Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31547 del 03/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 03/12/2019, (ud. 02/07/2019, dep. 03/12/2019), n.31547

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32533-2018 proposto da:

I.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ALESSANDRO PRATICO’;

– ricorrente –

Contro

MINISTERO DELL’INTERNO 80185690585;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1227/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 28/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA

NAZZICONE.

Fatto

RILEVATO

Che:

viene proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Torino n. 1227 del 28.6.2018, di rigetto del ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale, a sua volta reiettiva dell’impugnazione promossa avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;

– che non svolge difese il Ministero intimato;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che: il primo motivo di ricorso deduce la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6,7 e 14, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, degli artt. 2, 3, 6 e 13 CEDU, dell’art. 46 della direttiva Europea 2013/32, dell’art. 111 Cost., comma 6, e dell’art. 112c.p.c., art. 132c.p.c., n. 4, e art. 156 c.p.c., nonchè vizio di motivazione, per avere la corte di merito non correttamente applicato le norme sull’onere della prova e aver omesso l’esperimento dell’istruttoria richiesta dalla legge nell’esame delle domande di protezione internazionale e sussidiaria;

– che il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3; del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 32, comma 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, degli artt. 2 e 10 Cost. e dell’art. 8 CEDU, per avere la corte territoriale motivato in maniera generica e senza sufficiente istruttoria circa la domanda di protezione umanitaria dell’odierno ricorrente;

– che i motivi possono essere trattati congiuntamente e sono inammissibili;

– che la congrua motivazione del provvedimento impugnato ha esaminato la situazione esposta dal richiedente, cittadino nigeriano, il quale ha allegato di essere scappato dal suo paese per sottrarsi al rischio di essere ucciso dalla matrigna aderente alla setta degli Ogboni, ritenendo il superstizioso racconto non credibile, superficiale e contraddittorio e, comunque, non idoneo a rivelare la sussistenza dei presupposti previsti per la concessione della protezione;

– che, nell’accertamento della credibilità soggettiva, la corte territoriale si è pienamente conformata all’orientamento di questa Corte per cui, “in tema di protezione internazionale, la valutazione della credibilità soggettiva del richiedente deve essere svolta alla stregua dei criteri stabiliti nel D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 3, comma 5 (verifica dell’effettuazione di ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; deduzione di un’idonea motivazione sull’assenza di riscontri oggettivi; non contraddittorietà delle dichiarazioni rispetto alla situazione del paese; presentazione tempestiva della domanda; attendibilità intrinseca), non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi, e l’acquisizione delle informazioni sul contesto socio – politico del paese di rientro deve avvenire in correlazione con i motivi di persecuzione o di pericoli dedotti, sulla base delle Orti di informatone indicate nel D.Lgs. n. 23 del 2008, art. 8, comma 3, ed in mancanza, o ad integrazione di esse, mediante l’acquisizione di altri canali infirmativi, dando conto delle ragioni della scelta” (Cass. n. 16202/2012);

– che, infatti, nel giudicare le dichiarazioni rese dall’odierno ricorrente quali inattendibili, la corte di merito ha proceduto ad un adeguato approfondimento istruttorio circa il contesto sociale e culturale dell’area di provenienza del richiedente, ritenendo, infine, con valutazione di merito in questa sede insindacabile perchè adeguatamente motivate, le stesse, per l’appunto, non credibili;

– che, al riguardo, questa Corte ha chiarito come “l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non esclude l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 3, lett. a), essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fatti narrati; la valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di Mio rimesso al giudice del merito il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziale” (Cass. 30 ottobre 2018, n. 27503) e “l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona; qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori” (Cass. 27 giugno 2018, n. 16925; e v. Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340 e, ancor più di recente, Cass. n. 16028 del 2019);

– che, ancora, la motivazione del provvedimento impugnato si è comunque trattenuta sulle condizioni generali della regione di provenienza del ricorrente, operando puntuale riferimento alle accreditate fonti internazionali consultate e concludendo che non si tratti di territorio dove il livello di violenza è tale per cui un civile è esposto ad un rischio grave indipendentemente da qualsiasi coinvolgimento differenziato e statuendo, pertanto, circa l’insussistenza dei presupposti che debbono necessariamente rilevarsi per il riconoscimento della protezione sussidiaria (Cass. n. 16202/2015);

– che, inoltre, il giudice di merito ha correttamente rilevato come, nel caso di specie, non fossero state allegate situazioni idonee (neppure enunciate nel ricorso proposto) a fondare l’accoglimento della domanda di protezione umanitaria; ciò, inoltre, rendendo irrilevante la questione della immediata applicabilità del D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, conv. in L. 1 dicembre 2018, n. 132;

– che, in ogni caso, avendo il giudice del merito compiutamente approfondito l’esame in fatto della situazione nel rispetto dei principi enunciati da questa Corte in materia ed esponendo le ragioni per le quali ha reputato il richiedente privo dei requisiti idonei al riconoscimento dello status, nessuna censura può essere promossa in questa sede, trattandosi, per l’appunto, di valutazioni fattuali non sindacabili dinanzi al giudice di legittimità;

– che non è necessario provvedere sulle spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2019

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