Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31566 del 03/12/2019

Cassazione civile sez. I, 03/12/2019, (ud. 23/09/2019, dep. 03/12/2019), n.31566

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15760/2018 proposto da:

H.A.J., elettivamente domiciliato in Roma Via Cunfida, 16

presso lo studio dell’avvocato Maria Visentin che lo rappresenta e

difende in forza di procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, elettivamente domiciliato in Roma Via Dei

Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 2884/2018 del TRIBUNALE di PERUGIA, depositata

il 16/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/09/2019 dal Consigliere Dott.ssa Dott. Paola GHINOY.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. H.A.J., cittadina somala, presentava una richiesta di protezione internazionale alla Questura di Terni, a seguito della quale veniva accertato per mezzo del sistema EURODAC che la richiedente aveva già formulato la medesima istanza in Norvegia il 10/10/2014. Veniva pertanto attivata la procedura prevista dal Regolamento UE n. 604/2013 (Dublino III) istitutivo dei criteri e dei meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o apolide. All’esito dell’accettazione della presa in carico da parte della Norvegia, l’Unità Dublino con provvedimento del 2 novembre 2016 disponeva il trasferimento della ricorrente in quello Stato.

2. Il Tribunale di Perugia rigettava il ricorso proposto da H.A.J. volto ad ottenere l’annullamento, previa sospensiva, del detto provvedimento adottato dal Ministero dell’interno Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione – Direzione centrale dei servizi civili per l’immigrazione e l’asilo, notificato il 7/12/2016, di trasferimento in Norvegia in quanto Stato competente a deliberare sulla sua domanda di protezione internazionale.

3. Il Tribunale riteneva che il provvedimento adottato fosse legittimo, essendo stato accertato dall’autorità amministrativa, nè contestato dalla richiedente, che la Norvegia fosse lo Stato di primo arrivo; peraltro tale Stato aveva riconosciuto con nota dell’1/11/2016 la propria competenza ed inoltre esso risultava essere un Paese sicuro nel quale non erano ravvisabili particolari motivi che potessero indurre lo Stato italiano ad affermare la propria competenza.

4. Per la cassazione dell’ordinanza del Tribunale H.A.J. ha proposto ricorso, affidato a due motivi, cui il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Come primo motivo di ricorso la richiedente deduce la nullità della sentenza e del procedimento per violazione del potere – dovere ufficioso del giudice di acquisire informazioni e documenti rilevanti ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e della Direttiva 2004/83/CE, nonchè per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili. Lamenta che la decisione non abbia preso posizione sull’istanza di audizione, laddove il Tribunale avrebbe dovuto assumere ogni informazione e documento ritenuto necessario al fine di valutare le ragioni della fuga dal Paese di origine anche al fine di configurare un’effettiva situazione di vulnerabilità.

6. Il motivo è inammissibile per due concorrenti ragioni.

In primo luogo, in quanto esso non deduce nè documenta quando e come sia stata formulata la richiesta di audizione/interrogatorio di cui si lamenta il mancato accoglimento,.

7. Inoltre, neppure si comprende in che modo l’audizione personale (così come l’acquisizione officiosa di informazioni) in ordine alle ragioni della fuga dal paese di provenienza e alla condizione della Somalia avrebbe potuto fornire argomenti utili al fine di valutare la fondatezza o meno della decisione di trasferimento adottata con l’atto impugnato, non trattandosi di valutare il merito della domanda di protezione.

8. Questa Corte ha peraltro già chiarito, nell’interpretare il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis che neppure nel caso di indisponibilità della videoregistrazione del colloquio di fronte alla Commissione territoriale sussiste l’obbligo del giudice di merito di procedere all’audizione del richiedente (v. ex aliis Cass. n. 5973 del 28/02/2019), trattandosi di un incombente che conserva la sua funzione di chiarire i presupposti della domanda e che quindi deve essere connotato da specifica rilevanza, la cui sussistenza dev’essere valutata dal giudice di merito.

