Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31540 del 06/12/2018

Cassazione civile sez. III, 06/12/2018, (ud. 18/07/2018, dep. 06/12/2018), n.31540

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3214-2016 proposto da:

P.C., elettivamente domiciliato in ROMA, V.APPIA NUOVA

612, presso lo studio dell’avvocato VIRGINIA IANNUZZI, rappresentato

e difeso dall’avvocato NICOLA IANNARONE giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’amministratore p.t., arch.

C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MILANO 49,

presso lo studio dell’avvocato ENRICO LA BRUNA, rappresentato e

difeso dall’avvocato DARIO LA BRUNA giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

e contro

UNIPOL SAI ASSICURAZIONI SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 333/2014 del TRIBUNALE di AVELLINO, depositata

il 11/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/07/2018 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

P.C. convenne davanti al Tribunale di Avellino, con citazione del 14/6/2002, il Condominio (OMISSIS) della stessa città, esponendo di essere caduto il giorno (OMISSIS), a causa della presenza di neve e fogliame non rimosso, su una strada interna al parco, riportando la frattura del femore sinistro e che la responsabilità dell’incidente era da imputare alla cattiva manutenzione della strada da parte del convenuto. Chiese la condanna del medesimo, in qualità di proprietario della strada, ai sensi dell’art. 2043 c.c., al risarcimento dei danni. Successivamente in corso di causa, appreso che il condominio non era proprietario della strada, mutò la causa petendi chiedendo che il medesimo fosse condannato ai sensi dell’art. 2051 c.c. per non aver esercitato correttamente la custodia su un bene – quale la strada – divenuto pericoloso a causa delle condizioni atmosferiche. Chiese la condanna del convenuto a pagare la somma di Euro 156.321,78 oltre interessi e rivalutazione. Costituitosi il contraddittorio con il Condominio e con la compagnia di assicurazioni del medesimo, il Tribunale di Avellino, accertato che non risultava provata la presenza di fogliame sulla strada ma solo di residui di neve, sussunse il caso nell’art. 2051 c.c. e ritenne che l’evento dannoso fosse dovuto alla condotta del danneggiato, persona anziana avventuratasi senza precauzioni su una strada ripida ed innevata, la cui condotta doveva ritenersi integrare il caso fortuito interruttivo del nesso di causalità tra la custodia della res ed il danno, secondo i principi della causalità adeguata o della regolarità causale. Il giudice specificò che l’applicazione dell’art. 2051 c.c. si giustificava in ragione del fatto che la strada, di per sè non pericolosa, era divenuta tale per effetto di un comportamento straordinario ed eccezionale del danneggiato che aveva interrotto il nesso causale tra la res ed il danno.

La Corte d’Appello di Napoli, con ordinanza n. 3856 del 24/6/2015, ha ritenuto che l’appello fosse inammissibile ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., non avendo una ragionevole probabilità di essere accolto.

Avverso la sentenza del Tribunale e a seguito dell’ordinanza emessa in grado di appello, P.C. propone ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 3, affidato ad un unico motivo. Il Condominio (OMISSIS) resiste con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso (violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) censura la sentenza per aver fatto malgoverno delle regole di cui all’art. 2051 c.c. sulla responsabilità da cose in custodia. Ad avviso del ricorrente la sentenza, omettendo di rilevare che il danneggiato aveva assolto all’onere della prova su di sè incombente, relativo al nesso eziologico tra la cosa e l’evento lesivo, e che, di contro, il responsabile del danno non aveva provato l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere il nesso causale, applicando l’art. 2051 c.c., non si sarebbe conformata alla giurisprudenza di questa Corte. Ad avviso del ricorrente egli avrebbe fatto un uso del bene (strada) del tutto conforme alla natura e alla sua ordinaria destinazione e non sarebbe stata esigibile da parte sua una diligenza superiore alla norma, non integrando il suo comportamento un fatto avente i caratteri della imprevedibilità ed eccezionalità.

1.1 Il motivo è inammissibile. La sentenza ha dimostrato che, dall’istruttoria espletata, ed in particolare dalle prove testimoniali raccolte, era emerso il collegamento dell’evento lesivo non con residui di vegetazione caduta dalle piante e non tempestivamente rimossa ma con la mera presenza della neve e che il comportamento del P., persona anziana avventuratasi sulla stradina in salita ancora innevata, doveva ritenersi fattore eccezionale di verificazione del sinistro, idoneo ad interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno.

La valutazione del giudice di merito, in quanto afferente alla ricostruzione dei fatti, non è sindacabile da questa Corte, sicchè il motivo è radicalmente inammissibile. E la sentenza impugnata ha inteso dare continuità alla consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale la volontaria e consapevole esposizione al pericolo da parte del danneggiato, quando esistano agevoli e valide alternative idonee a scongiurare l’eventualità di accadimenti dannosi, comporta l’interruzione del nesso di causalità tra quella situazione e l’evento pregiudizievole che avesse a verificarsi, posto che in tal caso è alla volontà dello stesso danneggiato ed alla sua decisione di correre un pericolo da lui conosciuto e facilmente evitabile che l’evento deve essere ricollegato in nesso eziologico (Cass., n. 10434 del 21/10/1998, Cass, 3, n. 4616 del 10/5/1999; Cass., 3 n. 4308 del 26/3/2002; Cass., 3 n. 10641 del 20/7/2002; Cass., 3, n. 15713 dell’8/11/2002; Cass., 3, n. 472 del 15/1/2003; Cass., 3n. 6988 dell’8/5/2003; Cass., 3, n. 376 dell’11/1/2005; Cass., 3, n. 21684 del 9/11/2005; Cass., 3, n. 2563 del 6/2/2007; Cass., 3, n. 4279 del 19/2/2008; Cass., 3, n. 11227 dell’8/5/2008; Cass., 3, n. 20427 del 25/7/2008; Cass. 6-3, n. 11023 del 9/5/2018; Cass., 6-3, 8/5/2018 n. 10938).

2. Conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con le conseguenze sulle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, e sul cd. raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione liquidate in Euro 10.200 (oltre Euro 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile, il 18 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2018

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