Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31515 del 03/12/2019

Cassazione civile sez. II, 03/12/2019, (ud. 25/06/2019, dep. 03/12/2019), n.31515

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14753/2015 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SAN SABA 7,

presso lo studio dell’avvocato SERGIO MAGLIO, rappresentato e difeso

dall’avvocato PIETRO DALENA;

– ricorrente –

contro

P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, V. DELLA

GIULIANA 58, presso lo studio dell’avvocato PIETRO TROIANIELLO,

rappresentata e difeso dagli avvocati GIANVINCENZO MARIA ANGELINI DE

MICCOLIS, GAETANO DI MURO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 482/2014 della CORTE D’APPELLO di LECCE, SEZ.

DIST. di TARANTO, depositata il 09/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/06/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

S.M. ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza n. 482/2014 della Corte d’Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, depositata il 9 dicembre 2014.

Resiste con controricorso P.A..

Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Il giudizio ha ad oggetto l’opposizione al decreto ingiuntivo pronunciato il 25 settembre 2002 dal Tribunale di Taranto su domanda dell’ingegnere S.M. nei confronti di P.A. per il pagamento della somma di Euro 55.598,32, oltre accessori, a titolo di compenso per la redazione di due progetti per prefabbricati residenziali nel Comune di Palagiano. Sull’opposizione di P.A., che dedusse di aver conferito per iscritto incarico di progettazione ai soli ingegneri S.A. e O.A., il Tribunale di Taranto accolse comunque la domanda di pagamento nei limiti dell’importo di Euro 53.275,86, oltre interessi.

La Corte d’Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, ha invece accolto integralmente l’opposizione di P.A., osservando che: risultava dimostrato che quest’ultima aveva sottoscritto nel febbraio 1988 convenzione con gli ingegneri S.A. e O.A., senza oneri per la committente (stante l’esistenza di “imprese loro clienti” interessate all’operazione); era irrilevante la sola apposizione della firma della P. su alcune tavole progettuali del 22 gennaio 1998 redatte dall’ingegnere S.M.; era altresì irrilevante la scrittura del 19 dicembre 2001, in cui l’ingegnere O. dichiarava di essere stato progettista dei fabbricati residenziali “unitamente all’ing. S.M…. su commissione della medesima”; il rapporto contrattuale tra le parti neppure poteva dirsi provato dalla corrispondenza indirizzata dal Comune di Palagiano ad P.A. e per conoscenza anche all’ingegnere S.M., essendo questi comunque ausiliario e sostituto degli ingegneri S.A. e O.A. (nonchè figlio del primo). La Corte d’Appello evidenziò pure come S.M. non avesse mai specificato quali sarebbero state le modalità, i tempi ed i limiti dell’incarico conferitogli da P.A..

Il primo motivo del ricorso di S.M. denuncia la nullità della sentenza per omessa pronuncia su un punto decisivo (art. 112 c.p.c. e artt. 1456 e 1457 c.c.), quanto all’esistenza di un termine essenziale nella convenzione del febbraio 1988 stipulata da P.A. con gli ingegneri S.A. e O.A., sicchè, scaduto tale termine, i progetti redatti in adempimento di quella convenzione non potevano tornare utili.

Il secondo motivo di ricorso denuncia l’omessa motivazione sul compenso dovuto all’ingegnere S.M. e il contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, dovendosi intendere dalla convenzione del 1988 che l’esonero dal pagamento del compenso agli ingegneri S.A. e O.A. beneficiava i loro clienti e non la committente. Di seguito, l’articolata censura richiama gli elementi probatori (dati progettuali, relazioni tecniche, comunicazioni del Comune di Palagiano, contratto di cessione del credito, testimonianze Sp., A.d.M.), da cui desumere l’incarico professionale conferito a S.M..

I due profili di ricorso, da esaminare congiuntamente in quanto connessi, presentano diffusi profili di inammissibilità e sono comunque del tutto infondati.

