che la sentenza di primo grado non poteva dirsi conforme a quella di appello sul punto, del tutto ignorato.

2.2. Il lamentato omesso esame di fatto decisivo non sussiste affatto.

A pagina 6, sub lett. a), la Corte territoriale mostra infatti di aver ben presente il contenuto effettivo del comportamento fatto valere dall’appellante come rivelatore di volontà tacita di rinuncia (ossia la cancellazione della segnalazione della garanzia).

Non può quindi ritenersi che la successiva trattazione, illustrata dalla Corte di appello in termini generali, circa la funzione e la valenza della segnalazione a sofferenza di un nominativo di un soggetto alla Centrale Rischi della Banca d’Italia, si riferisse solo all’ipotesi di segnalazione a sofferenza e non anche alla cancellazione della segnalazione.

La motivazione addotta dalla Corte territoriale, fra l’altro del tutto corretta, regge per entrambe le ipotesi: la volontà di rinunciare a un diritto (nella fattispecie la garanzia scaturente dal contratto di fideiussione) può essere ravvisata solo in presenza di un comportamento concludente e inequivocabile del titolare, incompatibile con la volontà di avvalersene; l’omissione della segnalazione del nominativo del fideiussore alla Centrale Rischi, così come la sua cancellazione dall’elenco, non è invece incompatibile, di per sè, con la volontà del creditore garantito di far valere la garanzia, ma rileva esclusivamente sul piano dell’allarme suscitato nel sistema bancario circa l’affidabilità del fideiussore.

3. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 1325,1346,1418,1842 e 1852 c.c. e D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 117.

3.1. La ricorrente si duole del fatto che la Corte di appello abbia ritenuto valido il contratto di apertura di credito fra la BCCO e la D. s.r.l., posto a fondamento del credito bancario per Euro 150.000,00, nonostante la mancata indicazione nel contratto scritto della misura dell’affidamento.

3.2. La Corte di appello afferma, con specifici riferimenti alla documentazione prodotta, sia a corredo del ricorso per decreto ingiuntivo, sia dalla BCCO in sede di merito, che il contratto di apertura di credito era stato esaustivamente dimostrato e quindi anche in relazione all’entità dell’apertura.

La doglianza della ricorrente appare del tutto generica, poichè non si riferisce specificamente a tutti i documenti indicati dalla sentenza impugnata, del cui tenore la ricorrente, che pur riconosce la stipulazione del contratto in forma scritta, non dà conto, neppur sinteticamente, come eccepisce puntualmente la controricorrente.

E’ quindi superfluo aggiungere che la controricorrente, così come la sentenza impugnata, indicano nella richiesta di affidamento di Euro 150.000 di D. s.r.l. e nell’accettazione della BCCO i documenti negoziali scritti che permettevano di determinare in modo adeguato la misura della apertura di credito concessa e quindi erogata.

3.3. E’ del tutto irrilevante quindi che la Corte di appello, successivamente abbia fatto riferimento (impreciso, ma ultroneo) al D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 117, comma 7, lett. a), quale fonte integrativa del contratto incompleto e invalido, cosa che effettivamente poteva valere solo relativamente alla misura dell’interesse.

4. Con il quarto motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 1283,1284,1418,1823 e 1852 c.c. e D.Lgs. n. 385 del 1993, artt. 117 e 120.

4.1. La ricorrente al proposito lamenta che la Corte di appello abbia escluso che i numerosi eccepiti profili di invalidità inficianti il contratto di conto corrente (OMISSIS), in essere fin dal 1985, su cui era regolato il contratto di apertura di credito, potessero incidere sul credito azionato da BCCO e abbia così disatteso le difese con le quali essa aveva contestato la possibilità di azionamento autonomo del contratto di apertura di credito, a prescindere dalla complessiva situazione debitoria-creditoria del contratto di conto corrente sul quale lo stesso era regolato.

4.2. La Corte bresciana ha escluso che la Banca fosse tenuta ad azionare il saldo di conto corrente e ha affermato che essa ben poteva far valere l’esposizione a carico del debitore principale D. s.r.l. nei confronti dei fideiussori per ciascuna singola operazione, trattandosi di contratti distinti e autonomamente suscettibili di essere fatti valere in giudizio (pag. 9, penultimo capoverso).

Come osserva persuasivamente la controricorrente, la Corte di appello non ha affatto affermato che eventuali profili di invalidità del contratto di conto corrente su cui era regolato il contratto di apertura di credito potessero incidere sul credito azionato da BCCO.

4.3. La censura proposta pertanto non affronta in modo specifico la ratio decidendi, poichè la ricorrente si è limitata a criticare la (legittima) scelta della Banca di far valere i singoli contratti costitutivi del credito e non il rapporto di conto corrente, ma non ha affatto introdotto in giudizio alcuna domanda diretta ad accertare profili di invalidità di tale contratto e le conseguenti asserite ripercussioni sui crediti azionati.

5. Il ricorso deve pertanto essere rigettato con la condanna della ricorrente a rifondere le spese del giudizio di legittimità alla controricorrente, liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidate nella somma di Euro 6.000,00 per compensi, Euro 200,00 per esposti, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2019

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