Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31539 del 03/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 03/12/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 03/12/2019), n.31539

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25383-2018 proposto da:

RISCOSSIONE SICILIA SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ANGELO

TUDISCA;

– ricorrente –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO 01165400589, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio dell’avvocato RAFFAELA FABBI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato LORELLA FRASCONA;

– resistente –

contro

SOCIETA’ COOPERATIVA SICEM ARL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 17/2018 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 21/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIA

ESPOSITO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

la Corte d’appello di Messina, in riforma della sentenza del giudice di primo grado, adito in sede di opposizione a intimazione per mancato pagamento di cartella inerente a premi Inail per l’anno 2002 proposta da Società Cooperativa Si.C.EM. Arl, condannò Riscossione Sicilia s.p.a. a restituire le somme per le quali era intervenuta cessata materia del contendere in altro processo, in ragione dell’avvenuta corresponsione delle somme richieste in giudizio;

avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione Riscossione Sicilia s.p.a. sulla base di tre motivi;

Società Cooperativa Si.C.EM. Arl è rimasta intimate, mentre Inail ha prodotto procura in calce al ricorso notificato;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con il primo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, omessa pronuncia e violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 1 e 3, per non avere la Corte d’appello tenuto in considerazione la richiesta di declaratoria d’inammissibilità dell’opposizione per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, in quanto relativa ad atto non impugnabile;

la censura è infondata, poichè qualora il giudice d’appello abbia proceduto alla trattazione nel merito dell’impugnazione, ritenendo di non ravvisare un’ipotesi di inammissibilità, la decisione sulla ammissibilità non è ulteriormente sindacabile sia davanti allo stesso giudice dell’appello che al giudice di legittimità nel ricorso per cassazione (principio enunciato da Cass. n. 10422 del 15/04/2019, specificamente in un’ipotesi di inammissibilità ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., anche alla luce del più generale principio secondo cui il vizio di omessa pronuncia non è configurabile su questioni processuali, cfr. Cass. n. 25154 del 11/10/2018);

con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, rilevando che la Corte d’appello aveva errato nel ritenere decisiva la sentenza della stessa Corte m. 469/2017, confermativa della sentenza del Tribunale che aveva pronunciato la cessazione della materia del contendere;

con il terzo motivo deduce, ancora, violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, omessa valutazione della c.t.u. contabile disposta dal Giudice di prime cure senza che fosse stata richiesta da nessuna delle parti, rilevando che il debito di cui all’avviso di vendita immobiliare non era stato integralmente soddisfatto, residuando un importo per interessi di mora;

gli ultimi due motivi di ricorso sono entrambi inammissibili in relazione al vizio come dedotto, perchè non rispettosi dei parametri del nuovo 360 c.p.c., n. 5, nell’interpretazione di Cass. n. 8053 del 2014, che prevede un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), sicchè, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie, dovendo riguardare l’omesso esame un fatto storico e non un mezzo istruttorio;

in base alle svolte argomentazioni il ricorso va rigettato, senza provvedimento alcuno in ordine alle spese, in mancanza di svolgimento di attività difensiva ad opera dei convenuti;

ricorrono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, comma 1 bis, art. 13.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2019

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