Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31549 del 03/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 03/12/2019, (ud. 08/10/2019, dep. 03/12/2019), n.31549

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23742-2018 proposto da:

O.O.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO

38, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MAIORANA, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BRESCIA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 96/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 26/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 08/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

VALITUTTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Brescia, O.O.F., cittadino della Nigeria, chiedeva il riconoscimento della protezione internazionale, denegata al medesimo dalla competente Commissione territoriale. Con ordinanza del 10 giugno 2016, l’adito Tribunale rigettava il ricorso.

2. Avverso la decisione di primo grado proponeva appello lo straniero, che veniva, a sua volta, disatteso dalla Corte d’appello di Brescia, con sentenza n. 96/2018, depositata il 26 gennaio 2018. Il giudice di appello escludeva la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento al medesimo dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, reputando non credibili le dichiarazioni del richiedente, circa le ragioni che l’avevano indotto ad abbandonare il suo Paese, ritenendo non sussistente, nella zona di provenienza dell’istante, una situazione di violenza indiscriminata, derivante da conflitto armato interno o internazionale, e rilevando che non erano state allegate dal medesima specifiche ragioni di vulnerabilità, ai fini della protezione umanitaria.

3. Per la cassazione di tale provvedimento ha, quindi, proposto ricorso O.O.F. nei confronti del Ministero dell’interno, affidato a quattro motivi. L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo, secondo e terzo motivo di ricorso O.O.F., denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14, nonchè l’omesso o erroneo esame di un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5

1.1. L’istante lamenta che il Tribunale abbia ritenuto di rigettare la domanda di concessione dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), senza tenere adeguatamente conto, sulla base di dati attinti da fonti internazionali aggiornate, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, della situazione sociopolitica della Libia – dove il richiedente era fuggito, per sottrarsi ad una condanna per una relazione sessuale intrattenuta in Nigeria – e neppure di quella esistente nel Paese di origine.

1.3. I motivi sono inammissibili.

1.3.1. in tema di protezione internazionale, la persecuzione operata o temuta da parte di governi di paesi terzi, nei quali il richiedente abbia comunque risieduto stabilmente, ma dei quali non sia cittadino nè originario, non rileva nè ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato nè ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, dovendo, in tale ipotesi, l’interessato richiedere protezione internazionale alle autorità del proprio Paese di appartenenza, tenute a garantirla ai propri cittadini. Per cui, quando il rimpatrio nel Paese d’origine non è reso impossibile da una situazione di violenza indiscriminata, le condizioni interne del Paese di ultima dimora, sono del tutto irrilevanti (Cass., 10/05/2011, n. 10204).

1.3.2. Orbene, va rilevato, al riguardo che la Corte d’appello ha accertato – sulla base di fonti internazionali aggiornate citate nel provvedimento, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 – che la regione di provenienza dell’istante (Edo State, situato nella parte meridionale della Nigeria) non è interessata da una situazione di violenza indiscriminata, derivante da un conflitto armato interno o internazionale, essendo anche la presenza del gruppo armato Boko Haram, ed i conseguenti, eventuali, eccessi di repressione da parte delle forze governative, chiamate alla repressione del fenomeno jihadista, limitata agli Stati del nord est. A fronte di tali motivati accertamenti in fatto, il motivo di ricorso si sostanzia, per contro, in generiche deduzioni circa il regime giuridico della forma di protezione in esame, nonchè nell’allegazione di circostanze fattuali e di accertamenti e valutazioni di merito.

1.4. Per tutte le ragioni esposte, le censure, poichè inammissibili, non possono trovare accoglimento.

2. Con il quarto motivo di ricorso, O.O.F., denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5, commi 6 e 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3

2.1. Lamenta l’istante che il Tribunale non abbia inteso concedere alla richiedente neppure la misura del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, nonostante che nei fatti allegati fossero ravvisabili evidenti ragioni di vulnerabilità.

2.2. Il motivo è inammissibile.

2.2.1. Il giudice territoriale ha motivato il diniego di protezione umanitaria, in considerazione del fatto che la narrazione delle vicende che avrebbero determinato l’abbandono del Paese di origine da parte della richiedente non evidenzia situazione alcuna di vulnerabilità personale. Del resto il mancato rilievo di una generale situazione socio-politica negativa, nella zona di provenienza, correttamente ha indotto il Tribunale a denegare la misura in esame (cfr. Cass., 23/02/2018, n. 4455). Nè il ricorrente – al di là di generiche dissertazioni relative ai principi giuridici in materia, ed alla riproposizione dei temi di indagine già sottoposti al giudice di merito – ha dedotto di avere allegato, nel giudizio di primo e secondo grado, ulteriori, specifiche, situazioni di vulnerabilità.

2.2.2. Il mezzo deve essere, di conseguenza, dichiarato inammissibile.

3. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dlel’intimato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2019

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