Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31561 del 03/12/2019

Cassazione civile sez. I, 03/12/2019, (ud. 10/09/2019, dep. 03/12/2019), n.31561

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26628/2015 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Bruno

Buozzi n. 5, presso lo studio dell’avvocato Mantelli Grazia Maria,

rappresentato e difeso dall’avvocato Finocckì Riccardo, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CO.TA.PI. Cooperativa Tassisti Pisani S.c.ar.l.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 694/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

pubblicata il 15/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/09/2019 dal cons. Dott. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO

che:

B.A. convenne in giudizio davanti al Tribunale di Pisa, CO.TA.PI – cooperativa tassisti pisani – soc. coop. a r.I., chiedendo sia l’annullamento della delibera della sua esclusione dalla cooperativa evocata in giudizio e la conseguente reintegra nella qualità di socio, sia il risarcimento dei danni morali e materiali patiti, oltre alle spese di giudizio.

Nella resistenza della cooperativa, il Tribunale, a seguito dell’impugnazione del lodo arbitrale (oggetto di distinto procedimento davanti alla Corte d’appello pisana – poi, passato in giudicato – che aveva dichiarato la nullità della clausola contrattuale – art. 14 statuto COTAPI, v. p. 4 del ricorso – che non prevedeva in modo specifico i comportamenti astrattamente idonei a giustificare l’esclusione del socio) ha ritenuto venuta meno la disposizione contrattuale su cui si fondava la pronuncia di esclusione del socio, da parte dell’organo endosocietario competente, e la stessa legittimità della sanzione espulsiva e, quindi, disponeva la reintegrazione del B. nella qualità di socio, ma rigettava la domanda di risarcimento del danno per assenza di prova.

B.A. proponeva appello principale sia sul capo che rigettava la richiesta risarcitoria (di danni morali e materiali), che veniva confermato per mancato assolvimento dell’onere probatorio, sia sul capo che disponeva la compensazione delle spese, che veniva parzialmente accolto; mentre, l’appello incidentale della cooperativa che lamentava l’erronea valutazione della clausola contrattuale espulsiva che aveva determinato la reintegra del B. nella qualità di socio, veniva respinto.

B.A. ricorre per Cassazione sulla base di un unico motivo (anche se distinto in due censure, cfr. p. 17 e ss. del ricorso), illustrato da memoria, mentre CO.TA.PI soc. coop. a r.l. ha prima depositato procura e poi memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il motivo di ricorso (cfr. p. 17), il ricorrente deduce il vizio di omessa istruttoria su fatti decisivi, oggetto di discussione tra le parti, e il vizio di violazione degli artt. 2,3,24 e 11 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in quanto erroneamente la Corte d’appello, confermando le statuizioni di primo grado (v. p. 20 del ricorso), aveva ritenuto non provato sia la sussistenza di danni morali ed esistenziali, che patrimoniali dovuti all’esclusione del ricorrente dal volume di affari connesso al servizio di radio-taxi (e di tutti gli altri benefits derivanti dall’essere associato alla cooperativa), a causa della mancata ammissione degli analitici mezzi di prova offerti, volti a provare i fatti oggetto di contestazione.

Il profilo di censura, secondo cui il danno morale ed esistenziale sarebbe in re ipsa è infondato, in quanto, il danno morale ed esistenziale, ancorchè derivanti dalla lesione di diritti fondamentali, non è in re ipsa, ma deve essere oggetto di specifica allegazione e prova (Cass. n. 11269/18, 28742/18), nè con il presente ricorso, si deducono e si “riportano” le specifiche deduzioni contenute nell’atto di appello (cfr. Cass. n. 23194/17).

Sul profilo di censura dell’omessa istruttoria, va rilevato come in sede di legittimità non può porsi la questione di un’erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice del merito ma solo ove si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, ovvero abbia valutato discrezionalmente prove legali (Cass. ord. n. 27000/16, 11892/16); infatti, spetta in via esclusiva al giudice del merito, il compito d’individuare le fonti del proprio convincimento e di controllare l’attendibilità e la concludenza delle prove (Cass. n. 25608/13).

Nel caso di specie, il ricorrente ha denunciato genericamente la mancata ammissione dei mezzi di prova (v. p. 18 in fondo e seguenti del ricorso), contestando il “ragionamento decisorio” del giudice del merito (il quale ha evidenziato la mancata specificazione della consistenza dei danni allegati e l’inammissibile richiesta di un consulenza d’ufficio esplorativa) con la finalità di una sua revisione. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a pagare a CO.TA.PI. – cooperativa tassisti pisani – soc. coop. a r.l., in persona del legale rappresentante pt, le spese di lite del presente giudizio, che liquida nell’importo di Euro 5000,00 oltre Euro 200,00, per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2019

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