9. Come secondo motivo la ricorrente ripropone il medesimo motivo di censura e aggiunge la violazione dell’art. 3, paragrafo 2, del Regolamento UE n. 604 del 2013. Lamenta che il Tribunale non abbia valutato la reale situazione che ella andrebbe a vivere in Norvegia, stato dove si assiste ad un inasprimento delle politiche dell’immigrazione e dell’accoglienza dei profughi. Riferisce che dal rapporto annuale di Amnesty International del 2017 – 2018 si ricava che il Parlamento norvegese ha deciso di respingere la proposta di sospensione temporanea dei rimpatri dei richiedenti asilo afghani; sussisterebbero dunque carenze sistemiche nelle condizioni di accoglienza ed il trasferimento in Norvegia si porrebbe quindi in contrasto con la previsione dell’art. 3, par. 2 del regolamento UE n. 604 del 2013 e con quella dell’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’unione Europea poichè non garantisce con certezza o comunque di là di ogni ragionevole dubbio il rispetto dei diritti fondamentali dei richiedenti in tale stato.

10. Il motivo è infondato.

L’art. 3 del Reg. (CE) 26/06/2013, n. 604/2013, al paragrafo 2 prevede l’impossibilità di trasferire un richiedente verso lo Stato membro inizialmente designato come competente, qualora si abbiano fondati motivi di ritenere che sussistono carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti in tale Stato membro, che implichino il rischio di un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

11. Il Considerando n. 19 del Regolamento CE 26/06/2013, n. 604/2013 prevede in proposito che “Al fine di garantire il rispetto del diritto internazionale è opportuno che un ricorso effettivo avverso tali decisioni verta tanto sull’esame dell’applicazione del presente regolamento quanto sull’esame della situazione giuridica e fattuale dello Stato membro in cui il richiedente è trasferito”.

12. Il Tribunale ha riferito che nel ricorso non era stata contestata da parte del ricorrente l’esistenza, in Norvegia, di carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti. Pur in difetto di alcuna allegazione nè richiesta in tal senso, ha argomentato che la Norvegia risulta essere un Paese sicuro, nel quale non sono ravvisabili motivi che possano indurre lo Stato italiano ad affermare la propria competenza.

13. Il giudice di merito ha dunque assolto al compito demandatogli dalla normativa sovranazionale, motivando in ordine alla questione posta con riferimento all’assenza di risultanze che deponessero nel senso dell’esistenza di condizioni ostative alla competenza sulla domanda in relazione alla Norvegia, Stato che, pur non essendo membro dell’Unione Europea, ha sottoscritto l’applicazione del Trattato di Dublino.

14. Neppure condizioni ostative al trasferimento risultano sulla base del contenuto del rapporto annuale di Amnesty International del 2017-2018 e del comunicato del 18 gennaio 2018, come trascritti per estratto dal richiedente nel ricorso introduttivo di questo giudizio, che si limitano a riferire della severa politica dei rimpatri adottata in Norvegia, in particolare con riferimento ai richiedenti asilo afghani, non sufficiente a ritenere che la domanda di protezione in questione non sarebbe esaminata in quel Paese in base ai principi e con le garanzie apprestate dal Diritto dell’Unione, sicchè neppure l’accertamento fattuale compiuto dal giudice di merito viene adeguatamente censurato mediante la prospettazione di fatti decisivi che sarebbero stati ignorati.

15. La ricorrente contesta dunque sostanzialmente l’accertamento compiuto dal giudice di merito delle risultanze fattuali, al di là dei limiti entro i quali può essere oggi denunciato in cassazione il vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5.

16. Il ricorso per i motivi esposti dev’essere rigettato.

17. Le spese seguono la soccombenza.

18. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.100,00 per compensi, oltre alle spese generali nella misura del 15 % e alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2019

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