Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31544 del 03/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 03/12/2019, (ud. 11/09/2019, dep. 03/12/2019), n.31544

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21628-2018 proposto da:

B.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

VALDINIEVOLE, 11, presso lo studio dell’avvocato ESTER FERRARI

MORANDI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

Contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati EMANUELA

CAPANNOLO, NICOLA VALENTE, MANUELA MASSA, CLEMENTINA PULLI;

– controricorrente –

avverso il decreto n. R.G. 17792/2017 TRIBUNALE di ROMA, depositato

il 04/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott.

NIARGIIERITA MARIA LEONE.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Il Tribunale di Roma con decreto di omologa del 4.6.2018 (RG n. 17792/2017) reso nel procedimento ex art. 445 bis c.p.c., aveva accolto il ricorso proposto da B.M. diretto all’accertamento delle condizioni utili alla indennità di accompagnamento con decorrenza dal 6 giugno 2017 ed aveva dichiarato “nulla sulle spese processuali” e condannato la parte ricorrente al pagamento delle spese di ctu, nella misura della metà, rilevando che la stessa non aveva depositato autocertificazione utile all’esonero ex art. 152 disp. att. c.p.c.

Avverso tale capo della decisione la B. proponeva ricorso in cassazione affidato a tre motivi cui resisteva con controricorso l’Inps.

Era depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1) Con il primo motivo era dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 91, comma 1 e art. 92 comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver, il tribunale erroneamente dichiarato “nulla sulle spese processuali”, pur risultando, parte ricorrente, vittoriosa rispetto alla domanda di indennità di accompagnamento.

2) Con il secondo motivo era dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver, il tribunale, spiegato la decisione di dichiarare nulle le spese di lite.

3) Con il terzo motivo era denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 152 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver, il tribunale, erroneamente ritenuto non idonea la dichiarazione reddituale in quanto non conforme all’art. 152 disp. att. c.p.c.

I primi due motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto entrambi attinenti alla decisione di dichiarare nulla sulle spese del giudizio. Tale formula deve essere interpretata quale compensazione e dunque valutata alla stregua dei seguenti principi enunciati da questa Corte: “In tema di spese legali, nei giudizi soggetti alla disciplina dell’art. 92 c.p.c., comma 2, come modificato dalla L. n. 263 del 2005, art. 2, ove non sussista la reciproca soccombenza, è legittima la compensazione delle spese processuali se concorrono altri giusti motivi, che vanno esplicitati nella motivazione in modo logico e coerente, dovendosi ritenere insufficiente a tal fine il mero richiamo alla buona fede della parte soccombente, elemento che può assumere rilievo per escludere la responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., ma che non giustifica di per sè la pronuncia di compensazione”(Cass. n. 20617/18); “In tema di compensazione delle spese processuali, ai sensi dell’art. 92 c.p.c. (nella formulazione, applicabile “ratione temporis”, modificata dalla L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 1, lett. a), il giudice è tenuto ad indicare, ove non sussista soccombenza reciproca, i giusti motivi posti a fondamento della stessa che non possono essere costituiti dal riferimento alla natura o al modesto valore della controversia ovvero risolversi nell’uso di motivazioni illogiche o meramente apparenti” (Cass.n. 25594/18).

I principi richiamati esplicitano la necessità che il giudice nel compensare le spese dia conto delle ragioni di tale decisione, nei limiti consentiti dalla legge vigente ratione temporis, ove non sussista soccombenza reciproca. Nel caso di specie, il Giudice, sia pur succintamente, ha richiamato (anche se con riferimento alle spese di ctu), la parziale soccombenza della B. in ragione dell’accertamento del requisito sanitario da data successiva alla domanda amministrativa e della visita medica. Siffatta valutazione dà conto della scelta compensativa.

Differente discorso merita invece la condanna della B. alla metà delle spese di ctu. Questa Corte ha chiarito, sin da epoca risalente, che l’onere delle spese di consulenza tecnica d’ ufficio non si sottrae alla comune disciplina delle spese processuali e che pertanto le stesse, a norma dell’art. 152 disp. att. c.p.c., non possono gravare sul soccombente nei confronti del quale sussistano le condizioni per l’esonero previste dalla richiamata disposizione.(da ultimo Cass.n. 17644/2016; e prima ancora Cass. n. 4481 del 08/04/2000, n. 4589 del 06/05/1998, n. 2540 del 17/04/1980). Tale assunto porta dunque a valutare se, nel caso di specie, ricorrano le condizioni per l’esonero in questione.

Sul punto, con il terzo motivo del ricorso, parte ricorrente ha dedotto la erronea valutazione del tribunale in merito alla non idoneità della dichiarazione reddituale in quanto non conforme all’art. 152 disp. att. c.p.c.

Questa Corte ha chiarito che “Ai fini dell’esenzione dal pagamento di spese, competenze e onorari, nei giudizi per prestazioni previdenziali, la dichiarazione sostitutiva di certificazione delle condizioni reddituali, da inserire nelle conclusioni dell’atto introduttivo ex art. 152 disp. att. c.p.c., sostituito dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, conv. nella L. n. 326 del 2003, è inefficace se non sottoscritta dalla parte, poichè a tale dichiarazione la norma connette un’assunzione di responsabilità non delegabile al difensore, stabilendo che “l’interessato” si impegna a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito” Cass.n. 22952/16

Ha anche precisato che ” è del pari consolidato il principio secondo cui va ritenuta efficace la dichiarazione sostitutiva che, pur materialmente redatta su foglio separato, sia espressamente richiamata nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e ritualmente prodotta con il medesimo -v. tra le altre,Cassazione civile, sez. VI, 26/07/2011, n. 16284; 29/11/2016, n. 24303 cit. -” (Cass.n. 23424/2018).

Come si evince dai principi sopra riportati, ai fini della esenzione risulta sufficiente la dichiarazione in calce all’atto introduttivo del giudizio sottoscritta dalla parte ovvero una medesima dichiarazione resa su foglio separato allegato al ricorso, come avvenuto nel caso di specie. Il motivo di doglianza risulta quindi fondato essendo presenti in atti le condizioni per l’invocato esonero.

Il ricorso deve quindi essere accolto, cassata la sentenza con riguardo al motivo accolto e, non necessitando ulteriori accertamenti di merito, la ricorrente deve essere dichiarata esonerata dalle spese processuali e di ctu, le quali ultime devono essere poste a carico dell’Inps.

Le spese del giudizio di legittimità sono compensate in ragione delle precedenti oscillazioni giurisprudenziali.

Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza con riguardo ai motivi accolti e, decidendo nel merito, dichiara non tenuta la ricorrente al pagamento delle spese di lite e di ctu. Queste ultime vanno poste a carico dell’Inps. Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 11 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2019

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