E’ inammissibile le censura di omessa pronuncia di cui all’art. 112 c.p.c., operata nel primo motivo di ricorso, in quanto essa non si riferisce ad una domanda od un’eccezione introdotta in causa (ovvero ad un motivo d’appello o ad una domanda o eccezione ivi riproposta ex art. 346 c.p.c.), ma ad una circostanza di fatto (l’essenzialità del termine di presentazione degli elaborati di progetto nella convenzione del febbraio 1988) che, ove valutata, avrebbe potuto comportare una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un’eccezione e, quindi, su uno dei fatti principali della controversia (cfr., tra le molteplici in tal senso, Cass. Sez. 3, 14/03/2006, n. 5444).

E’ altresì inammissibile la censura di omessa motivazione sul fatto del “compenso”, contenuta nel secondo motivo di ricorso, in quanto, nel vigore del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche nella L. 7 agosto 2012, n. 134, non è più configurabile il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti. L’interpretazione di questa Corte ha chiarito come l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, abbia introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe certamente determinato un esito diverso della controversia) (Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053). Costituisce, pertanto, un “fatto”, agli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non una “questione” o un “punto”, ma un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass. Sez. U., 23/03/2015, n. 5745). Non costituiscono, viceversa, “fatti”, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: le argomentazioni o deduzioni difensive (Cass. Sez. 2, 14/06/2017, n. 14802: Cass. Sez. 5, 08/10/2014, n. 21152); gli elementi istruttori; una moltitudine di fatti e circostanze, o il “vario insieme dei materiali di causa” (Cass. Sez. L, 21/10/2015, n. 21439). Nè la denuncia di omesso esame ex art. 360 c.p.c., n. 5, può ammissibilmente svolgersi, come fatto nei due motivi del ricorso di S.M., auspicando che la Corte di Cassazione proceda motu proprio ad un complessivo riesame delle risultanze istruttorie costituite dalle prove per testimoni e dai documenti prodotti, in maniera da far desumere alla medesima Corte in via inferenziale, mediante un diretto e rinnovato studio del materiale di causa, una diversa conclusione circa la sussistenza dell’incarico professionale conferito direttamente da P.A. al ricorrente.

Secondo consolidato orientamento di questa Corte, il rapporto di prestazione d’opera professionale, la cui esecuzione sia dedotta dal professionista come titolo del diritto al compenso, postula, appunto, l’avvenuto conferimento del relativo incarico in qualsiasi forma idonea a manifestare inequivocabilmente la volontà di avvalersi della sua attività e della sua opera da parte del cliente convenuto per il pagamento di detto compenso. Ciò comporta che il cliente del professionista non è necessariamente neppure colui nel cui interesse viene eseguita la prestazione d’opera intellettuale, ma colui che, stipulando il relativo contratto, ha conferito incarico al professionista ed è conseguentemente tenuto al pagamento del corrispettivo. La prova dell’avvenuto conferimento dell’incarico, quando il diritto al compenso sia dal convenuto contestato sotto il profilo della mancata instaurazione di un siffatto rapporto, grava sull’attore (Cass. Sez. 2, 24/01/2017, n. 1792; Cass. Sez. 2, 29/09/2004, n. 19596; Cass. Sez. 1, 02/06/2000, n. 7309; Cass. Sez. 3, 04/02/2000, n. 1244). Al riguardo, sulla base di apprezzamenti di fatto rientranti fra le prerogative del giudice del merito, la Corte d’Appello di Lecce, sezione di Taranto, ha esposto in motivazione le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione, senza denotare alcun contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili. I due motivi di ricorso di S.M. sono nella sostanza rivolti a sollecitare questa Corte a valutare se gli elementi offerti, complessivamente considerati, siano in grado di fornire una valida prova presuntiva del conferimento dell’incarico di prestazione d’opera professionale, attribuendo efficacia probatoria a due fatti (ovvero, l’estinzione per decorso del termine essenziale del rapporto intercorso tra P.A. e gli ingegneri S.A. e O.A.; il ruolo in concreto svolto da S.M. nella progettazione delle opere) comunque pure privi di un’oggettiva portata indiziante.

Conseguono il rigetto del ricorso e la regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, in favore della controricorrente.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 7.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 25 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2019

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