Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3155 del 08/02/2018
Civile Ord. Sez. 6 Num. 3155 Anno 2018
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: DI PAOLA LUIGI
ORDINANZA
sul ricorso n. 17902-2017 proposto da:
QUATTI TIBERIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FABIO
MASSIMO 45, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PELLETTIERI,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato TULLIO GALIANI;
– ricorrente contro
C()TRAI, S.P.A.;
– intimata avverso la sentenza n. 855/2017 della CORVI’, SUPREMA DI
CASSAZIONE di ROMA, depositata il 16/01/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata
del 05/12/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI DI PAOLA.
Rilevato che:
Data pubblicazione: 08/02/2018
con la sentenza impugnata è stato rigettato il ricorso avverso la decisione del
giudice di appello che aveva ritenuto legittima la sanzione della destituzione
inflitta a ‘liberi() Quatti;
per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il lavoratore, affidato ad
un motivo;
è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.,
ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in
camera di consiglio;
la difesa del lavoratore ha depositato memoria in data 14 novembre 2017, ex
art. 380 bis, comma 2, c.p.c., insistendo per raccoglimento del ricorso.
Considerato che:
il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;
Tiberio Quatti – denunciando errore di percezione, da parte della Corte, e
vizio di omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, ex art. 360, comma 1, n.
5, c.p.c. – ha censurato la decisione poiché non fondata su tutte le circostanze
di fatto emergenti dagli atti.
Ritenuto che:
la circostanza di fatto, asseritamente non percepita dalla Corte, è costituita
dalla presenza – notata dal lavoratore – di un collega, nell’attimo e nel luogo in
cui il lavoratore medesimo spostava l’alternatore, con conseguente non
verosimiglianza del proposito di portare a compimento l’azione delittuosa;
la censura in questione è inammissibile per difetto di decisività, giacché la
ragione della destituzione, come si legge in ricorso, è proprio la desistenza
ingenerata dalla predetta presenza, su cui verte il pertinente accertamento
giudiziale;
peraltro, l’errore di fatto revocatorio non può estendersi alle circostanze di
fatto – attinenti, per come affermato in ricorso, “al piano (oggettivo) della
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la COTRAL è rimasta intimata;
verosimiglianza dei fatti narrati” – su cui si radica la censura formulata col
motivo di impugnazione, poiché l’opzione contraria si risolverebbe, non
plausibilmente, in un duplice sindacato – mediante un controllo sulla
motivazione della pronuncia della Corte di Cassazione impugnata per
revocazione -, addirittura di crescente intensità ed esteso a valutazioni di
appello;
comunque, nella sentenza risultano vagliati, nei limiti consentiti dal giudizio di
legittimità, tutti i motivi di impugnazione, con la precisazione che gli aspetti
valorizzati nel ricorso sono stati tutti puntualmente esaminati dalla Corte
territoriale, ma ritenuti superati dalle ulteriori risultanze e comunque non
decisivi;
non vi è luogo per una pronuncia sulle spese, essendo la controparte rimasta
intimata;
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, va dato atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13
PQM
dichiara inammissibile il ricorso; nulla sulle spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 dicembre 2017.
merito, esercitato dalla stessa Corte sulla motivazione della sentenza di