Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31551 del 03/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 03/12/2019, (ud. 08/10/2019, dep. 03/12/2019), n.31551

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5618-2019 proposto da:

I.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

MARIA BASSAN;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

– intimato –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS) COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI VERONSA SEZIONE DI

PADOVA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. 2000/18 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il

28/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 08/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DOLMETTA

ALDO ANGELO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- I.E., di origine nigeriana (Edo State) ha presentato ricorso avanti al Tribunale di Vicenza avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Verona – sezione di Padova, di diniego del riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria), come pure della protezione umanitaria.

Con decreto depositato il 28 dicembre 2018, il Tribunale vicentino ha rigettato il ricorso.

2.- Il decreto ha rilevato, con particolare riferimento al tema del diritto di rifugio, che il racconto effettuato dal richiedente circa le ragioni dell’espatrio è “apparso generico, stereotipato e comunque non credibile”; e che, del resto, lo stesso “non lascia emergere alcuna tipologia di persecuzione ad personam riconducibile alle ipotesi tutelate dalla normativa vigente”.

Con riguardo al tema della protezione sussidiaria, poi, il decreto ha rilevato che la criticità della situazione della Nigeria comunque non raggiunge (sulla base del riscontro dato dal report EASO 2017) la dimensione di quantità e qualità previste dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

“Anche considerata la difficile condizione del Paese di origine”, va peraltro rilevato – così ha ancora osservato il Tribunale come il “ricorrente non abbia allegato o dimostrato circostanze di particolare vulnerabilità che possano assumere rilievo ai fini della protezione umanitaria”.

3.- Avverso questo provvedimento I.E. ha presentato ricorso, affidato a un motivo di cassazione.

Il Ministero non ha svolto difese nell’ambito del presente giudizio, limitandosi a comunicare (in data 8 maggio 2019) la sua costituzione fuori termini, al “fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1”.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Il motivo di ricorso, che è circoscritto al punto della protezione umanitaria, assume violazione “del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, anche in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 1, lett. h bis (ovvero alla protezione speciale o in casi speciali ex L. n. 142 del 2018): a) mancata valutazione della situazione degenerata del tessuto socio-politico della Nigeria; b) valutazione della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria in punto di integrazione sociale del richiedente quale elemento concorrente al profilo di vulnerabilità D.Lgs. n. 25 del 2008 ex art. 2, comma 1, lett h bis”.

5.- Il ricorso è inammissibile.

Lo stesso ha, infatti, tratto del tutto generico, condensandosi in una serie di enunciazioni relative alla ratio dell’istituto della protezione umanitaria e della relativa normativa, con indicazione di alcuni precedenti di questa Corte.

Quanto alla specifica posizione del richiedente – la cui situazione di (eventuale) vulnerabilità specifica risulta l’unico aspetto idoneo ad assumere rilevanza nel presente giudizio -, la stessa non risulta esaminata dal corpo del ricorso. In effetti, questo si limita ad allegare – con formula (oltretutto) affatto astratta – che, “se il ricorrente tornasse in patria, correrebbe un concreto rischio di essere sottoposto a trattamenti in cui non si ravviserebbe il rispetto dei più basilari diritti umani e a un conseguente pericolo per la propria vita”.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove dovuto, pari a quello dovuto per il ricorso, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile – 1, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2019

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